Grandine
Colpi di martello inferti sui vetri, a ondate. Gli alberi sfrondati subiscono inermi la mattanza.
Al centro estivo i genitori accompagnano bimbi di tre anni l’uno, dalle 8.00 alle 18.00. Giochi, piscina, merenda, balletti, pranzo, colori, cartoni, piscina, merenda, fine.
Durante l’anno e quelli precedenti: la stessa musica, al nido. A casa si torna per dormire e via così. Fa clamore il diffusissimo analfabetismo funzionale, l’incapacità di dare senso a un testo scritto, passa in sordina l’analfabetismo affettivo che sfocia nel disagio e nella violenza.
«Quando, per ragioni sociali, economiche, familiari, non si dispone di adeguati strumenti linguistici; quando mancano le parole che dicono la paura, la fragilità, la differenza, la tristezza; quando manca la capacità di nominare le cose e le emozioni, allora manca un meccanismo fondamentale di controllo sulla realtà e su se stessi. La violenza incontrollata è uno degli esiti possibili, se non probabili, di questa carenza. I ragazzi sprovvisti delle parole per dire i loro sentimenti di tristezza, di rabbia, di frustrazione hanno un solo modo per liberarli e liberarsi di sofferenze a volte insopportabili: la violenza fisica. Chi non ha i nomi per la sofferenza la agisce… Nelle scienze cognitive la mancanza di parole, e dunque di idee e modelli di interpretazione della realtà, esteriore e interiore, è chiamato ipocognizione… Negli anni Cinquanta l’antropologo Bob Levy, nel tentativo di individuare la ragione dell’altissimo numero di suicidi registrati a Tahiti, scoprì che i tahitiani avevano le parole per indicare il dolore fisico ma non quello psichico. Non possedevano il concetto di dolore spirituale, e pertanto quando lo provavano non erano in grado di identificarlo. La conseguenza di questa incapacità, nei casi di sofferenze intense e (per loro) incomprensibili, era spesso il drammatico cortocircuito che portava al suicidio» (Gianrico Carofiglio, Perché il potere ha tolto le parole ai nostri ragazzi, La Repubblica, 13/7/2019, p. 38).
E nelle mani forti e povere di carezze non rimangono che pochi e freddi sassi di ghiaccio.
Ho fatto una breve ricerca su Wikipedia e vedo che Levy ha una formazione accademica in psichiatria giocoforza la sua forma mentis diventa sterile e zoppa se non trova nel soggetto analizzato le basi in comune per un raggiungimento di un obiettivo o di un analisi, questo mette in evidenza che il sistema occidentale di psicanalisi ben lungi dall’aver inciso positivamente sulla società diventa cieco di fronte a soggetti che non ne riconoscono i requisiti.
Eppure esistono in ogni cultura parole che indicano la pazzia, il disagio primitivo o mal d’essere e culture di mezzo miliardo di anni senza alcun psichiatra avevano MENO disagi sociali della martoriata società accidentale.
Esistevano ed esistono ancora nelle società primitive delle persone che sanno curare e persino valorizzare le persone più folli, alcuni di loro una volta curati e riequilibrati diventano a loro volta curatori dell’anima e dello spirito perché comprendono meglio dello psyco-psichiatra i problemi dei loro fratelli compagni amici….
Ripeto lo stesso concetto espresso nel post precedente : non vedo cosa ci sia da stupirsi, credo che faccia piu’ clamore il fatto che gli alberi siano rimasti inermi colpiti dalla grandine.
La perdita di strumenti linguistici è preceduta dalla più grave perdita di capacità critico argomentative. Questa deriva è peraltro graditissima al potere deteriore che, giusto per incanalare le emotività del popolo in forme standardizzate e controllabili, ci ha fornito gli emoticon…
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Leggendovi e per animare il blog, si potrebbe capire che il mondo è fatto da chi ha strumenti linguistici e poi gli altri. Estremizzando, ogni cosa che accade nel mondo è frutto di una mente superiore. Così la grandine. Che vince chi sa di più, ha studiato di più. Che i dogmi sono costruiti perché chi non ha gli “strumenti”e non si ponga quindi altre domande, la fede. Non si arriva così al “lei non sa chi sono io” oppure alla parlamentare che in uno scontro con altro dice “taci che io ho una legge con il mio nome” ? Che si, ci si uccide di più con la ignoranza che con il sapere. Che le religioni sono fatte per chi non ha “ gli strumenti” linguistici . E l’aldilà per chi è ?
Che poi tutto questo nella vita pratica politico sociale si traduce nel fatto, nello scontro sul chi deve guidare la nostra breve vita terrena, governare e si inventa come valori primari la partecipazione e trasparenza, ma di chi e per che cosa ?
Generalmente chi ha studiato e ne sa di più è anche più abile a fregare la gente, basta guardare la ns classe politica soprattutto quella appena precedente.