Fermate il Nobel, voglio scendere!
L’attuale momento storico non è dei migliori, non mi stancherò affatto di scriverlo, ribadendolo con fermezza.
La politica nostrana e quella estera internazionale mi lasciano sgomenta da tempo ed è per questo che, per respirare una boccata d’aria fresca in questo clima soffocante, attendevo con trepidazione l’assegnazione dei premi Nobel, in particolar modo quello per la Letteratura, poiché mi facevano sperare in un’umanità tutto sommato meno corrotta, seppur a livello ideale s’intende: un libro purtroppo non è in grado di fermare concretamente un politico venduto o un carro armato o altre “delizie” del genere che tengono in scacco gli uomini.
Ugualmente triste è che di rado venga compreso quand’è fresco di stampa.
La stragrande maggioranza delle volte ha la capacità di far riflettere tremendamente a posteriori, terribilmente in ritardo sui fatti rispetto a quanto accade a livello contemporaneo, vuoi per la censura, vuoi perché semplicemente viene snobbato dalla cosiddetta “massa”, restando appannaggio degli intellettuali i quali sovente si lanciano in ardite discussioni sul sesso degli angeli che non sono d'aiuto ai comuni mortali che necessitano di risposte più comprensibili a domande che non lo sono.
Personalmente mi viene spontaneo associare questo riconoscimento a Giosuè Carducci, Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Salvatore Quasimodo ed Eugenio Montale. Meno, molto meno a Dario Fo, pace all’anima sua, dal momento che non lo sento un autore “mio” a livello affettivo e psicologico al pari dei suoi predecessori.
Il fatto che la mia mente corra a questi mostri sacri della letteratura italiana va oltre il campanilismo in senso stretto ed è riconducibile innanzi tutto alle mie capacità linguistiche e al mio bagaglio lessicale: pur trattandosi di Letteratura alta, la quale a mio avviso non sarà mai comprensibile fino in fondo tante sono le sue sfaccettature e cotanta è la sua grandezza e complessità, mi è più facile cogliere in questi scrittori le sfumature, le sottigliezze, i cenni storici, l’ironia, la raffinatezza dello stile o anche solo una figura retorica, proprio perché sono madrelingua italiana.
Un’opera straniera, per quanto magnifica, subisce le Forche Caudine della traduzione, che quantunque sia accurata, sovente mutila oppure è costretta a ricorrere a soluzioni drastiche per rendere un concetto, un modo di dire, un’espressione gergale e via discorrendo.
Alla luce di queste considerazioni ritengo singolare che l’Accademia svedese e non una commissione linguisticamente eterogenea abbia l’arduo compito di assegnare il Nobel per la Letteratura.
E reputo altrettanto bislacco che la motivazione dell’assegnazione del Nobel per la Letteratura a Bob Dylan, noto cantautore e compositore, sia la seguente: “Per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana”.
In primo luogo l’aggettivo “americana” mi sembra del tutto superfluo: la commissione dovrebbe valutare i meriti di un intellettuale a prescindere dalle sue origini, proprio per il fatto che il Nobel riconosce il valore dell’opera del singolo individuo in quanto faro per l’umanità.
In secondo luogo mi pare davvero stravagante che un manipolo di svedesi si prodighi per il conferimento di un premio che sottolinei il valore della tradizione della canzone americana.
In base a questi elementi e al fatto che reputo fortemente sospetto che frotte di scrittori meritevoli e altrettanto canuti si debbano mettere in coda dietro una rockstar blasonata prima di acciuffare il tanto sospirato premio, si è radicata in me l’idea che Mr. Nobel stia disperatamente cercando di rifarsi una verginità (un po’ come Fantozzi che pur essendo in pensione si presenta a un concorso stritolato in un bustino e con il parrucchino) mediante codesti coup de théâtre che scatenano l’opinione pubblica e l’intellighenzia lasciando in secondo piano quello che conta veramente: riconoscere il valore del genio umano affinché rimanga scolpito nelle memoria dei posteri con gran scorno dell’oblio dei secoli che tutto fagocita.
Facendo un salto sul sito del Nobel fa bella mostra di sé il seguente sondaggio: “Have you ever heard or read any of Bob Dylan’s lyrics?”, tuttavia la domanda più corretta da sottoporre all'attenzione degli utenti sarebbe la seguente: “Qualcuno ha visto il buon Bob da qualche parte?” visto che il celeberrimo artista si è reso irreperibile tanto che la commissione non riesce a contattarlo.
Un po’ come la signorina Silvani che non calcola manco di striscio il ragionier Ugo, per tornare alla fantozziana metafora di prima.
Che dire di questa farsesca vicenda? Beh, senza dubbio, così è (se vi pare)…