L’arte (?) di accusare
In queste ultime settimane attraverso i mass media è tutto un accusare. Non che le cose fossero diverse per quanto riguarda i mesi, gli anni o i secoli addietro, eh: in questo Paese di Zola dalla memoria corta, infatti, l’attacco coriaceo che sconfina nell’insulto è una prassi radicata come l’uovo a Pasqua, ma a differenza di quest’ultimo non esiste il fattore sorpresa, bella o brutta che possa essere. Tutto finisce inevitabilmente in una bolla di sapone e non in una rivoluzione, anche solo morale: ci si scalda come tizzoni ardenti ma basta poco per dimenticarsi non dico la propria presa di posizione, ma anche la cagione della critica stessa.
I giornali, le radio e le tivvù “starnazzano” come nemmeno le oche del Campidoglio nel loro massimo giorno di gloria. Ma a differenza del nobile fine degli utili pennuti, ai giorni nostri lo scopo è solo uno: lo schiamazzo fine a se stesso. Volano ingiurie ed epiteti come coriandoli, nonostante Carnevale sia finito da un pezzo.
Grillo sarebbe un conclamato fascista o santone e i “grillini” novelli dittatorini o "scientologyni", almeno per la Minima Moralia feisbukiana. Sotto le mentite spoglie di Bersani ci sarebbe nientemeno che Gargamella, secondo lo stesso Beppe. I suoi elettori tanto per infierire un po’ non fanno che ripetere “Ci fosse stato Renzi, tutto questo non sarebbe accaduto!”, dimentichi del fatto che alle primarie Bersani non l’hanno certo scelto Darth Vader coi Sith, ma proprio loro.
Di Berlusconi se ne dicono talmente tante ormai che nulla può più stupire, c’è solo da aggiungere che i voti da lui ottenuti sono direttamente proporzionali agli insulti buscati: tipico degli italiani, che ricoprono chiunque di improperi e alla fine non solo lo votano con irritante sicumera, ma con un kit di coscienza pulita e sorriso a 32 denti, che nemmeno Dorothy/Judy Garland mentre canta Over the Rainbow potrebbe sfoggiare con pari candore.
Stessa sorte è toccata a Monti, il leitmotiv più in voga è “Piove, governo ladro!”. Alcuni sostituiscono la parola “governo” con “Vaticano”, un’invettiva sempreverde, questa, come le Catilinarie al Liceo.
Sul Papa se ne son dette e se ne dicono di cotte e di crude dai tempi che furono, a prescindere che si tratti di Pietro o di Rodrigo Borgia. C’è da dire che Twitter ha dato una mano a chi cercava la strada dell’insulto facile modello “souvenir” di colombo, tanto per rimanere in tema di volatili, solo che i piccioni, quelli veri, nella maggior parte dei casi sono più efficaci di certi follower : anche loro apparentemente sono anonimi e dopo aver fatto quel che devono fare volano subito via, solo che sporcano gli idoli, veri o falsi che siano, con meno di 140 caratteri e maggiore proprietà di “linguaggio”.
Ratzinger ne è un esempio concreto: durante il suo pontificato si era trovato sotto un fuoco incrociato di accuse e scandali, uno su tutti il famigerato caso Vatileaks, con relativa dose di insulti sui social network. Papi che vanno, domande che restano: l’eredità, non solo spirituale, ricevuta da Bergoglio è pesante come un macigno, la lente d’ingrandimento dell’opinione pubblica era puntata su di lui ancor prima di essere eletto.
Da giorni ci si sbizzarriva con il solito toto Papa, che puntualmente è stato sbaragliato da un’elezione che nulla aveva a che vedere con i pronostici. Sono iniziate le discussioni sul nome probabilmente scelto, poi sul nome effettivamente scelto. Reso pubblico il nome è subito scattata l’operazione “J’Accuse…!”, mediante lo svelamento di presunti scenari poco limpidi circa la condotta del gesuita ai tempi del regime militare argentino, con relativo corollario di smentite.
Conclave dopo conclave la Chiesa accusa un colpo morale ed editoriale dietro l’altro e lo specchio di tutte queste fratture è la crisi delle vocazioni, l’allontanamento dei giovani da una realtà che appare cristallizzata come un'antica foglia nell'ambra.
La popolazione come di consueto si scatena in una quadriglia di invettive high tech e la Chiesa per tutta risposta si nasconde come una tartaruga nella propria corazza: credo che l’elezione di un altro Papa ultrasettantenne sia un messaggio inequivocabile circa le future linee guida, che pur dovendo fornire delle risposte esaurienti su questioni sempre nuove, avranno immancabilmente quel non so che di passato remoto, tipico dell’indecifrabile aoristo greco. Ecco, non ho saputo resistere all'accusatorio fulmen in clausula e ci sono cascata pure io: 1 a 0 per Zola/Marziale.