Interruzione di gravidanza e obiezione in Italia: è legittimo scaricare la propria coscienza sulla pelle di una donna? Io dico di NO.
In questi giorni la notizia del concorso indetto dalla Regione Lazio rivolto esclusivamente a medici non obiettori (due posti come dirigente medico presso l’Ospedale San Camillo di Roma, disciplina Ostetricia e Ginecologia da destinare al Day Hospital e Day Surgery per l’applicazione della Legge 194/1978 – interruzione volontaria di gravidanza, peraltro già assegnati), che ha suscitato le ire della CEI e del ministro Lorenzin, mi ha fatto tornare alla memoria l’episodio della donna morta di parto a Catania nel 2016.
Il caso in questione è quello di Valentina Milluzzo, trentaduenne incinta di due gemelli deceduta poiché, secondo le accuse dei familiari, un medico obiettore di coscienza si sarebbe rifiutato di estrarre dal ventre materno uno dei due feti in stato di sofferenza dichiarando: “Fino a che è vivo, io non intervengo”; la donna, alla diciannovesima settimana di gravidanza, era stata ricoverata presso l’ospedale Cannizzaro di Catania il 29 settembre per una sospetta dilatazione dell’utero e il 15 ottobre era stata colta da febbre e dolori lancinanti.
Secondo quanto dichiarato dal primario di Ginecologia Paolo Scollo, il primo aborto, spontaneo, è avvenuto sabato alle 23:30; successivamente le condizioni della paziente sono peggiorate a causa di un’infezione e il secondo parto abortivo, indotto, è avvenuto intorno all’1:40 del mattino di domenica. La donna è morta il giorno successivo agli aborti probabilmente in seguito a sepsi.
La procura di Catania, come atto dovuto dopo la denuncia dei familiari, ha iscritto nel registro degli indagati dodici medici del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Cannizzaro.
Paolo Scollo ha dichiarato che i dodici medici in servizio sono tutti obiettori di coscienza ma che questo non ha alcun legame col caso in questione poiché non si è trattato di un’interruzione di gravidanza programmata (comunque possibile nella struttura) e quando c’è bisogno di un intervento urgente si opera e basta.
Non sarà superfluo ricordare che secondo la Relazione del Ministero della Salute pubblicata il 26 ottobre 2015, in cui si analizzano i dati definitivi del 2013 e quelli preliminari del 2014, prosegue l’andamento in diminuzione del fenomeno IVG (interruzione volontaria di gravidanza).
Nel 2014 per la prima volta le IVG sono state inferiori a 100.000, pari a 97.535 casi contro i 102.760 registrati nel 2013, con un decremento del 5.1% e un dimezzamento rispetto alle 234.801 del 1982, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia. Il tasso di abortività (numero delle IVG per 1000 donne tra i 15-49 anni) nel 2014 è risultato pari a 7.2 per 1000, con un decremento del 5.9% rispetto al 2013 (7.6 per 1000) e un decremento del 58.5% rispetto al 1982 (17.2 per 1000).
Il valore italiano rimane tra i più bassi di quelli osservati nei paesi industrializzati.
Considerando solamente le IVG effettuate da cittadine italiane, la riduzione per le donne italiane dal 1982 ha subito un decremento percentuale del 70.9%, passando da 234.801 a 68.382. Il numero totale delle strutture con reparto di ostetricia e ginecologia, a livello nazionale, risulta pari a 632, mentre il numero di quelle che effettuano le IVG è pari a 379, corrispondente al 60% del totale (era il 64% nel 2012).
Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza, a livello nazionale, nel caso dei ginecologi si è passati dal 58.7% nel 2005 al 70.0% (cioè più di due su tre) nel 2013. Nel caso degli anestesisti la situazione è più stabile, con una variazione da 45.7% nel 2005 a 46.5% nel 2013. Per il personale non medico si è passati dal 38.6% nel 2005 al 46.5% nel 2013. Percentuali superiori all’80% tra i ginecologi sono presenti in 8 regioni, principalmente al sud (Molise, PA di Bolzano, Basilicata, Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Abruzzo).
Secondo quanto indicato nell’articolo 9 della Legge 194/78, gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenute in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5,7 e 8. Il personale e tenuto a ricordare che (!): “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”. E meno male che c’è pure bisogno di specificarlo, aggiungo io! Ebbene, in Svezia, un medico non ha diritto all’obiezione di coscienza e gli specializzandi in ginecologia e ostetricia che ritengono l’aborto una mostruosità vengono indirizzati verso altre specializzazioni.
E ci mancherebbe altro! Cari medici coscienziosi, magari sprovvisti di utero perché di sesso maschile, cosa ne pensate delle donne che rimangono incinte in seguito a uno stupro, magari incestuoso? E in ogni caso chi siete voi per mettere la vostra coscienza tra una donna e la sua decisione, già di per sé dolorosissima, in tutti i sensi? Che cos’è la coscienza, poi? Non è un kg di pane, non è un etto di prosciutto, non è un litro d’acqua.
“Coscienza” è una definizione labile, soggettiva, non ci sono orizzonti precisi, non è una Stato che confina con un altro territorio. La vostra coscienza, che non è misurabile, perché mai dovrebbe imporre dei limiti all’altrui volontà, all’altrui coscienza, altrettanto immensurabile?
Un manifesto degli anni ’70 recava il seguente messaggio: “Di chi è la pancia di questa donna? Della chiesa? Dello stato? Dei medici? Dei padroni? No, è sua!”.
Possibile che dopo quarant’anni le stesse domande del Movimento Femminista risultino così attuali? Possibile che l’altrui giudizio debba interferire con l’altrui decisione anche in campo medico? Siete così “coscienziosi” da non poterne fare proprio a meno? Fate come gli svedesi, cambiate specializzazione, perché la parola "medicina" non deve essere sinonimo di corso accelerato di morale propedeutico al parto o all'aborto.
A proposito di etica, in questo Paese così idiota perfino la dissezione dei cadaveri a scopo di studio è quasi un tabù, tanto che in Francia, dal 1960, è possibile donare il proprio corpo post mortem per fini scientifici (fino al 2012 erano stati donati ben 50.000 corpi alle università), mentre i nostri studenti di medicina sono costretti a emigrare per perfezionare gli studi.
Aberrante, se pensiamo che siamo nel 2017! Secondo me tutto ciò ha a che fare con un'errata concezione della morte. Il trapasso qui da noi è visto come un’ignominia, tanto che è sempre più difficile accettarlo e si fa di tutto per respingerlo. Eppure la morte fa parte della vita e viceversa.
E mentre noi stiamo qui a disquisire su questioni di lana caprina, una donna intenzionata ad abortire è forse costretta a patire un’esperienza pari a quella delle Forche Caudine perché al dolore di una scelta senza ritorno si potrebbe aggiungere l’umiliazione di sentirsi giudicata, di soccombere sotto il peso schiacciante del “no” di un’eventuale obiezione.
Ma da donna sono io che dico a voi: NO. Tutto questo è inaccettabile in un Paese che si definisce “civile”.