Berlusconi e la Giornata della Memoria (corta)
“È difficile adesso mettersi nei panni di chi decise allora…”
[Silvio Berlusconi, 27 gennaio 2013]
“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:”
[Primo Levi, Shemà (Ascolta), 10 gennaio 1946]
“ …Certamente il governo di allora per il timore che la potenza tedesca si concretizzasse in una vittoria generale preferì essere alleato alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi…”
[Silvio Berlusconi, 27 gennaio 2013]
“Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.”
[Primo Levi, Shemà (Ascolta), 10 gennaio 1946]
“…E dentro questa alleanza ci fu un’imposizione della lotta e dello sterminio contro gli ebrei…”
[Silvio Berlusconi, 27 gennaio 2013]
“Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.”
[Primo Levi, Shemà (Ascolta), 10 gennaio 1946]
“…Quindi il fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un leader, Mussolini…”
[Silvio Berlusconi, 27 gennaio 2013]
“Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:”
[Primo Levi, Shemà (Ascolta), 10 gennaio 1946]
“…Che per tanti altri versi invece aveva fatto bene.”
[Silvio Berlusconi, 27 gennaio 2013]
“Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.”
[Primo Levi, Shemà (Ascolta), 10 gennaio 1946]
“Hurbinek era un nulla, figlio della morte, un figlio di Auschwitz. Dimostrava tre anni circa, nessuno sapeva niente di lui, non sapeva parlare e non aveva nome: quel curioso nome, Hurbinek, gli era stato assegnato da noi, forse da una delle donne, che aveva interpretato con quelle sillabe una delle voci inarticolate che il piccolo ogni tanto emetteva. Era paralizzato dalle reni in giù, ed aveva le gambe atrofiche, sottili come stecchi; ma i suoi occhi, persi nel viso triangolare e smunto, saettavano terribilmente vivi, pieni di richiesta, di asserzione, della volontà di scatenarsi, di rompere la tomba del mutismo. La parola che gli mancava, che nessuno si era curato di insegnargli, il bisogno della parola, premeva nel suo sguardo con urgenza esplosiva: era uno sguardo selvaggio e umano ad un tempo, anzi maturo e giudice, che nessuno fra noi sapeva sostenere, tanto era carico di forza e di pena […] Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero; Hurbinek che aveva combattuto come un uomo, fino all’ultimo respiro, per conquistarsi l’entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito; Hurbinek, il senza-nome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek morì ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole.”
[Primo Levi, La tregua, 1963]
Primo Levi, 1919-1987