Cercasi intellighenzia disperatamente: la vicenda di Erri De Luca
Ieri, 19 ottobre 2015, si è conclusa l’Odissea Erri De Luca, alfine assolto “Perché il fatto non sussiste” fra gli applausi dei rappresentanti del movimento No Tav che si trovavano nell’aula del Tribunale di Torino durante la lettura della sentenza.
Lo scrittore era sotto processo per una dichiarazione rilasciata all’Huffington Post risalente al 2013, in cui aveva invocato la necessità di sabotare la Tav: “La Tav non si farà. Non è una decisione politica, bensì una decisione presa dalle banche e da coloro che devono lucrare a danno della vita e della salute di una intera valle. La politica ha semplicemente e servilmente dato il via libera”.
La procura aveva chiesto 8 mesi di carcere.
In aula De Luca ha asserito di essere stato incriminato per un articolo del Codice Penale risalente al 1930: “[…] Se quello che ho detto è reato, ho continuato a dirlo e continuerò a ripeterlo. Sono incriminato per aver usato il verbo “sabotare”. Lo considero nobile e democratico. Nobile perché pronunciato e praticato da valorose figure come Gandhi e Mandela con enormi risultati politici, democratico perché appartiene fin dall’origine al movimento operaio e alle sue lotte: per esempio uno sciopero sabota la produzione. Difendo l’uso legittimo del verbo "sabotare" nel suo significato più efficace e ampio. Sono disposto a subire condanna penale per il suo impiego ma non a farmi censurare o ridurre la lingua italiana. “A questo servivano le cesoie”; “A cosa?”; “A sabotare un’opera colossale quanto nociva con delle cesoie”: non risultano altri insidiosi articoli di ferramenta agli atti della mia conversazione telefonica. Allora si incrimina il sostegno verbale a un’azione simbolica […] Concludo confermando la mia convinzione che la linea di sedicente alta velocità in Val di Susa va ostacolata, impedita, intralciata dunque sabotata per la legittima difesa della salute, del suolo, dell’aria, dell’acqua di una comunità minacciata. La mia parola contraria sussiste e aspetto di sapere se costituisce reato”.
A vicenda conclusa, il legale di Ltf, la società italo-francese dalla cui denuncia è partita la causa, ha proferito le seguenti parole, riportate dal quotidiano La Stampa: “Aspettiamo le motivazioni, ma essere arrivati al processo superando l’udienza preliminare significa che la frase di De Luca era equivoca” e poi ancora: “Resto dell’idea che in momenti di forte tensione sociale, come in quei giorni del 2013 in Valsusa, ci siano limiti da rispettare, a maggior ragione per un intellettuale le cui parole possono raggiungere molte persone”.
Questi confini a onor del vero vengono superati assai di rado in Italia tant'è che gli intellettuali nostrani non si sono espressi sulla vicenda.
Uomini e donne di cultura costantemente sotto i riflettori, coloro i quali solitamente si affannano a dire la loro su fatti che spaziano dal bosone di Higgs alla pummarola, non hanno proferito verbo in sua difesa (lo stesso Erri De Luca se n'è rammaricato affermando che la loro è "Un’assenza che si nota").
Che io sappia solo lo scrittore Mauro Corona si è dimostrato solidale nei suoi confronti, tanto da aver manifestato pubblicamente la propria opinione circa l’assoluzione attraverso Facebook.
Ma che fine hanno fatto riviste letterarie del calibro di La Voce o Solaria? Dove sono i libelli, i manifesti, le polemiche fra intellettuali che hanno infiammato il XX secolo? Chi potrà rimpiazzare degnamente uomini come Prezzolini, Papini o Montale? Dove sono le avanguardie dello spirito critico e/o le retroguardie del retropensiero? Possibile che la volontà di esporsi in Italia arda solo nel petto di Erri De Luca? Siamo nell’era dei blog, di Internet, qualsiasi cosa dura il tempo di un “clic”: tutto è fast, tutto è furious. Ma la furia intellettuale e il fervore culturale, il coraggio di dire “No” o “Sì”, chi li mette in campo? Siamo arrivati al punto di non ritorno: uno scrittore di 65 anni è costretto a subire un vero e proprio processo alle intenzioni senza che l'élite culturale muova un dito; nonostante tutto si batte e si dibatte, non cede di un millimetro e mantiene la sua posizione, invocando la libertà di opinione.
Esprimersi liberamente senza rischiare la galera non è un fatto che riguarda solo lui, ma tutti noi: tuttavia non è un argomento abbastanza interessante sul quale disquisire.
Perciò concentriamoci sulle domande che appassionano davvero l'intellighenzia del Duemila: in quale epoca vi sarebbe piaciuto vivere? Come dite, nel '42?!