Sono elitari i supereroi?
La Marvel ha appena annunciato di avere in cantiere 20 nuovi film dedicati all’universo dei supereroi e, solo nelle ultime settimane al cinema, abbiamo visto Thor Ragnarok e Justice Leauge. Un genere in carica ormai quasi da un ventennio: era a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000 che l’interesse si acuì, dapprima con gli XMen e successivamente con la versione Spiderman di Raimi, poi a cascata con una serie di fortunatissimi film (dai Marvel alla Dc, fino al Batman di Nolan). In molti videro in quel successo una risposta emotiva al trauma dell’11 settembre 2001, oggi è un format che non vede tramonto e che sta scandagliando qualunque anfratto fumettistico.
Oltre ai soliti Superman e Batman, abbiamo visto storie su Antman, Deadpool, Dr Strange, ma anche le varie leghe, dai Guardiani della Galassia agli Avengers. Una frammentazione continua, incessante, dove chi non è avvezzo alle storie, ai rimandi e alla genealogia rischia di perdersi una grossa fetta di citazioni. Ed è proprio questo il difetto che sta sorgendo nel genere: si sta assistendo a un avvitamento sempre maggiore di storie e personaggi in cui lo spettatore non fidelizzato arriva a fatica a coglierne l’insieme. Ed essendo questo un genere che vive di riferimenti, la sua visione sta diventando di nicchia, appannaggio dei soli appassionati.
In parole povere, se una volta chiunque poteva godere di un buon film su Ironman, oggi l’evoluzione del personaggio nei film successivi è tale che perdersi un pezzo della saga può compromettere parte della comprensione del messaggio. Diventa quindi obbligatoria una visione continua e devota tale da escludere lo spettatore casuale, o quello semplicemente più distratto. Ci troviamo dunque di fronte a una nuova élite? Basta rispondere alla domanda: a chi sono rivolti quei prossimi 20 film Marvel? A tutti indifferentemente o solo a chi li seguirà religiosamente uno ad uno?