Essere di colore ad Hollywood
Quanto durerebbe “Il Cigno Nero” di Darren Aronofsky se dovessimo contare solo le battute degli attori di colore? 25 secondi.
Quando durerebbe “Birdman”? 53 secondi.
E “Into the Woods”? Non comincerebbe neppure: neanche un attore di colore è stato ingaggiato per recitarvi.
Questo è l’interessante progetto che ha avviato Dylan Marron, ventisettenne cresciuto a New York ma di origini venezuelane: conteggiare le battute che gli attori o le attrici di colore pronunciano nei film più famosi (il suo blog: Every Single Word). Il risultato è prevedibilmente deludente e tocca la discriminazione razziale che ancora oggi dilaga ad Hollywood, alla pari col sessimo strisciante di cui peraltro in passato abbiamo già parlato col famoso “Bechdel Test”.
Lo scopo di Marron non è solo quello di far riflettere su un certo meccanismo ormai standardizzato che vede gli attori non bianchi relegati a comparsa, spalla o, peggio, inseriti all’interno di una storia solo per raggiungere la cosiddetta “quota nera”, affinché ogni minoranza venga compresa nel calderone del cast assieme alla “quota gay” e alla “quota ispanica”.
Marron ha rilasciato un’intervista al “Washington Post” e al “The Guardian” dove spiega che la maggior parte dei film che vede come protagonisti uomini o donne di colore, recitano una parte dove il colore della pelle è parte fondamentale della storia. Come se invece le storie universali, con tematiche comuni a tutti, dal fantasy ai drammi storici senza tempo, alle epopee, alle normali commedie leggere e spensierate, non prevedano la rappresentazione di persone non bianche. “Perché”, si chiede Marron, “In questi filmati usiamo persone bianche per raccontare storie universali? E cosa ci dicono?”
Marron ricorda che anche nei film in cui il colore della pelle non è in alcun modo importante, come in “Colpa delle Stelle”, sono stati comunque utilizzati personaggi bianchi (e nemmeno nel romanzo viene citato il colore dei protagonisti).
Senza dimenticare le favole. A proposito di “Into the woods”, Marron dice: “Mi stai chiedendo di credere che un gigante ti stia inseguendo nel bosco, ma non che una persona nera possa essere nel bosco?”
Certo, non basterà questo giochino a cambiare le cose ad Hollywood, che forse non diventerà mai un modello del politicamente corretto, pronto a soddisfare le esigenze di ogni minoranza. Tuttavia serve a noi spettatori, per capire come si forma un’abitudine, un’usanza, un modus operandi che troviamo normale senza chiederci davvero perché.