L’orsa che non Dan(i)za più
Quest’anno a cagione delle notizie inerenti l’orsa Daniza, mi sono ritrovata a fantasticare più del solito (non so se l’avveduto lettore l’ha intuito ma sono dotata di una fervidissima immaginazione che le passeggiate fra i boschi e l’uscita ventura de Lo Hobbit – La battaglia delle 5 armate tendono vieppiù a enfatizzare) nel corso delle mie consuete escursioni montane: oltre a baloccarmi tentando di scorgere fisionomie nelle coriacee cortecce degli alberi con la vana speranza di indurre un Ent alla conversazione, infatti, scrutavo l’orizzonte convinta di avvistare il leggendario Beorn di tolkieniana memoria da un momento all’altro, certamente inviperito per il trattamento riservato all’ignara urside sua collega di pelliccia.
Oltre a gingillarmi sugli immaginifici incontri nella Terra di Mezzo, congetturavo su quanto deve essere difficile la vita degli orsi e in generale delle fiere (naturalmente intese come indomite bestiole e non quelle di San Luca) ai giorni nostri in un mondo governato dal bipede più parassitario di sempre, l’essere umano.
Etichettate, "microchippate", schedate nella migliore delle ipotesi, braccate nella peggiore esclusivamente in virtù del loro istinto.
I casi sono innumerevoli, quello di Daniza è solo l’amara ciliegina sulla torta mal riuscita. Ricapitoliamo. A Ferragosto in quel di Pinzolo, in Trentino, l’orsa gironzolava tranquillamente nel suo habitat scortando i propri cuccioli quando è stata avvistata da un prode cercatore di funghi, il quale, invece di darsela a gambe alla velocità della luce (è infatti risaputo che persino la più pavida fra le paperelle può diventare isterica qualora avverta una minaccia nei confronti della sua piumata prole, perciò il buonsenso dovrebbe intimare di evaporare all’istante davanti a un’orsa con relativa figliolanza) si sarebbe nascosto dietro gli alberi a circa 30 metri di distanza per osservare meglio la scena (probabilmente dimentico del fatto di non essere il baldanzoso Texas Tarzan o il temerario Crocodile Dundee).
L’orsa avvertendo il pericolo si sarebbe prontamente scagliata contro l’uomo, colpendolo con due zampate e mordendogli uno scarpone, lasciandolo in vita, fortunatamente.
Dunque, mamma orsa con due cuccioli seguendo il suo istinto si avventa contro quella che avverte come una minaccia: i conti tornano alla perfezione. Secondo quel che si può leggere sui giornali, però, il comportamento dell’orsa sarebbe stato anomalo. L’assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione, caccia e pesca Michele Dallapiccola avrebbe affermato che: “Individuati a vista i cuccioli a circa 30 metri di distanza l’uomo si era immediatamente allontanato e nascosto. Tuttavia nonostante i cuccioli avessero preso una direzione diversa dalla sua e nonostante si fosse comunque nascosto dietro un albero dopo essersi allontanato, è stato raggiunto dall’animale che lo ha attivamente aggredito e ferito”.
Bene, in primo luogo se 30 metri o poco più possono essere considerati una distanza di sicurezza accettabile per un uomo non significa che altrettanto valga per gli orsi, i quali corrono come treni a vapore e probabilmente una distanza simile la coprono, balzellon balzelloni, con quattro salti al massimo. Secondariamente anche una comune madre sapiens sapiens si stizzirebbe qualora avvertisse la presenza di occhi indiscreti quantunque a una simile distanza, figuriamoci tale molosso di mammifero.
Ma tant’è che questa povera bestia, femmina di 18/19 anni circa introdotta in Trentino nel 2000, munita di radiocollare, secondo il protocollo doveva essere catturata (anche se il Corpo Forestale dello Stato ha precisato di non aver partecipato ad alcuna operazione di cattura e ha avviato un’indagine, ipotizzando i reati di maltrattamento di animali e di uccisione senza motivo reale).
Dopo essere stata monitorata per quasi un mese (“rea” oltretutto di aver nel frattempo attaccato capre e pecore per sopravvivere: orbene come dovrebbe fare “merenda” un orso secondo voi, lor signori, forse sorbendo il tè delle cinque con biscotti? Non potevate pensarci prima di introdurre un'orsa in quella zona?) è stata alfine effettutata l’anestesia a distanza, ma l’animale non ha tollerato il farmaco somministrato ed è morto.
Anche uno dei suoi due cuccioli, peraltro nati nel 2014, è stato narcotizzato, “schedato” e rimesso in libertà, mentre l’altro si è dato alla macchia. Come potranno sopravvivere questi due giovani orsi senza la madre, non si sa.
Naturalmente le polemiche impazzano: l’Enpa (Ente nazionale protezione animali) già invoca le dimissioni del ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti. C’è chi parla nientemeno di “animalicidio”. C'è addirittura chi ha rivolto minacce al povero cacciatore di funghi in questione, stranamente la calura estiva non è tale da poter giustificare siffatti atteggiamenti (consiglio ai giornalisti di riportare solo le iniziali dei protagonisti in casi come questi, onde evitare di scatenare una vera e propria caccia alle streghe dopo quella alle orse).
Ispirata da simili "brillanti" trovate quasi quasi presento una petizione per l’immediata dimissione di tutti i cacciatori di funghi del Trentino, con ingiunzione di appendere il cestino di vimini e la pignatta per fare il risotto al chiodo.
Per un momento mi scordo di tutto questo chiasso e lascio vagare ancora una volta la fantasia. In questo Eden immaginario sottoforma di bosco non esistono microchip, uomini, polemiche, assessori, ministri, enti, twittatori compulsivi, ma solo un'orsa che si staglia all’orizzonte fiera e maestosa, padrona del proprio destino e dell’ambiente che la circonda. L’orsa si gira, mi fissa con quegli occhi liquidi e imperscrutabili che solo la natura possiede, poi se ne va per la sua strada, libera come un vento impetuoso che danza fra i monti. Per fortuna nessuno può ammazzarla, l’immaginazione.