Il fenomeno religione
Lifetime, nota emittente statunitense, ha annunciato la realizzazione di un nuovo docureality, chiamato “Sisterhood”. Racconterà il percorso di cinque donne in attesa di prendere i voti: dubbi, titubanze, fede e spiritualità fino alla scelta finale, per chi si dimostrerà abbastanza sicura della propria decisione.
C’è poco da stupirsi: la religione in tivù spopola in ogni forma(t). Per inclinazione culturale, noi italiani siamo da anni abituati ai vari biopic su Papi e Santi, a “Don Matteo”, a “Che Dio ci aiuti”, a programmi come “A sua immagine”, oltre che ai numerosi approfondimenti e servizi su Padre Pio, Papa Francesco et similia. Se c’è da sorprendersi è forse per il nuovo uso che la televisione fa della fede: la inserisce in contesti inaspettati come i reality e i talent show (vedi alla voce Suor Cristina in The Voice, che si dice stia per cominciare un tour), investendoli di una nuova luce, e non certo di stampo divino. Sono nuovi fenomeni del tubo catodico.
Intendiamoci: la religione è anche spettacolo, da sempre. Tuttavia la tendenza di oggi sembra quella di rinunciare alla consueta solennità che la caratterizza in favore di una spontaneità che tutti possono condividere. Papa Bergoglio è amato proprio per questo. E la tivù si regola a proposito, alzando l’asticella del consentito.
Real Time, canale sempre molto attivo sulle nuove tendenze tv, da tempo cavalca l’onda proponendo altri docureality sul tema come “Breaking Amish”, dedicato alla vita di alcuni giovani Amish al di fuori della loro chiusa vita sociale, o “21 sotto un tetto” sui Duggar, coppia di cristiani conservatori e i loro diciannove figli o, ancora, “Io e le mie mogli”, sulla poligamia di un uomo appartenente a una branca della chiesa Mormona.
La famiglia Duggar
Le occasioni per sviluppare il soggetto non mancano e ogni sfaccettatura della religione -qualunque religione- è pronta per essere scandagliata dall’occhio delle telecamere senza più l'oggettività da documentario, ma con la pseudo genuinità del reality show… con tutte le le conseguenze del caso.
Da un lato il pubblico più scettico si avvicinerà curioso all’argomento, dall’altro quello fedele rinsalderà le sue convinzioni. Lo scotto da pagare è lo sfruttamento della sfera più intima dell’uomo, considerata alla stregua di un qualunque caso televisivo, capace di brillare per una sola stagione.
Se i personaggi coinvolti in questo meccanismo sono in buona fede (le suore di “Sisterhood”, la dolce Suor Cristina), c’è da augurarsi che siano abbastanza consapevoli della caducità del loro successo e capaci dunque di dimostrare fermezza, almeno nei principi. Perché prima o poi l’asticella si alzerà ancora, e chissà allora cosa si inventeranno gli autori tv per spolpare fino all’osso il fenomeno.