(Im)mutatis mutandis: “Braghettone” Capitolino, collezione 2016
In queste ore ha suscitato non poco scalpore la notizia dell’inscatolamento delle meravigliose e ignude opere d’arte custodite nei Musei Capitolini, omonima Venere compresa, per non turbare il presidente iraniano (tuttavia pare che egli non abbia formulato alcuna richiesta in tal senso e che sia un fine intenditore di arte, quindi noi italiani avremmo commesso l’ennesima gaffe) in visita nel nostro Paese.
Dovete sapere che, ironia della sorte, la Venere Capitolina, copia dell’originale di Prassitele del IV secolo a.C. si fregia altresì del titolo di “pudica” poiché è intenta a coprire le sue nudità con dei gesti di grazioso raccoglimento, cosa che a quanto pare non è stata sufficiente a salvaguardarla dall’impietosa sentenza d’impacchettamento emessa da un improbabile Concilio di Trento 2.0 con smanie cubiste.
Renzi, Franceschini, il Gabibbo e Paolina Bonaparte hanno prontamente preso le distanze da cotanto zelo censore, dichiarandosi totalmente estranei ai fatti e prodigandosi per scovare i responsabili: avranno ingaggiato il famoso cacciatore di taglie Ralph Thorson per risolvere l'enigma? Chissà! Fatto sta che la ricerca è durata poco: la responsabile dell’accaduto sarebbe Ilva Sapora, capo del Cerimoniale di Palazzo Chigi, anche se la diretta interessata, contattata dal Corriere della Sera, ha preferito non rilasciare dichiarazioni alla stampa adducendo ragioni di etica professionale.
Ma io ho la netta sensazione che codesta signora sia il “Braghettone” della situazione (alias Daniele da Volterra, artista noto per aver coperto le pudende del Giudizio Universale dopo che il Concilio di Trento aveva condannato, fra le altre cose, la nudità nell’arte sacra), cioè colei che sì, si è prodigata a nascondere le statue, ma su iniziativa di qualcun altro.
E pensare che qui da noi, nel 2013, aveva destato clamore l’intenzione di dotare la copia del David di Michelangelo e quella della Venere di Milo rispettivamente di mutande e di scialle (le due statue erano state collocate in un parco della nipponica città di Okuizumo su iniziativa di un mecenate giapponese ma la loro nudità creava imbarazzo nella popolazione locale)!
Sarà stata l’accorata disamina di Sabrina Ferilli, la quale domenica scorsa ha dichiarato a Domenica In che portare le mutande unisce tutti i popoli del mondo, a ispirare i moralizzatori nostrani, i quali a quanto pare alla biancheria preferiscono imballaggi degni di un boiler?
Che cosa si potrà mai pensare di quella che dovrebbe essere l’élite politica e culturale italiana ma che a conti fatti se ne infischia dell’arte e quindi della sua stessa storia, che disprezza opere universalmente riconosciute e ammirate nel corso dei secoli a tal punto da considerare la straordinaria Venere Capitolina una peripatetica qualsiasi da coprire in tutta fretta e nel peggiore dei modi buttandoci sopra quello che capita?
La salute della civiltà e di una Civiltà la stabilisce il termometro dell’arte: ebbene, il nostro è da buttare.