Un giorno di pioggia, Zona Temporaneamente Liberata: Treviso, svegliati!
“Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. […] Pioveva intanto e passavano i giorni, i mesi […]”. Così si esprime Elio Vittorini in uno dei migliori incipit della Letteratura italiana, con la “L” e tutte le altre lettere che la seguono maiuscole, quello di Conversazione in Sicilia.
Queste parole mi sono tornate alla memoria quando sabato scorso, bloccata a casa da una tremenda influenza, per la serie “Anche le streghe languono”, ho seguito con interesse su Antenna 3 la telecronaca della manifestazione, sotto una pioggia battente, organizzata a Treviso dal Collettivo ZTL (Zona Temporaneamente Liberata) Wake Up, nata per (ri)accendere i riflettori sulla questione della mancanza di spazi di aggregazione in città per i giovani e per la cittadinanza in generale.
Tutto è cominciato il 27 dicembre, quando il Collettivo ha occupato l’ex Telecom, edificio inutilizzato sito in Via Dandolo. Questo il loro programma pre- e post la “liberazione” dello stabile (da me agilmente individuato consultando la pagina Facebook del loro gruppo): la riqualificazione dello spazio con ristrutturazione e disboscamento, l’organizzazione di seminari, laboratori, cineforum, concerti ed eventi. E la possibilità per i cittadini di ogni età di avere un punto di ritrovo, in cui sviluppare la socialità e la volontà di fare qualcosa di costruttivo.
Questo “slancio” si è trovato di fronte a un muro, non solo in senso metaforico: dopo circa un mese di occupazione infatti gli accessi alla struttura sono stati murati. Molte sono state le reazioni in merito, con annesso corredo di domande Matrioska, una dentro l’altra. C’è chi si è dichiarato pienamente d’accordo con lo sgombero, in nome della legalità: giammai sia occupato un edificio con simili artifizi, perbacco! Chi invece si è chiesto come mai si sia ricorsi così in fretta a codesta brusca risoluzione, quando sarebbe stato possibile sottoscrivere un accordo tra le due parti ai fini di un comodato d’uso. C’è chi si domanda “Perché non fare prima la richiesta per il comodato, allora, evitando l’occupazione”? O ancora chi si chiede perché mai un edificio dovrebbe essere gratuitamente affidato a codesti giovani. Chi si fa la domanda nella domanda: “Ma se l’edificio è inutilizzato, che vi importa della gratuità o meno del contratto?”. Per tornare così all’iniziale “Non contano le intenzioni, la legalità ha la priorità”. Il cerchio di interrogativi si chiude e apre nuovamente, nel frattempo il cane si morde la coda in continuazione.
E intanto gli edifici abbandonati, solinghi e cristallizzati fossili dalle finestre oscure come orbite vuote aumentano. Nel corso del corteo partito alle ore 15 dalla Stazione Ferroviaria e fermatosi alle 17 in Piazza dei Signori, vi sono state alcune tappe in cui i partecipanti si sono fermati e soffermati a meditare sul destino di queste strutture, prima fra tutte l’ex Provincia.
Apro una parentesi: quante costruzioni ormai “ex qualcosa” possiamo annoverare nel triste conto dei “caduti”? L’ex Questura. Il visse tra noi Inail. Il fu Centro Giovanile. Ma anche, qua e là, una manciata di cari estinti cinema. Fabbricati in alcuni casi obsoleti e poco sicuri, ma che facevano “vivere” Treviso, che oggi si sta inesorabilmente impoverendo, i cui servizi vengono decentrati. Gli uffici per così dire “delocalizzati” migrano da una parte all’altra della città.
Ancora: le attività chiudono, aprono nuovamente in un'altra via, oppure dove prima c’era la tua pasticceria preferita tre settimane dopo sorge il negozio modaiolo della nota catena vattelapesca. E questo processo non è mica iniziato “ieri”. Ricordo la (per me) traumatica chiusura anni or sono di Ricordi in Largo Totila con successiva apertura di DM. Gli esempi sono decine. Sempre più spesso perdiamo un baluardo nostrano per avere in cambio l'ennesimo "mattone" destinato alla "muraglia" dell'omologazione.
Non so voi, ma io trovo alquanto deprimente viaggiare da una città all’altra italiana o straniera che sia e trovare negozi identici, la medesima ristorazione, la stessa "qualsiasi cosa" in tutto il globo. C’è davvero l’impossibilità di mettere a frutto il proprio spirito di iniziativa, vuoi per la crisi economica, vuoi per la pressione esercitata dalle grandi catene che si fanno spazio a gomitate. Sono pochissimi coloro i quali hanno il coraggio di osare, di chiedere a gran voce un minimo di indipendenza, anche culturale.
In un clima simile è davvero fonte di speranza la determinazione di questi ragazzi, che secchi e scope alla mano hanno ripulito un edificio, lo hanno trasformato in una fucina di idee, organizzandovi assemblee, incontri, perché pensano che uno spazio dove crescere insieme e soprattutto pensare sia un sacrosanto diritto, non un’opzione e che la riqualificazione sia una risorsa preziosissima in questo momento di crisi. Ritengo necessario concedere questo agli studenti, ai giovani e ai cittadini, ancor più doveroso da parte delle istituzioni credo sia fornire tutto l'aiuto possibile affinché non siano messi in condizione di occupare abusivamente strutture abbandonate o di vagare come anime in pena alla ricerca di un porto sicuro.
La manifestazione del 2 febbraio, composta da mille partecipanti, in una Treviso blindata dalle Forze dell'Ordine per tenere sotto controllo eventuali tafferugli, si è svolta senza disordini, con compostezza. Da quello che ho letto sui giornali, il messaggio è forte e chiaro: questi ragazzi desiderano un confronto con l'Amministrazione Comunale. Per far sì che questi "astratti furori" si tramutino in concrete certezze, spero vivamente che lo ottengano.