Il Sacco di Piazza di Spagna
Alcuni stolti individui hanno un bel dire che il Medioevo rappresenti il periodo di maggiore oscurità per quel che concerne la condizione umana.
In realtà il vero declino culturale e sociale lo stiamo vivendo in questi miserabili decenni.
Non possiamo negarlo, c’erano secoli bui in cui il popolo temeva quotidianamente le invasioni, i saccheggi e le esplosioni d’odio (praticamente quel che sta accadendo ai giorni nostri), ma perlomeno le città non venivano devastate dalla pazzia dell’incolta marmaglia locale, sicuramente più assennata del folle volgo contemporaneo.
Di acqua sotto i ponti ne è passata, siamo stati benedetti dall’Epoca dei Lumi, la libertà di pensiero e d’azione contro l’oppressione è diventata la nuova battaglia da combattere a spada tratta e senza timore. Il risultato di cotanti sforzi? Piazza di Spagna, patrimonio dell’Umanità, quella con la “U” maiuscola intendo, uscita praticamente indenne dai tumulti del Risorgimento e da ben due conflitti mondiali è caduta tra le grinfie di nuovi barbari, paragonabili a quella vile canaglia che nel 410 saccheggiò Roma.
Chi si è macchiato di un tale abominio? Squadroni armati? Rivoluzionari? Macché! Sedicenti tifosi di calcio olandesi sbarcati in Italia stracarichi di odio nemmeno fossero visigoti o lanzichenecchi per assistere alla partita di Europa League, alcuni dei quali, spudoratissimi mentecatti, avevano appiccicato alle loro sordide maglie un adesivo con la Lupa, simbolo di Roma, decapitata e Romolo e Remo uccisi da un barbaro armato di spada. Tutto questo livore in nome di una partita di calcio, badate bene!
Quella teppaglia costituita da volgarissimi lazzaroni perdigiorno i quali normalmente si accontentano di accapigliarsi fra loro o di sgolarsi e insultarsi da un capo all’altro dello stadio per via di quelle manciate vergognosamente strapagate di individui che corrono in mutandoni dietro un pallone e che si spintonano e si pigliano a calci facendo di tanto in tanto finta di cadere, ha avuto l’ardire di mettere a ferro e fuoco la gloriosa Urbe, di accanirsi senza pietà su Piazza di Spagna, provocando feriti anche tra le forze dell’ordine, devastando autobus e tutto ciò che ha trovato sul suo sacrilego percorso.
Quei vigliacchi ubriachi, nella loro empietà, hanno osato devastare la Barcaccia (restaurata dopo un anno di lavori costati la bellezza di duecentomila euro e da poco riconsegnata al mondo in tutto il suo splendore, ma che secondo il parere della Sovrintendenza ha subito danni irreparabili, addirittura 110 scalfiture, tanto da non tornare più quella di prima), la nostra amatissima fontana di Trinità dei Monti, dico, capolavoro del Bernini che vide la luce nel 1629.
Non paghi di ciò, quegli sciagurati, hanno trasformato il glorioso sito in un immondezzaio lasciando dietro di loro spazzatura di ogni sorta, compiendo uno scempio senza precedenti che strazia il cuore a chiunque sia dotato di un minimo di senno. E la politica italiana cosa fa? Versa lacrime di coccodrillo sui resti della Piazza, mentre la maggiorparte dei criminali devastatori prende l’aereo e torna a casa sua come se niente fosse e l'Olanda ci fa scandalosamente sapere di non avere intenzione di rimborsare un centesimo dei tre milioni di euro di danni causati da quella sozza plebaglia.
E già, perché il vero obiettivo dei nostri rappresentanti politici è gettare discredito sull’avversario di turno, puntando il dito a destra e a sinistra, mica quello di preoccuparsi dei danni inflitti al nostro disgraziato patrimonio artistico!
Ebbene, io dico che la misura è colma. Che mi vergogno di vivere in un’Europa popolata da maramaldi, codardi e sobillatori totalmente sprovvisti di cultura. Che sono fiera di detestare il calcio. E che sono orgogliosa di aver visitato Piazza di Spagna prima che fosse vituperata da simili scellerati il cui turpe operato mette a repentaglio le conquiste della nostra civiltà, ma che quando la vedrò nuovamente dal vivo di certo non darò la soddisfazione ai balordi cosiddetti hooligan di pensare ai loro misfatti, perché l’immensità dei Bernini, padre e figlio, oscurerà sempre e comunque l’infamia di cui si sono macchiati.