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[Home Spettacolo The Lone Ranger e il fattore Johnny Depp]
Readymade
Spettacolo
[ 14/08/2013 di Silvia Albrizio ]

The Lone Ranger e il fattore Johnny Depp

La scorsa settimana ho letto un articolo sul clamoroso flop estivo registrato da The Lone Ranger, film che ha fatto guadagnare alla Disney solo 176 milioni di dollari: un vero salasso, considerando che la pellicola è costata 215 milioni senza i costi di promozione. Cos’è andato storto?

 

Premetto che il film non l’ho visto, quindi non posso permettermi di scrivere una vera critica, sebbene fonti ben informate mi abbiano descritto il film come un’accozzaglia di situazioni alla Pirati dei Caraibi senza però lo stesso spirito. C’era ironia, c’era avventura, ma mancava l’anima, il ritmo, in una parola il divertimento.

 

Posso però spiegare perché non sono andata a vederlo, il che molto probabilmente chiarisce gran parte del flop, ossia perché nemmeno il trailer è riuscito a essere accattivante tanto da convincere gli spettatori a scomodarsi per andare al cinema. Io penso che una parte del problema risieda in Johnny Depp.

 

Io penso che una parte del problema risieda in Johnny Depp

 

Parliamoci chiaro, Johnny Depp è un grandissimo attore, brillante, fascino zingaresco, bla bla bla, tuttavia è indubbio che negli ultimi anni la sua recitazione si sia ridotta a una serie di macchiette senza grosso spessore. Complice Tim Burton, che l’ha inglobato nella sua parabola discendente e reso feticcio dalle fattezze ordinariamente camaleontiche, oggi Depp è più una marionetta in mano ai registi che un vero e proprio attore dalla bravura indiscussa.

Da cosa potrebbe vestirsi quest’anno ad Halloween un qualunque bambino statunitense per inquietare i suoi amichetti mantenendo però un certo carisma? Ma da Johnny Depp, naturalmente. Versione Jack Sparrow se vuole far colpo con le ragazzette, Edward Mani di Forbice se punta alla dolcezza, Sweeney Todd se vuol mascherarsi da psicopatico, Cappellaio Matto se ha imparato a truccarsi, Barnabas Collins di Dark Shadow se deve riciclare un costume da vampiro, Willy Wonka se ha comprato una tuba viola da sfoggiare.

 

Depp negli ultimi anni è stata una mascotte, il jolly pronto per assicurarsi gli incassi in mancanza di sceneggiature valide

 

Depp negli ultimi anni è stata una mascotte, il jolly pronto per assicurarsi gli incassi in mancanza di sceneggiature valide, almeno prima del fallimento di The Lone Ranger.

Le brevi parentesi che l’hanno visto struccato tra un set e l’altro non lo ricordano in ruoli indimenticabili: bamboccione sovrappeso in mano alla solita spregiudicata e malnutrita Angelina Jolie in quella ciofeca di The Tourist o sottotono nei panni di John Dillinger in Nemico Pubblico, fagocitato dal mostruoso Christian Bale.

Sia chiaro, non sto criticando la capacità trasformista dell’attore. Molto spesso è questo talento ad aver evidenziato la professionalità di certi interpreti, vedi alla voce Charlize Theron in Monster. Critico l’uso indiscriminato che certi registi fanno di questo trasformismo, rendendolo punto focale su cui imbastire interi soggetti. Diciamoci la verità, è stato Jack Sparrow (e i milioni che ha fruttato) a fare de I Pirati dei Caraibi una trilogia multimilionaria, non certo la necessità di raccontare tre storie sui pirati.

D’altronde il cinema hollywoodiano è prima di tutto profitto che racconto. Eppure, vedere un attore prestarsi a un continuo camuffamento, a lungo andare svilisce sia lui che la stessa maschera. Quando ho visto Depp nuovamente acconciato da pagliaccio fare le solite smorfie nel trailer di The Lone Ranger, l’unica azione possibile che ho saputo fare è stato un grande e lunghissimo sbadiglio. Ed è a causa di questo sbadiglio che io al cinema non ci sono voluta andare e ho contribuito, assieme a milioni di persone, a questo fallimento Disney.

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Silvia Albrizio

Ha studiato cinema e televisione e ne scrive sulla carta e online. Readymade è il risultato pronto all’uso delle sue riflessioni su questi ed altri media.

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