Dentro Madre!
Qual è il significato di Madre!, l’ultimo film di Darren Aronofsky (Requiem for a Dream, Il Cigno Nero), presentato allo scorso Festival di Venezia?
Tutto il mondo cinefilo si interroga.
Le femministe ci leggono una metafora del corpo della donna che, come la casa del film, viene costantemente sollecitata, violata, disturbata da estranei, familiari, incuranti e indifferenti dei suoi reali bisogni.
I sostenitori della maternità ci vedono una chiara simbologia dell’utero materno, dei diritti e delle aspettative che la nostra società affida oggi al ruolo genitoriale. Una figura soggetto e oggetto di numerosi dibattiti, contesa, spesso svilita, su cui ogni persona vuole apporvi la sua opinione arrivando a rivendicare l’utero come terra di tutti, negandone l’intimità, anzi: contaminandola.
I creativi ci hanno trovato una metafora dell’ispirazione, con cui ogni artista ha un rapporto personalissimo ma profondamente conturbante. È ovvio: l’ispirazione è nel contempo elemento sacro ma profanabile, dall’istante in cui affida al mondo il suo frutto.
È poi un’evidente rappresentazione della stessa produzione artistica, che una volta offerta al pubblico diventa di chiunque, impossibile da proteggere. L’opera d’arte viene fagocitata istintivamente dagli altri, liberi di farne qualunque cosa, che sia addirittura immorale o mostruosa.
Esiste una chiave di lettura religiosa, che ritrova legami con la Bibbia e Gesù Cristo, portato in sacrificio per gli uomini (nella seconda metà del film, dopo il parto della protagonista).
Gli psicologi ci vedono una chiara immagine dell’”uneimlich” freudiano, il perturbante dato da luoghi assieme sicuri e paurosi.
E ancora, gli ambientalisti, che provano impotenti a fermare la lenta distruzione del pianeta allo stesso modo in cui la Lawrence, trasfigurata in una sorta di “Madre Natura”, cerca di salvare la sua abitazione, così curata ma così fragile al brutale passaggio degli esseri umani.
I semplici amanti dell’horror ne avranno infine apprezzato il senso di disagio dato dalla continua e sempre più pressante invasione dell’estraneo, del diverso (altra metafora contemporanea sulla depersonalizzazione della società, se si volesse vedere la storia sotto l’ottica politica), del terribile, tanto da raggiungere parossismi sanguinosi e osceni.
Cosa dunque voleva davvero dire Aronofsky?
La risposta è probabilmente la stessa reazione del pubblico, che fa di Madre! ciò che fanno gli invasori con la casa e la vita della protagonista.
Chi ne usa le allegorie come ideologie autoriferite, chi se ne riempie la bocca per dimostrare a se stesso ma soprattutto agli altri di capire il cinema (si gioca facile con scene che urlano metafora da ogni fotogramma), chi ne vuole un pezzo per giustificare la propria visione del mondo, garantendola come unica verità. Ogni dibattito, dal più critico al più entusiastico, non è altro che un pezzo dell’opera, smembrata da uso e consumo di chi ne fruisce. Chissà che il vero significato del film non sia rimasto in realtà ben custodito dall’autore in un angolo di un luogo inaccessibile, delicato e puro come il cristallo che poeta Bardem conserva dall’inizio alla fine della storia.
A noi non resta che crogiolarci ancora per un po' sulla domanda "cosa avrà voluto dire?", prendendo per autentici solo i subbugli emozionali di un film che, tutto sommato, non può lasciare indifferenti.