Il gioco è bello quando dura poco
Videogioco, mon amour! Sono una degna rappresentante della Generazione Nintendo, io: quante ore ho trascorso a zompettare su paffuti “botoli”, acerrimi nemici di Super Mario (l’unico e il solo, diffidare dalle calcistiche e inutili “imitazioni”), quante sfere infuocate ho lanciato nei panni di cacciatrice di vampiri giocando a Castlevania, quanti pixel rossi ho contato in Prince of Persia quando il mio beniamino, con mio sommo disappunto, si spiaccicava su una distesa di spuntoni rimanendovi infilzato!
Che dire poi degli occhi sgranati fissi a oltranza sullo schermo e dei pollici consumati sul controller per completare Crash Bandicoot, mitico gioco per PlayStation: non si contano le spanciate virtuali finalizzate a distruggere le casse di legno con la speranza di trarne qualche beneficio, né gli stratagemmi adottati per acquisire tutte le sbrilluccicanti gemme e alfine debellare il “cattivissimissimo” Cortex. In un passato non così remoto ho tentato anche di approcciarmi ai vari (video)giochi collettivi di ruolo, quelli in cui bisogna allevare draghi et similia, per intenderci, salvo battere in ritirata dopo aver scoperto che pretendono più fedeltà e dedizione gli avatar dei Templari.
Non sarà superfluo sottolineare che l’unica cosa valga la pena perdere in questi frangenti è la pazienza, quando non si supera un livello. Perché sempre più spesso, anche attraverso i Social Network più in voga, al gioco virtuale si affianca una perdita di contante reale; per superare il tale schema del videogame di turno, magari dalla grafica innocua, colorata e accattivante, colma di orsacchiotti bonaccioni, stelline, cuoricini e chi più ne ha più ne metta, sempre più spesso compare l’opzione la cui morale possiamo così riassumere: “sganciare-soldoni-per-avanzare”.
La cosa davvero inquietante è che nella stragrande maggioranza dei casi è possibile spendere attraverso il credito del telefonino: compri tre fagioli magici, ti scalano tre euro. Pensate a tutti quei ragazzini incoscienti (ma anche agli incauti plurimaggiorenni) che possono cadere vittime di questi odiosi meccanismi.
Poco male, direte voi. Basta spegnere il computer e non pensarci più. Vediamo piuttosto cosa fanno in tivvù. Toh, in attesa che inizi il nostro programma preferito, “Panettone senza frontiere”, ecco la pubblicità del Casinò (con e senza accento va ugualmente bene) online del momento: frizzi e lazzi, l’onore(?) del rien ne va plus senza l’onere dello smoking. Perdi cifre da capogiro a casa tua in un click, comodamente in mutande.
La trappola insita negli spot televisivi è costituita dai messaggi subliminali che penetrano nelle nostre menti anche quando siamo distratti (il nostro cervello “dorme” giammai, è sempre vigile) e vi fanno attecchire la convinzione di dover soddisfare determinate esigenze di cui in realtà non abbiamo affatto bisogno: la custodia per lo smartphone in finto pelo di dromedario? La voglio! I doposci con minipimer incorporato? Devono essere miei! Il Casinò online? A me, a me!
Se questo bombardamento mediatico non bastasse, ecco i vari programmi incentrati sul Poker in tutte le sue declinazioni: è notte fonda, magari ti sei appisolato dopo aver guardato Ritorno al Futuro e ti svegli di soprassalto complice una voce fastidiosamente squillante che declama passo per passo le “imprese” di pacchiani individui celati da cappelli e occhialoni da sole che neanche le più ardite dive del Noir avrebbero mai osato sfoggiare.
Il riferimento al gioco d’azzardo salta fuori quando meno te lo aspetti: per quanto riguarda la partecipazione dell’ex Presidente del Consiglio a Servizio Pubblico, ecco l’inutile riferimento al fatto che i bookmaker avrebbero raccolto scommesse su una sua possibile fuga anzitempo dallo studio di Santoro (che puntualmente non si è verificata, regalandoci quasi tre ore di show con due protagonisti che farebbero le scarpe a Gianni e Pinotto).
A questo punto sarebbe interessante scommettere anche sulla natura del rivestimento della sua "capoccia": io stessa mi chiedo se si tratti di tempera o acrilico, certamente noto un’analogia con la monolitica “cofana” di Ken, il fidanzato eterno e plastificato di Barbie.
Il gioco d’azzardo è letale quanto la droga, il fumo e l’alcol. Non è concepibile che venga pubblicizzato in ogni dove come una bibita o un film. Ogni qual volta se ne parla o se ne scrive, bisognerebbe aggiungere a mo’ di chiosa un bel “Nuoce gravemente alla salute”. Dostoevskij avrebbe parecchio da dire in proposito, poiché lui stesso era un giocatore compulsivo. Se volete farvi una “chiacchierata” con lui, leggete Il giocatore, suo capolavoro praticamente autobiografico.
In questo periodo di crisi e disperazione, è fin troppo facile cadere fra le spire di questa piaga sociale, approdarvi come a un’ultima spiaggia e naufragarvi a tempo indeterminato. E in tutto questo c’è sempre qualcuno che si arricchisce, all’ombra o alla luce del sole, fedele all’espressione "homo homini lupus". La storia è sempre la stessa, purtroppo: “Lotteria-trecento-milioni: mentre il popolo si gratta, a dama c’è chi fa la patta”.