E adesso attaccatevi al Trump!
Ho seguito il "carrozzone" delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America con una certa perplessità, per svariati motivi.
In primo luogo, non mi convinceva la natura stessa dei candidati al "trono”: da una parte, un pezzo grosso raccomandato, miliardario e guerrafondaio. Dall’altra, Donald Trump.
Ancora non mi capacito del fatto che le primarie del 2016 abbiano potuto sfornare due personaggi così ambigui.
Dico sul serio, possibile che su 325.127.000 di abitanti non ci fosse altra scelta che puntare sull’ex first lady più controversa della storia e sul magnate più discusso di sempre? Secondariamente, mi impensieriva la netta presa di posizione di Renzi, filo-clintoniano, praticamente l’unico leader, Obama escluso, ad avere garantito pubblicamente il proprio sostegno alla rappresentante dei Democratici, salvo poi salire con nonchalance sul carro del vincitore, congratulandosi con Trump per la vittoria e caldeggiando una solida amicizia fra Italia e Stai Uniti.
Tralasciando che un Capo di Governo a mio parere dovrebbe essere più cauto e circospetto nelle sue esternazioni internazionali (un: “Auspico che gli americani votino secondo coscienza” sarebbe stato più che sufficiente), mi meraviglia il fatto che un italiano possa nutrire la più completa e cristallina fiducia nei confronti di Hillary Clinton, che nel 2009, in qualità di Segretario di Stato (in quel periodo era totalmente assorbita dalla missione a stelle e strisce in Afghanistan), dichiarò di essere pronta ad ascoltare chiunque avesse dei dubbi in merito alla gestione italiana del caso Knox, condannata in primo grado a 26 anni di reclusione, dopo che la senatrice democratica Maria Cantwell espresse dei dubbi sulla sentenza di Perugia, a suo parere condizionata da “sentimenti anti-americani”.
Nel 2015 Amanda Knox e Raffaele Sollecito furono assolti, poiché secondo la Cassazione il processo ebbe un iter obiettivamente ondivago, le cui oscillazioni, però, furono la risultante anche di clamorose defaillance investigative o “amnesie” investigative e di colpevoli omissioni di attività d’indagine.
La sentenza sottolineò inoltre la mancanza di prove certe.
Si è però parlato anche di presunte pressioni, mai provate, da parte della stessa Clinton e più di una volta l’opinione pubblica italiana ha biasimato l’ingerenza dei mass media americani. Peraltro gioverà ricordare che anche Donald Trump si schierò a favore di Amanda Knox, tanto che nel 2009 i giornali riportarono la notizia della proposta del magnate di boicottare l’Italia fino al momento della liberazione della giovane.
Questioni italiane a parte, sia Trump che la Clinton sono stati sempre nell’occhio del ciclone.
Il magnate pluridivorziato in più occasioni è scivolato, o meglio, franato su affermazioni razziste e sessiste, è stato accusato di non aver pagato le tasse per vent’anni, di essere un pericolo per l’ambiente e un nemico del clima, nonché di aver molestato numerose donne.
Dal canto suo l’ex first lady fu investita dall’onda d’urto prodotta dai numerosi scandali sessuali di cui fu al centro Bill Clinton. Recentemente è stata accusata da Bernie Sanders, suo rivale alle primarie del Partito Democratico del 2016, di aver perso quelle del 2008 contro Barack Obama soprattutto a causa del suo appoggio, nel 2003, alla disastrosa missione in Iraq, osteggiata dal presidente uscente degli Stati Uniti (la stessa Clinton si è dichiarata pentita del suo voto).
Come se non bastasse è stata travolta dallo scandalo e-mail, che probabilmente ha dato il colpo di grazia alla sua già vacillante immagine.
Ora il popolo americano sembra essersi spaccato in due, c’è chi esulta e chi si strappa i capelli e manifesta scendendo in piazza contro Trump. Io da cittadina americana mi sarei inalberata ben prima del risultato delle elezioni, considerati i personaggi in lizza per la vittoria. Tralasciando i trascorsi burrascosi di Trump, mi sembra alquanto strano che proprio la moglie di un ex presidente si candidi per il medesimo “impiego”, così come trovo bizzarri i presidenti “figli di”, “parenti alla lontana di” e via discorrendo.
Ritengo che il “nepotismo” non dovrebbe trovare spazio in un contesto del genere.
E penso che nemmeno le cosiddette "celebrità" si dovrebbero intromettere cercando di influenzare i loro ammiratori, penso a Madonna, Cher e alla schiera di cantanti, attori e ”peracottari” vari che approfittano del proprio successo, cavalcando la Grande Onda della politica, solo per farsi pubblicità.
Il risultato è che simili ingerenze mediatiche, sgangherate e nient’affatto intelligenti, il cui nerbo è costituito da invettive, concerti di propaganda (dove manca poco che il nome del candidato preferito venga appiccicato con tanto di glitter sul didietro degli hot pants della star di turno), provocatorie proposte indecenti e lacrime, contribuiscono a rendere il tutto una farsa.
Ma del resto che la vicenda intera fosse da saga mediatica è stato chiaro fin da subito a Matt Groening, che in una puntata del 2000 de I Simpson predisse che il tycoon sarebbe diventato presidente… E adesso, come direbbe Bart, ciucciatevi il calzino! O meglio, attaccatevi al Trump!