Arancia Scolastica
Cosa leggono le mie foschissime pupille.
Ho appreso dai giornali che in una scuola media del vicentino un’insegnante di sostegno in combutta con un’operatrice di una cooperativa e una bidella avrebbe nientemeno che vessato, umiliato, insultato un ragazzino di 15 anni, autistico.
E tutto questo per almeno sei lunghissimi mesi. Il papà del ragazzino, insospettito dai lividi presenti sul suo corpo, avrebbe inserito nello zainetto del suo figliolo un registratore, dando così l'input alle successive indagini dei carabinieri.
I giornali riportano le parole esatte degli oltraggi, parole irripetibili, violente e disgustose quanto gli atti che ne sono seguiti, espressioni aberranti di menti distorte e malvage; i media propongono tremendi filmati (le immagini sono state riprese grazie a una microcamera) che ripropongono senza pietà le percosse e le angherie spaventevoli ai danni di questo adolescente, che sembra un agnello sacrificale sull’altare dell’odio, sventurato nell'incontrare sul suo cammino siffatti tristi figuri.
I miei occhi leggono, le mie orecchie ascoltano, eppure sono incredula, il mio cervello si rifiuta ancora e ancora di elaborare come reali questi accadimenti, che mi sembrano usciti dalla penna visionaria di Burgess, autore di Arancia Meccanica.
La prima parola che con evidenza schiacciante illumina i miei pensieri a riguardo è solo una: orrore. Un orrore fine a se stesso, un abisso tangibile e profondo che stordisce, annichilisce.
Subito però l’istinto lascia lo spazio alla ragione, che, nonostante io non sia una psicoterapeuta, mi suggerisce circa queste donne un’ipotesi di profondo disagio che sconfina nel disturbo mentale: delle persone preposte alla tutela di un minore in difficoltà che esprimono siffatte metodologie (che hanno poco da invidiare alle risoluzioni himmleriane) necessitano dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, di un sostegno immediato e permanente che le aiuti a non nuocere più al prossimo.
Due su tre di queste persone sarebbero agli arresti domiciliari, dopo aver pagato ciascuna 10.000 Euro (o una parte della cifra, le notizie in merito sono discordanti).
A quanto pare una delle due donne avrebbe indirizzato ai famigliari del giovane uno scritto in cui asserisce di aver fatto ciò che ha fatto perché sotto stress psico-fisico.
Eviterò di commentare, perché, come disse una volta Pasolini, rischierei di essere accusata di vilipendio se esprimessi quello che realmente penso, quindi mi auto-censuro.
Mi limiterò a pormi delle semplici domande: possibile che il personale su cui ricadono determinate responsabilità non sia sottoposto periodicamente a controlli che ne accertino la stabilità psico-fisica, che non ci si debba periodicamente anche solo presentare a colloqui in cui manifestare per tempo e in tutta libertà perplessità, titubanze, timori o cedimenti?
E ancora, è mai possibile che nessuno si sia accorto prima della tragedia in corso, della cieca brutalità celata sotto le ceneri pronta a scatenarsi con inaudita e incomprensibile ferocia in un ambiente che dovrebbe essere protetto?
A questo punto blocco il flusso continuo e doloroso delle mie riflessioni.
Il mio pensiero corre allora veloce a coloro i quali nelle scuole, nelle cooperative, negli ospedali, in tutte le strutture adibite con amore, pazienza, sensibilità e professionalità seguono ragazzi e adulti con disabilità gravi e meno gravi, che li aiutano a crescere giorno dopo giorno, grazie ai quali raggiungono traguardi sempre nuovi, cosicché i genitori e i parenti possano dormire sonni tranquilli.
Voglio pensare esclusivamente a loro. Solo così il male di vivere fa meno male.
Oppure è sufficiente pensare, disperatamente, come Montale, alla nuvola, al falco alto elevato.