Perché non ci godiamo i titoli di coda?
Secondo voi, al cinema, quando un film è realmente finito? Quando partono i titoli di coda, verrebbe da rispondere. Invece no. Un film è realmente finito quando le luci della sala si accendono e lo schermo è spento. Eppure la maggior parte delle persone, appena cominciano a scorrere le scritte finali, si alzano dalla loro poltrona, rimettono la giacca, parlottano con gli amici ed escono quando ancora la sala è buia e altre persone stanno ancora guardando lo schermo con aria sognante.
Questa settimana sono andata a vedere Monster University (consiglio: andateci, è davvero un ottimo cartone animato, splendido anche per stupirsi della qualità a cui siamo arrivati con la computer grafica). A fine film, dopo la carrellata infinita dei nomi di chi ha collaborato alla sua realizzazione, c’è un bonus, una piccola divertente clip. Sono stata l’unica a vederla: la sala si era totalmente svuotata. Magari, tornando a casa e leggendo internet, qualcuno di quelli che se ne era già andato avrà scoperto di questa aggiunta e ci sarà rimasto male, per non averla vista. Eppure la clip alla fine dei titoli è una cosa sempre più frequente: una prerogativa dei film Marvel, ad esempio, ma anche di alcune commedie e quasi sempre dei cartoni animati. Per ovviare al problema di chi se ne va via prima (non accade solo in Italia), la stessa Marvel ha addirittura anticipato la proiezione di questa scenetta di qualche frame.
ignorare questo gioco, sottrarsi al dolcetto finale, vuol dire spezzare volutamente la magia intercorsa tra la pellicola e il suo pubblico
Tuttavia ignorare questo gioco, sottrarsi al dolcetto finale, vuol dire spezzare volutamente la magia intercorsa tra la pellicola e il suo pubblico. Ma vuol dire anche vedere il cinema come luogo di passaggio dove consumare qualcosa senza realmente assorbirla. Considerare i film come un prodotto usa e getta, da divorare senza un’adeguata digestione. Un tempo i titoli di coda si limitavano a elencare una sfilza di nomi e ruoli senza alcun riguardo estetico: parole bianche su sfondo nero. Oggi la grafica è sempre più curata, colorata, capace quindi di intrattenere gli spettatori fino all’ultimo fotogramma (quello solitamente dedicato ai doppiatori). Al di là della bonus clip poi, i titoli di coda servono allo spettatore per metabolizzare quanto appena visto, lasciargli il tempo necessario per tornare gradualmente alla realtà, al resto della serata. Svegliarsi dal torpore dato dalla sospensione dell’incredulità per lasciar lentamente spazio alle nostre consuete percezioni. È pura decompressione.
Non penso che chi va al cinema poi abbia tutta questa fretta di andarsene o impegni improrogabili da sbrigare. Eppure la frenesia che coglie chi si alza e se ne va appena la storia si è conclusa è qualcosa su cui riflettere. Cos’è davvero il cinema per queste persone? È un tappabuchi per riempire una serata? Un’occasione di svago alternativo? Quando si è persa la magia di una sala buia, la dolce solitudine che avvolge lo spettatore illuminato dallo schermo? Quando si è smesso di informarsi su quanto si va a vedere, sul regista, sui produttori, su eventuali chicche, anticipazioni e citazioni al di là degli attori che vi recitano?
Ovviamente la risposta a queste domande non è solo rimanere in sala fino al termine dei titoli di coda. Però è un atteggiamento che potrebbe aiutare, un passo che vale la pena compiere, per quanto inutile possa sembrare. Perché non è poi così male godersi quel momento di decompressione, e se alla fine c’è pure una piccola ricompensa, si esce dal cinema con la testa piacevolmente più leggera.