Il ritorno di Sex and the city? Fuori tempo massimo
C’è qualcosa di malsano nel volersi accanire sulla serie “Sex and the city”, che oggi ha presentato il sequel televisivo “And just like that” con tre delle quattro protagoniste coinvolte nello show, pietra miliare della golden age telefilmica di fine anni ’90. Sarah Jessica Parker (Carrie), Cynthia Nixon (Miranda) e Christine Davis (Charlotte) hanno infatti pubblicizzato il ritorno in pompa magna con un post su Instagram, che ha ufficializzato l’evento. Pecora nera, Kim Cattrall, che non ha in alcun modo preso parte al progetto: niente di nuovo, già da tempo l’attrice aveva dichiarato di volersi lasciare alle spalle il personaggio di Samantha, e non ha nemmeno mai negato sia il fastidio per la disparità di trattamento economico riservatole rispetto a Sarah Jessica Parker, che l’astio che prova proprio nei suoi confronti.
Non è ancora stato comunicato cosa accadrà al suo personaggio, ma non viene esclusa una sostituzione peraltro favorita anche dalla stessa Cattrall, che ha suggerito diversi nomi (uno fra tutti, Sofia Vergara).
Al netto dei rumors tuttavia, il ritorno della serie tv non è stata accolta dai fan con unanime entusiasmo: se uno zoccolo duro di appassionat celebra con gioia il ritorno delle ragazze di Manhattan, un altro risponde con perplessità, dopo sei stagioni concluse più che degnamente e soprattutto con due mediocri trasposizioni cinematografiche, di cui francamente sarebbe stato meglio farne a meno.
Ci troviamo di fronte a una minestra riscaldata più e più volte, che mostra, al di là dei lustrini e della copertina patinatissima e invidiabile, diversi problemi:
– l’incapacità delle attrici di essersi affermate in questi anni con altre produzioni ed altri ruoli e la volontà cosciente di farsi definitivamente fagocitare dagli unici personaggi che hanno saputo reggere;
– la mancanza di una chiara analisi del contemporaneo: se ne gli anni ’90 erano accettabili, perché nuove, le avventure sessuali di quattro donne bianche per lo più eterosessuali a Manhattan (seppur con tutte le eccezioni del caso, specialmente quelle relative allo stile di vita delle protagoniste, che vivevano una vita economicamente sfavillante in una New York in verità carissima), oggi è difficile mantenere questa rappresentazione totalmente avulsa dal reale. Le persone hanno bisogno di vedere modelli veri, credibili, non la solita rappresentazione eteronormata, bianca e ricchissima. Forse torneranno quei tempi in qualche racconto dichiaratamente surreale, ma riproporli è indice di scarsa sensibilità del mondo che cambia e che adesso cerca altro;
– la difficoltà degli autori televisivi di proporre nuovi modelli di donna over 50 (perché tale è oggi l’età delle attrici) e l’inesperienza di saper raccontare l’amore adulto e maturo, per cui ci si ritrova a fare appello a consolidati cliché di antico successo per riportare sullo schermo un pubblico fidelizzato da decenni, che guarderà la serie tv anche controvoglia, spinta dalla curiosità. Parliamoci chiaro: sono difficilissime da trovare oggi serie tv che mostrano cosa succede alle donne over 35/40/50 anni, al di là delle dinamiche familiari che le vedono tradizionalmente madri e quindi spettatrici delle relazioni dei figli, impegnati nei molteplici teen drama che vediamo proliferare sullo schermo. Questo perché parlare di primi approcci adolescenziali è facile, tutto è nuovo, fresco e da scoprire. Complicatissimo è invece spiegare una relazione matura, specialmente dal punto di vista femminile. L’amore over è diverso, il sesso è diverso, le emozioni, anche se originali, sono un capitolo che comincia su un percorso già scritto, dove i rapporti si affrontano con approccio differente. Scriverne e rendere appetibile un tale soggetto, è una vera impresa. Per lo sguardo maschile ci ha provato in modo molto efficace Micheal Douglas nella miniserie “Il Metodo Kominsky”, ma rimane una visione settoriale, per quanto spassosa.
Ciò nonostante, “And just like that” sarà comunque seguitissima, e lo sguardo dei fan sarà certamente impietoso, pronto com’è a ripiangere la serie originale e rivedersela per l’ennesima volta. Rimane la speranza che il progetto non arrivi a devastare ulteriormente un prodotto che ha fatto la storia della televisione e che non merita di essere calpestato per cieca avidità.
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