Animalismo di facciata : nuntereggae più!
Da qualche settimana a questa parte è tutto un pullulare di notizie animalier, collezione Primavera-Estate 2013 ma soprattutto Autunno-Inverno 2013/2014.
Con l’arrivo dei saldi la situazione è davvero peggiorata, non serve sottolinearlo. Ce n’è per tutti i gusti: dal caso della studentessa di Padova minacciata di morte per aver espresso il suo parere circa l’utilità della sperimentazione animale, a quello dei manifesti comparsi a Milano colmi di intimidazioni nei confronti dei ricercatori, corredati in taluni casi di foto, indirizzo e numero di telefono del “bersaglio”, passando per il blitz di altri sedicenti animalisti avvenuto ad aprile 2013, sempre a Milano, nel corso del quale sono stati liberati degli animali destinati alla ricerca.
Ciliegina sulla torta, l’A.I.D.A. & A. (l'Associazione Italiana Difesa Animali & Ambiente) si sarebbe scagliata contro Peppa Pig (devo ancora decidere se archiviare nei cassetti della mia memoria questa notizia alla voce “Provocazione” o “Leggenda metropolitana”), rea di mistificare la condizione suina et animale gettando fumo negli occhi degli ignari infanti, invitando pertanto i genitori a spegnere la televisione o a cambiare canale in presenza della suddetta.
Ahinoi, i siparietti ivi rappresentati sono laide menzogne, poiché il porcello si trasforma in salsicce e cotechini.
Dunque, stop ai cartoni animati edulcorati e via libera ai filmati sulle reali condizioni di queste bestiole destinate al macello.
Io tanto per garantire uno sviluppo psicofisico del fanciullo assolutamente corretto suggerisco anche una cura Ludovico a base di Pulp Fiction, Arancia Meccanica e Full Metal Jacket, tanto per far comprendere al pargolo che non è tutto Tot(oro) quello che luccica.
È lapalissiano che il popolo da sempre dotato di una spiccata sensibilità prêt-à-porter indossi questi capi di tendenza con estrema disinvoltura, quasi fossero creazioni di Vivienne Westwood.
E allora è tutto un commentare le notizie del giorno con frasi toccanti e poetiche, da scolpire nella memoria a mo' di pietra (che non sia ollare, o malnati, mi raccomando!). Fra i più fulgidi esempi di cotanti motti illuminati ricordiamo un preziosismo quale: "L’uomo è una m***a”. Al confronto di siffatta etica deontologica l’imperativo categorico di Immanuel Kant è davvero monnezza.
Condividere foto di poveri animali (soprattutto attraverso i social network, naturalmente) agonizzanti, dispersi e depressi è lo sport nazionale che ha soppiantato relativamente da poco il calcio: accedere a Facebook è come leggere il Bignami di Pet Sematary di Stephen King.
Per non parlare dell’immancabile raccolta firme per salvare, nell’ordine, ma non strettamente cronologico, il Fortunadrago di Fantàsia, le saracche delle Molucche e la tigre di Mompracem.
L’occasione è ghiotta e i tempi sono maturi anche per professarsi vegano, vegetariano o entrambe le cose, meglio se a tradimento.
Un classico esempio: “Buon Compleanno, amico mio carissimo. Perbacco, sono costicine quelle che vedo nella foto che hai postato? Sì? Ebbene, Cartaginesi, perseguitate con odio eterno la sua stirpe! Nascerà un giorno dalle mie ossa un vendicatore, che porterà la guerra tra le nostre genti. Scorrerà sangue infinito! Ancora auguroni di cuore e cento di queste guerre puniche, amico mio fidato!”.
Da un punto di vista strettamente antropologico possiamo delineare quattro macro categorie di militante alimentare: 1. Il pentito: “Ho partecipato a tutte le sagre della porchetta dai tempi di Diocleziano ma finalmente ho visto la luce”; 2. Il convertito: “Il Cugino Itt mi ha elencato le virtù dell’alimentazione fruttariana e grazie a lui adesso sono davvero un altro, porto anche i capelli lunghi pettinati sul davanti con sopra gli occhiali da sole”; 3. L’erede al trono: "La mia famiglia è vegetariana dall'era del Re Sole. Il re è morto, viva il re!”; 4. Lo schizofrenico, affetto dalla temibilissima sindrome di Harvey Dent: "Sono vegano duro e puro ma di mestiere vendo panini al prosciutto. Perché stai fissando la mia moneta?”.
Ma sto divagando, torniamo al nocciolo della questione. Orbene, io ritengo che non sia affatto corretto professarsi animalisti lanciandosi in accorate e accalorate invettive, con o senza mouse e tastiera, quando, tiro a indovinare, si possiedono gatti o cani sterilizzati in una manciata di metri quadri “Perché tanto gli animali si abituano”; non mi fido di chi afferma a cuor leggero: “Chi non rispetta gli animali non potrà amare i suoi simili”. Credo piuttosto che chi non rispetta i suoi simili non sarà in grado di amare gli animali.
Mi lasciano interdetta determinate frasi a favore della fauna ma sprezzanti nei confronti dell’uomo. Non dimentichiamoci di Socrate, Platone ed Epicuro, che hanno saputo coniugare l’amore per gli esseri viventi sia a due che a quattro zampe, perché nella mente e nel cuore c’è spazio per l’infinito, uomini e animali inclusi.
Per me vale di più l’istante in cui posso scorgere una bestiola addormentata sulla pancia del proprio umano sodale che decine di foto di animali disperati, condivise con freddezza e brutalità, senza uno straccio di riflessione.
Chi diamine ha stabilito che la sensibilizzazione deve passare attraverso immagini violente?
Perché gli articoli sono sempre corredati di foto a effetto? Perché mai quando si parla di cuccioli maltrattati o salvati compaiono immagini senza un contesto, senza una fonte precisa, che potrebbero avere una provenienza non esattamente cristallina e in parecchi casi non riguardano affatto il tema trattato ma sono state appiccicate lì in mancanza di altro?
E ancora mi domando perché mai le persone si debbano accapigliare, insultare, perfino maledire senza riuscire a esporre la propria teoria con serenità, soprattutto quando si trovano a commentare un testo online. Le teorie sono sempre quelle, gli improperi anche. Eppure continuo a meravigliarmi!
E allora, come un fulmine a ciel sereno, rifletto sul fatto che raramente sono rimasta sorpresa nel corso di una conversazione cartacea o vis-à-vis per via di una frase alla Evelyn Beatrice Hall: “I disapprove of what you say, but I will defend to the death you right to say”. Eh già, colpo di scena, la famosa frase da me citata non è affatto di Voltaire come la maggioranza delle persone crede, è una rielaborazione alquanto soggettiva del suo pensiero, tratta da The Friends of Voltaire del 1906 (ne approfitto per tessere le lodi de La Frusta Letteraria, attraverso la quale ho tratto codesta appetitosa chicca).
Una buona occasione, questa, per riflettere ancora una volta su una mia antica convinzione, ricevuta in dono da Eraclito: Polemos è padre di tutte le cose. La battaglia è un vero toccasana, specialmente quando ci si vuole distrarre, aggiungo io. Non importa quale sia l’argomento: il bricolage; il quindicidiciotto; il prosciutto cotto; il quarantotto: azzuffiamoci! E mentre il popolo si gratta… A dama c’è chi fa la patta…