Confessione
Due fratelli uno ‘sano’ e l’altro mongoloide. Il primo è schivo, combattuto e astioso, il secondo: innamorato, felice. Vicende drammatiche, lunghe solitudini, distacco e riavvicinamento.
La confessione va oltre il rapporto fra i due fratelli e si fa universale, a dire di quanto sia talora difficile amare e facilissimo, invece, fare male alle persone che amiamo, finanche i più stretti congiunti. È una confessione senza prete, senza un Dio cui affidarla, ma la cui riconciliazione può avvenire comunque, dentro le pieghe di silenzi figli di lunghe consuetudini e complicità: «Gli mormoro all’orecchio “Miguel, non so che dire”, e lui risponde “Non dire nulla”».
(Marco Ostoni, Il ritorno del fratel prodigo, recensione del libro: Mio fratello, di Alfonso Reis Cabral, in La Lettura 28/7/2019, pp. 24-25)
Molte volte il silenzio vale piu’ di 1000 parole.
Dipende sempre dalle parole. Certo, se uno non sa quel che dice (o scrive), è meglio che taccia.
Si è vero come regola generale, ma nel contesto specifico a mio avviso il “silenzio” è di altro tipo, non è un silenzio generato da mancanza di frasi o da concetti strampalati, forse è addirittura l’abbondanza di sentimenti e di frasi che si verrebbero dire che creano il “mutismo”.
È indubbio che si possa comunicare anche col silenzio. Vedi Gesù di fronte a Pilato. Ma è presunzione pensare di poterlo correttamente interpretare. Saluti.
Il perdono senza pentimento e ravvedimento del “reo” è incentivo alla sua recidiva.
Nel dialogo silenzioso del libro, tra i due fratelli posti finalmente sullo stesso piano, scorgo una dimensione del perdono più profonda e più vera di qualsiasi teoria psico-filosofica mai scritta. Il figlio prodigo che torna a casa ed è abbracciato ancor prima di poter aprire bocca sta sullo sfondo. Il Vangelo, la buona notizia.
Accordo pieno. Le parole a volte sono sopravvalutate. A volte…
Riguardo il figliuol prodigo, il perdono pieno inizia prima dell abbraccio. In un momento fuori dal tempo e dalla ragione. Inizia quando il padre va verso suo figlio che semplicemente sta a guardare temendo di essere cacciato. Inizia dal primo passo del padre verso un figlio/fratello che aveva perso tutto e poteva perdere ulteriormente. Non spetta al figlio fare il primo passo. È sempre il padre… Cit. N. HARONEE
Gentile Monia, dal Padre te l’aspetti. In qualche modo ci siamo tutti abituati alla narrazione di Luca 15. Sono il balbettio del fratello ‘sano’ e la rassicurazione del ‘cromosoma 21’ che spiazzano. Nelle comunità cristiane ci chiamiamo ‘fratelli’ e ‘sorelle, facciamo un gran baccano, parliamo, discutiamo e discettiamo. Un silenzio coinvolgente basterebbe, forse
Bellissimo una fotografia di quel che siamo. Siamo tutti fratel prodigo., il vero guaio e che non lo sappiamo. Farne la scoperta ci apre al faticoso ma irrinunciabile percorso del perdonarsi e perdonare. L’incontro con Cristo in questo cammino può essere una luce viva in più nel cammino. Per me lo è stato e lo è ancora oggi. E vi giunge il mio abbraccio