Vita un po’ meno da cani
Per la serie “comico” ergo sum stavo giusto riflettendo sul fatto che al fedele e fidato amico a quattro zampe per antonomasia, il cane, sono state dedicate assai poche canzoni nella cultura popolare e non, alquanto ingiustamente, oserei dire.
Financo il più grande bestiario musicale mai udito al mondo, lo Zecchino d’Oro, l’ha impunemente snobbato: il pulcino si improvvisa ballerino alla faccia dell’orrido collega-tormentone Pio, il moscerino danza imperterrito il valzer meglio che il Principe di Salina ne “Il Gattopardo”, il cammello è addirittura Katalitico, sì, avete lette bene, con la K, verificare per credere.
Lo schiaffo morale arriva anche dalla inossidabile “I due liocorni”, nota ai più come “Ci son due coccodrilli e un orango tango”: accorrono tutti gli animali e chi manca, perdiana? Proprio il cane, datosi alla macchia insieme al mitico duo.
Meno male che nel frattempo la musica per i nasi a tartufo (e non solo) è cambiata comunque, alla faccia del mercato discografico: ho letto infatti che a Casier un consiglio comunale a dir poco illuminato ha approvato il nuovo Regolamento per la tutela e il benessere degli animali, una sorta di arca di Noè cartacea destinata a disciplinare la convivenza fra cittadini e bestiole, fruibile sul sito dell’omonimo Comune.
Trovo indispensabile sottolineare il fatto che l’amministrazione comunale abbia specificato di aver agito in linea col sentire dei cittadini, i quali avevano espressamente richiesto di sottoporre all’attenzione del Consiglio Comunale un nuovo regolamento volto a modificare e integrare quello in vigore dal marzo del 2007.
In particolare l’Articolo 4, punto 2, è talmente saggio da sconfinare nel filosofico: “Il Comune riconosce validità etica e morale a tutte le forme di pensiero che si richiamano al dovere del rispetto delle specie animali specialmente se produttive di iniziative atte a favorire la sopravvivenza delle specie in difficoltà […]
Vi sono delle disposizioni generali, come il divieto di tenere animali in stato di isolamento permanente su terrazze e balconi (Art. 5, punto 8) o quello di allestire mostre di cuccioli (Art. 12, punto 4) e delle norme particolari per singole specie: l’articolo 17, per esempio, vieta espressamente di tenere i cani a catena.
Non so voi, ma tutte le volte in cui ho la sfortuna di scorgerne uno attraverso l’immancabile cancello/gabbia del caso, provo un indicibile malessere, poiché non avendo mai digerito il concetto di zoo o circo anche e soprattutto in ambito domestico, associo inevitabilmente questo triste “spettacolo” a un’odiosa farsa: quella dell’uomo che crede di poter soggiogare la Natura umiliandola.
Per me vedere un cane di grossa o piccola taglia in un minuscolo giardino col “cappio” al collo è davvero insopportabile, così come lo è l’idea di una foca costretta a tenere la palla sul naso o di un elefante agghindato in equilibrio sopra uno sgabello.
Già che siamo in tema di idee, ritengo che l’homo più o meno sapiens dovrebbe prendere spunto dagli antichi, i quali cogitavano con sommo diletto e costrutto sulla somiglianza fra uomo e creature del mondo animale: uno fra tutti Esopo, il quale attraverso le Favole ci ha dimostrato con estrema naturalezza che da siffatti e per nulla azzardati paragoni è facilissimo trarre preziosi insegnamenti.
Se l’immaginazione può rivelarsi estremamente utile per comprendere noi stessi, lo studio delle parole può svelarci etimologici paradossi: la parola Homo deriva da Humus, terra, col senso di terrestre, opposto a celeste, divino; Animale deriva invece da Anima, nel senso di creatura dotata di soffio vitale.
Perciò mi chiedo: maltrattare un animale vuol forse dire accanirsi, inconsciamente, contro la propria anima? Per fortuna a Casier c’è qualcuno che si è probabilmente posto questa domanda.
E il Regolamento è la migliore risposta collettiva al mio interrogativo.