Chi ha paura del Panevin?
Finalmente è arrivato dicembre, lo attendevo dal primo gennaio dell’anno passato, pensate un po’!
E, sono disposta ad ammetterlo con più candore di un fiocco di neve, nonostante, o meglio, specialmente in questa epoca high tech, touch screen e MP3, non vedevo l’ora di dare una liberatoria pedata simbolica alla spartana vita radical chic tanto strombazzata dall’iGeneration per “gustarmi” con l’adeguata atmosfera pacchianissimi alberi di Natale high, ipercalorici panettoni touch e vetustissimi 33 giri di Bing Crosby.
Ebbene sì, a me piace il clima natalizio, non solo quando nevica: lapidatemi pure con i vostri iPhone, uomini e donne del futuro! A dire il vero anche il periodo “epifanico” mi garba assai, con la sua calza gremita di folklore, falò incluso.
Immaginate dunque il mio sconcerto dinnanzi alla notizia Panevin = nemico pubblico numero uno: la Questura di Treviso infatti ha reso noto che i falò non potranno superare i cinque metri d’altezza (lo scopo è tutelare la salute dei cittadini scongiurando l’inalazione di fumi tossici), pena salatissime multe.
Ciò desta preoccupazione nei non pochi comuni da tempo orgogliosi custodi di questa tradizione, tanto che Domenico Presti, sindaco di Arcade, auspica che sia fatta un’eccezione per quanto riguarda i Panevin storici, per i quali 5 metri non sono ritenuti affatto sufficienti.
Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia si è schierato dalla parte dei sindaci, affermando di comprendere le preoccupazioni del questore Tommaso Cacciapaglia ma di essere altresì vicino alla comunità trevigiana forte delle sue tradizioni, con le quali è necessario non interferire: «Fatte salve le regole di sicurezza relative alla distanza del pubblico e alla presenza di estintori».
Secondo l’eurodeputato Andrea Zanoni il fatto che la Questura abbia imposto dei limiti è un atto dovuto, poiché: «Siamo costretti a vivere in una camera a gas in violazione della Direttiva Aria 2008/50/UE e siamo sotto procedura d’infrazione con una condanna della Corte di Giustizia UE pronunciata il 19 dicembre 2012».
La Pianura Padana è una delle zone più inquinate d’Europa e le sostanze tossiche sprigionate dai falò non farebbero altro che aggravare la situazione: «Oltre alle polveri, non solo PM10 ma anche PM2,5, questi falò liberano nell’aria pericolose quantità di diossina nonché altre sostanze inquinanti a causa della combustione di ingenti quantità di tralci di vite trattati con pesticidi e della grave abitudine di approfittare di tali fuochi per smaltire illecitamente ogni genere di rifiuto».
Senza contare le molteplici proteste dei cittadini costretti a chiudersi in casa per difendersi dai fumi.
A gennaio 2013 il WWF AltaMarca aveva reso nota l’alta emissione di inquinanti registrata il 5 e 6 gennaio 2012: la quantità di polveri sottili era pari rispettivamente a 142 e 229 microgrammi per metro cubo, quando il limite imposto dalla Direttiva 2008/50/UE è di 50 microgrammi, mentre l’ARPAV ha rilevato nella giornata del 6 gennaio 2013 medie giornaliere per metro cubo di polveri pari a 273 microgrammi a Treviso città, con un picco tra le 4 e le 5 del mattino di 679 microgrammi (abbiamo superato addirittura i livelli di Pechino, la città più inquinata del mondo).
Che la nostra situazione sia talmente disastrosa da obbligarci a presentare il conto anche al Panevin è davvero allarmante. Naturalmente il tradizionale rogo a dispetto della sua focosa indole è solo la punta dell’iceberg, ma che dico, la brina che imperla un filo d'erba rispetto a questo gigantesco concentrato di glaciale indifferenza che rischia di congelare irrimediabilmente l’ecosistema.
L’(IN)EDUCAZIONE ambientale la fa da padrona.
La “gente”, questo “mostro” senza volto dotato di un potere decisionale che spesso e volentieri sfiora l’autolesionismo ecologico, non si ferma affatto a riflettere sulle conseguenze delle proprie quotidiane e solo apparentemente banali azioni.
Il culto dell’automobile per esempio non è fra i più salutari per i nostri polmoni. Gli autobus non sono sfruttati dalla popolazione quanto dovrebbero, vuoi perché ne passano pochi e con orari limitativi, vuoi perché qui da noi a differenza di ciò che accade in altre città il bus è considerato un mezzo di serie B; le piste ciclabili decenti si contano sulle dita di una mano e spesso sono intermittenti come le luci natalizie: non te ne accorgi nemmeno e improvvisamente sei al centro di un incrocio a orologeria, dove pedali non ha importanza, rischi di saltare per aria comunque.
Aggiungiamo a questo triste impasto di oggettive difficoltà una buona quantità di pigrizia. Il risultato? La gente si asserraglia in macchina anche per percorrere 500 metri e le polveri sottili ci avvelenano l’esistenza giorno dopo giorno.
Un’altra parte in questo sconsiderato teatro ce l’ha la peste del XXI secolo, il temibile acquisto compulsivo che spinge le persone a saturare le proprie abitazioni di oggetti superflui, tecnologici o meno, che si spaccano quasi subito perché di pessima qualità o che ci vengono a noia perché dopo pochi mesi sono già sorpassati: si butta e si compra, si compra e si butta, nel frattempo i cassonetti straripano e gli inceneritori ci vomitano addosso tutto il nostro spreco.
Senza contare taluna o talaltra fabbrica, che non è certo nota per immettere nell’aere già maligno di suo essenza di gelsomino. Ciò considerato, non me la sento di puntare il dito contro il Panevin (gli scellerati roghi di chi approfitta di questo momento d’aggregazione per sbarazzarsi di rifiuti tossici sono tutt’altra cosa, sia ben chiaro), non me ne voglia l’Unione Europea.
C’è chi vorrebbe sostituire i falò con un rito simbolico, “ecological correct”, per così dire. C’è chi abolirebbe questa tradizione su due piedi, “chissenefregadiquestoinquinantefolkloreantieuropeowlambiente”. C’è chi ritiene insensato disquisire su temi di così scarsa importanza, dato il delicato momento storico… Quanti assennati pareri, perbacco, “Uno alla volta, per carità”, come direbbe Figaro! Bravi, bravissimi, fortunatissimi, per verità! Ma nel frattempo… Potete spostarvi un po’ più in là che non vedo bene la pira? Grazie!