Nove film (e un libro) per capire l’11 settembre 2001
Come possiamo spiegare cos’è stato l’11 settembre a chi non c’era o era troppo piccolo per ricordare? A volte basta un film. Eppure io non ne ricordo di davvero meritevoli incentrati su quella data. Volevo consigliarvene qualcuno, ma alla fine mi sarei ritrovata a scegliere i meno peggio in mezzo a parecchie mediocrità.
Trovo che, nonostante l’umano e giustificabile desiderio di voler raccontare ciò che il mondo intero ha vissuto in quegli istanti, nessuno sia ancora riuscito a farlo senza cadere nella retorica, il patriottismo esasperato, il pathos appiccicoso. Sensazioni che potevano forse funzionare a ridosso della tragedia, ma non ora, dopo dodici anni, dopo tutto ciò che abbiamo vissuto nel frattempo.
Tuttavia, per capire davvero ciò che ci è successo, non serve guardare ciò che il cinema ha prodotto proprio sull’11 settembre. Basta spulciare nel resto della cinematografia statunitense dell’ultimo decennio, quella ambientata in altre epoche, in altri mondi, con altri personaggi e altre storie, per capire cos’è avvenuto e cosa è cambiato. Come siamo cambiati.
Ci sono pellicole che senza quel disastro non avrebbero mai visto la luce, né avrebbero avuto la stessa eco e lo stesso successo. Perché lo sconvolgimento psicologico che ci ha travolto, ha travolto anche autori, attori, registi, tutta l’immensa macchina del cinema che macina storie e si alimenta del quotidiano e dello straordinario.
Ecco cosa io mostrerei a chi non c’era o non si ricorda.
“Non è un paese per vecchi” dei fratelli Coen (2007). La casuale crudeltà, la totale assenza di speranza in un America nichilista e disillusa, annientata da un killer in cui riconoscere l’assoluta banalità del Male.
“The Village”, di Shyamalan (2004). Perché il Male non si può evitare, strumentalizzare, manipolare secondo assurde ideologie. Perché il Male si affronta, lo si guarda negli occhi anche a costo di scoprire che l’abbiamo creato noi.
“Good night and good luck” di George Clooney (2005). Perché parla di censura, ipocrisie, strapotere di un’informazione manipolata. Parla di oggi, ma siamo negli anni ’60 e niente sembra cambiato.
“Il labirinto del fauno” di Guillermo Del Toro (2006). Quando i mostri di un mondo fantastico fanno meno paura dei mostri reali. Siamo in Spagna negli anni ’40, ma anche qui, il salto temporale è solo metaforico.
“Little Miss Sunshine” di Jonathan Dayton e Valerie Faris (2006). Perché l’11 settembre vive di riflesso anche nelle commedie disincantate sui perdenti, ma provano a sopravvivere a testa alta.
“Cloverfield” di J. J. Abrams (2008). Un horror di pura adrenalina (grazie a un ritmo frenetico e la ripresa amatoriale), in una Manhattan sotto assedio a causa di una creatura aliena, di cui non si conoscono origini e dimensioni. Ricorda niente?
“300” di Zack Snyder (2007). La battaglia delle Termopili in chroma key. Un esiguo gruppo di soldati greci contro l’immenso esercito persiano: un combattimento che sembra scritto, e invece.
“Gran Torino” di Clint Eastwood (2008). Perché l’11 settembre ci ha lasciato vittime sia di facili intolleranze che di odiose illusioni. La medicina è vedersi uno dei più bei Eastwood di sempre.
“Alla ricerca di Nemo”, Pixar (2003). Se un cartone animato può ancora insegnare qualcosa, questo ci insegna a tollerare il mondo che ci circonda, soprattutto se viviamo in un oceano composto da innumerevoli specie differenti.
Infine, se l’argomento vi appassiona, vi consiglio il libro di Roy Menarini “Il cinema dopo il cinema – dieci idee sul cinema americano 2001-2010” (Le Mani editore, 2010). E magari provate a partire da lì, per capire come siamo evoluti al cinema dall’11 settembre 2001.