Niente selfie, siamo a Cannes
Manca pochissimo al Festival di Cannes e, al di là dei film in concorso, mi ha colpito il divieto del direttore Thierry Fremaux, che ha consigliato alle celebrity che sfileranno sul tappeto rosso a fare a meno dei selfie.
Non c’è molto da stupirsi, se queste cose fan notizia: le kermesse cinematografiche vivono soprattutto di gossip e polemiche come queste, dove non sono solo le pellicole, i registi e gli attori a far parlare di sé, ma tutto ciò che gira loro intorno, un sottobosco di suggestioni che peraltro sono loro stessi ad alimentare, per mille motivi.
“Non vogliamo vietarli perché non siamo la polizia”, ha spiegato il direttore, “ma ci permettiamo di lanciare una piccola campagna per diminuirli.” La motivazione pare sia solo una questione di tempistica: “Abbiamo calcolato un determinato lasso per sfilare sul tappeto rosso e salire/scendere le scale e, se le persone decidessero di fermarsi ogni due metri per scattare una foto di se stessi, con se stessi, si rallenterebbe tutto.”
Sarà, ma io in questo divieto ci vedo solo l’ingerenza un po’ snob di un certo sistema che si infila nelle abitudini altrui decidendo per loro cos’è o meno cattivo gusto. Tant’è che poi Fremaux aggiunge: “Inoltre, le celebrity non sono sembrate mai così brutte come nei loro selfie. E quelle foto fanno il giro del mondo”. Verrebbe da domandarsi dunque perché un qualunque personaggio famoso deve sentirsi giudicato per come usa il suo cellulare e la sua immagine e se davvero il Festival di Cannes pensa di trarre giovamento da questo tipo di scelta. Ricordo infatti il famoso autoscatto durante la notte degli Oscar dell’anno scorso, una foto che, più di qualsiasi altra, è riuscita ad arrivare diritta al pubblico, che l’ha apprezzata per spontaneità e simpatia degli attori coinvolti.
Intendiamoci, non sono pro selfie in ogni circostanza. Esistono luoghi e contesti in cui è meglio tenere il cellulare ben lontano da quella narcisistica e tuttavia fisiologica urgenza di sottolinearsi qui e ora. Tuttavia, limitarne l’uso in questo tipo di manifestazioni trovo sia molto controproducente per tutto quell’immaginario offerto dal cinema che vive di evocazioni e del solletico alla pancia del pubblico (checché ne dica il cinema europeo), che si diverte a scoprire il lato popolare ed egocentrico di certi personaggi, magari anche solo per deriderne le manie date da troppi autoscatti, oppure per sognare attraverso essi, o ancora per costruirci attorno un’idea, un’opinione, sorridere un po’.
Alle volte sarebbe auspicabile che certi addetti ai lavori si prendessero meno sul serio e giocassero col proprio lato umano, senza troppe paranoie da tappeto rosso, ma con più attenzione verso l’evoluzione dello showbiz, che passa anche attraverso i social media, le condivisioni, i like e le foto e che proprio tramite questi mezzi riesce ad arrivare laddove non arrivano uffici stampa e conferenze ufficiali.