Quando il minore diventa simbolo
Adesso è la volta di Simone, il quindicenne che in un video velocemente diffuso in rete ha tenuto testa ai manifestanti di CasaPound presso il quartiere di Torre Maura a Roma. Prima invece, erano Rami e Adam, i due ragazzini eroi della tentata strage dello scuolabus di San Donato Milanese. Prima ancora, è stata Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese che ha mobilitato mezzo mondo in favore dell’ambiente, per sensibilizzare i governi a un repentino cambio di rotta in merito ai sempre più preoccupanti cambiamenti climatici in atto.
Su di loro si sono concentrati dibattiti e servizi, approfondimenti e articoli appositamente sviscerati nei talk show, meme, post sui social, commenti, frasi, inni, elogi, critiche.
Volti giovani, facili emblemi su cui si può concentrare lo storytelling, giovani soggetti su cui si possono tessere lodi ma anche su cui può riversarsi un certo bastiancontrarismo e quindi altri dibattiti, servizi, approfondimenti e articoli.
Viene quindi da chiedersi quanta onestà intellettuale ed emotiva c’è davvero alla base della sovraesposizione dei minori sui mass media e quanta scaltrezza c’è invece nella costruzione dell’ennesimo personaggio da buttare in pasto al pubblico solo per racimolare qualche click o visualizzazione nel migliore dei casi, consensi nel peggiore.
Niente è mai bianco e nero, lo sappiamo, e il mondo della comunicazione si muove spesso in quel limbo di sfumature dove non sono chiari i contorni tra innocua esaltazione e becero sfruttamento. Stiamo attenti dunque quando telegiornali, talk show, quotidiani, con le loro numerose ramificazioni online, parlano dei minori: non esiste reale purezza nel voler raccontare una storia, nemmeno quelle a lieto fine o che possono fungere da esempio positivo. C’è sempre, a un certo punto, un articolo in più, un commento su cui si sofferma un’inutile attenzione, l’opinionista di turno che pretende la sua parte di luce e che utilizzerà ciò che è stato creato per manipolare la realtà a suo piacimento, anche se riguarda minori, per altri fini.
È una linea che viene varcata spesso e senza una reale consapevolezza nel pubblico, che si ritrova invischiato in un battage da cui è difficile uscirne. Ci si ritrova costretti a credere in un teorema e nel contempo al suo opposto, a usare anche noi i volti e le personalità di ragazzini che forse non cercavano quel tipo di notorietà e che forse non vogliono diventare metafora di discussioni sui massimi sistemi, dal problema del razzismo a quello del surriscaldamento globale.
Stiamo attenti.
Non tutto è prateria sterminata di commento, impariamo l’arte di capire quando vale la pena dire la propria e quando no. Quando stiamo sfruttando un facile simbolismo e quando dietro c’è una persona, che non cercava attenzioni, non voleva diventare icona usa e getta che oggi serve e domani chissà. È bello che negli ultimi tempi si parli anche dei giovani e se ne vedano di esempi così positivi attorno a noi. Ma non incaselliamoli per forza secondo bandiere o ideologie. Non se lo meritano loro, non aiuta noi.