Nacque… visse… …e si contraddisse!
Spesso e volentieri quando si parla di musica “tricolore”, taluni storcono il naso.
Codesti “taluni” naturalmente sono gli italiani stessi (gli stranieri apprezzano i nostri artisti più di noi, dovrei trovarlo curioso ma in realtà la cosa non mi sorprende affatto), spesso assai giovincelli: «Ah no, io non ascolto musica italiana!», rispondono con aria di beata (in)sufficienza. «Davvero? E cosa ne pensi, per esempio, del Banco?». Tipica risposta: «Ehm… !? … ?… ?!… ?».
Ebbene, non ascoltare musica italiana può significare tante (tristissime) cose: voler fare gli splendidi(?) che si nutrono solo di musica esotica (recitare questa parte oggigiorno ha un che di anacronistico, aveva più senso, che so io, nel ’68, quando realmente per scovare e ascoltare un gruppo ti dovevi fare un “mazzo” così perché YouTube non esisteva ancora e certi dischi erano introvabili); oppure autoinserirsi, per sport e con diletto in una minoranza allogena artificiale (una filosofia alla Tu vuo’ fa’ l’americano, tanto per intenderci); ancora, può voler dire non conoscere un’acca di musica classica. Più comunemente, si traduce nell’assoluta inconsapevolezza dell'esistenza di un vero e proprio mondo sonoro fra Gilberto Mazzi e gli Afterhours, il che, a prescindere dai motivi, è delittuoso.
Questa concezione volutamente lacunosa della musica nostrana ha fatto sì che la scomparsa di Francesco Di Giacomo, voce del Banco del Mutuo Soccorso, non abbia particolarmente scosso gli Under 30. O almeno questo è stato ciò che ho percepito io.
Pare che non ci sia più il desiderio di compiere un viaggio a ritroso nella memoria per imparare, confrontare e trarre nuovi spunti d’indagine artistica, tutto è circoscritto alla contemporaneità.
Si conoscono i gruppi di oggi e questo sembra bastare. “Francesco Di Giacomo, chi era costui?” mi è capitato di sentire esclamare più volte. Sui giornali le risposte a questo quesito sono poco illuminanti: 67 anni, Banco, voce caratteristica, rock, progressive, Orme, PFM. Ma c’è molto di più: i fervori antimilitaristi di Io sono nato libero, un evoluzionismo talmente vivo da essere figurativo narrato in Darwin!, l’Elio Vittorini di Garofano Rosso.
Il sodalizio con Vittorio Nocenzi fa sì che l’inquietudine degli anni ’60 e ’70 esploda con garbo, il garbo di una perizia musicale e testuale degna dei più nobili artigiani, che fondono musica classica, jazz e tante altre sonorità plasmando forme nuove.
«L’ispirazione è come la primavera, ti sorprende come una malattia, arriva come il mare, all’improvviso… E non sai mai da dove», su questo ho riflettuto quando ho sentito per la prima volta Canto di primavera del 1979, una canzone che a mio avviso è talmente evocativa da essere impressionista: un quadro dipinto con le note. Domenica sera ho visto uno speciale dedicato proprio a questa corrente artistica, sottotitolo Capolavori all’aperto: i pittori con cavalletto e tela sotto il braccio per cogliere l’attimo si inerpicavano sulle rocce, sfidavano il mare, gareggiavano con pioggia e neve.
Facevano a pugni con la ragione, in parole povere, pur di cristallizzare un raggio di sole o un bagliore invernale.
Lo stesso vale per certi cantanti, per certi gruppi. Di Giacomo cantava Sono la bestia: «Mille tempeste da annusare, fare a corse coi cani sopra la neve, impadronirsi di un momento per farlo durare un’eternità». E ancora: «Sono io la bestia, un sogno di libertà, un pensiero nero che fai e non dici mai […] sono un pugno in faccia che pensi ma non dai».
Siamo ben lontani dal connubio “cuore-amore” o qualcosa di simile che invade mestamente i testi delle canzoni odierne, distanti anni luce dall’immagine trash dei cosiddetti “cantanti” che pensano solo a destare scalpore con performance di pessimo gusto o che hanno più da dire attraverso trucco e parrucco che musicalmente parlando.
Per descriversi Francesco Di Giacomo ha usato queste parole: «Nacque, visse e si contraddisse». Della sua vita privata si conosce ben poco, tutto quello che c’era da sapere l’ha semplicemente scritto e cantato: «Perché volete disturbarmi, se io forse sto sognando un viaggio alato sopra un carro senza ruote, trascinato dai cavalli del maestrale?».
Sul sito ufficiale del gruppo possiamo leggere: «Ti aspetto per un brindisi»; giovedì 27 febbraio, a Zagarolo (Rm) chi vuole potrà brindare a Francesco Di Giacomo. «Non portare fiori, ma – se vuoi – aiuta Emergency che troverai in un punto di raccolta sul posto».
Questo è tutto, d'ora in avanti la musica parlerà per lui.
Certi album, o meglio, vinili, sono come macchine del tempo delle quali possiamo approfittare per comprendere il passato e vivere meglio il presente; altri sono invece dischi straordinari e si possono, metaforicamente, sfogliare come i grandi classici della letteratura: sono senza tempo.
Ecco perché alla domanda: «Che cosa ne pensi della musica italiana? », spero di udire la seguente risposta: «A dire il vero non ne so un granché, ma ho da poco scoperto il Banco del Mutuo Soccorso. Conosci Francesco Di Giacomo?».