Fiction sul Papa? No, grazie.
C’è da avere paura, se un fatto di cronaca o un personaggio famoso cominciano a diventare oggetto di troppi servizi televisivi, interviste, approfondimenti. La paura è che ci facciano una fiction, nel giro di qualche mese. È un fenomeno sempre più frequente: succede un grave omicidio, ecco la docufiction; un incidente catastrofico, pronto il film; muore qualcuno, subito il biopic.
Anche Papa Francesco sta subendo lo stesso trattamento: Pietro Valsecchi, produttore con la Taodue di parecchi film e telefilm (da “RIS Delitti Imperfetti” alle pellicole di Checcho Zalone), ha annunciato di voler realizzare uno sceneggiato sul Santo Padre, con protagonista Antonio Banderas. Ma anche Claudia Mori vorrebbe produrre una fiction sulla sua vita (al momento la RAI ancora non ha accettato la proposta). Peccato che il Pontefice si sia detto contrario. Un preciso segnale, che certo non fermerà chi vuole comunque romanzare la sua storia, ma mette in chiaro come non sia sempre necessario seguire la strada della mitizzazione televisiva.
Da dove proviene il bisogno di fare una fiction sulla vita di personaggi famosi o su un avvenimento più o meno sconvolgente? I motivi sono tantissimi, e la componente economica rimane fondamentale. A seguire ci sono l’onda emotiva scatenata dall’evento (pompata anche dalle stesse trasmissioni tivù con ospitate, lacrime e speciali), la rivalutazione storica di una determinata figura, la celebrità dell’attore chiamato a interpretare il protagonista (ma ve lo immaginate Banderas nei panni di Bergoglio?). Motivi che difficilmente comprendono una precisa spinta creativa, ma evidenziano altresì il piattume della fiction italiana, che deve continuamente attingere al reale per inventarsi qualcosa di nuovo oltre alle serie sui mafiosi, sui preti, su famiglie più o meno disagiate. Il tutto a cavallo del politicamente corretto e del buono, perché bisogna pensare ai bambini, secondo quella missione didattica che la televisione pensa ancora di dover perseguire.
E per chi conosce il sottobosco della produzione seriale italiana non si può non pensare a “Boris”, probabilmente il miglior prodotto televisivo italiano degli ultimi anni proprio per la sua audacia, che nella sua amarissima ma irresistibile satira aveva già raccontato tutta la desolazione creativa di questi stratagemmi.