Prego, vuol manifestare a Roma con me? Grazie, preferisco di no
In queste ultime settimane la sfera politica italiana mi sembra più surreale di quanto non sia stata negli ultimi 150 anni, la qual cosa è tutta un programma considerando che qui da noi la normalità, ma che dico, l’equilibrio in tal senso è un obiettivo più utopico dell’El Dorado.
Leggere i giornali mi provoca un malessere indescrivibile, guardare i telegiornali mi sconquassa ancora di più: le stesse grottesche notizie ogni sacrosanto giorno, la cronaca puntuale sempre uguale dei colpi bassi inferti dagli “onorevoli” ai colleghi.
E naturalmente le solite facce ormai caratterizzate come quelle dei personaggi della Commedia dell’arte: Pantalone, Balanzone e Truffaldino si alternano sulla scena politica e mi fanno tornare alla memoria quei burattini di cartapesta che si prendono a mazzate, poi spariscono, poi ritornano e alla fine dopo un grande inchino sono pronti per un nuovo spettacolo, venghino signori, venghino!
Fra il 19 e il 20 aprile i “saltimbanchi” della politica hanno raggiunto vette inesplorate (i loro canovacci dovrebbero veramente essere studiati dai comici di tutto il mondo) mentre le reti televisive praticamente unificate nella trepidante attesa del verdetto ci trasmettevano lo spettacolo in diretta.
Cinque interminabili scrutini di una monotonia senza pari, al confronto dei quali il mormorio dell’aerosol è la nona di Beethoven: Franco Marini, scheda bianca, Marini Franco, Stefano Rodotà, Rodotà Stefano, scheda bianca, Prodi, scheda bianca, Giorgio Napolitano. NAPOLITANO? Un momento! Fermi tutti!!! Ho sentito bene??? Beh, fortunatamente una manciata di giorni fa aveva affermato: “Farmi rieleggere? Una non soluzione!”. Possiamo stare tranquilli, allora. Sesto scrutinio? Napolitano Presidente della Repubblica, naturalmente, con 738 voti. "L'inciucio è servito!", gridano i giornali.
Orbene, analizziamo la situazione. Sia Marini che Rodotà, gli ex papabili, hanno da tempo passato l’età del Lupetto, inteso come giovane boy scout e non come maglione a collo alto. I più sagaci fra di voi lo avranno notato: sono entrambi del ’33. Ma Napolitano li surclassa, con lui abbiamo infatti una classe ’25. Per rendere l’idea vi ricorderò che quando è nato lui andava ancora di moda il mustacchio rampante alla Vittorio Emanuele III e il cinema era muto.
Sicuramente la classe, soprattutto una classe ‘25, non è acqua, ma la figura del Presidente della Repubblica in Italia è stata istituita nel ’48, perdiana! Già sulla carica in sé ho qualcosa da ridire, dato che a mio avviso in un paese scalcinato come il nostro il Presidente del Consiglio basta e avanza.
Ma se proprio lo dobbiamo eleggere perché ormai è una tradizione tutta italiana come la scampagnata a Pasquetta e Sanremo a febbraio, almeno fosse il popolo italiano a votarlo! Perché mai se ne deve occupare il Parlamento? I parlamentari mi ricordano tanto i Patres dell’antica Roma. Il Parlamento in particolare mi sembra ricalcato sul Senato romano della prima ora, che eleggeva il re ed era composto da patrizi le cui azioni erano dettate dalla volontà di mantenere intatti i propri privilegi.
C’è chi come Beppe Grillo ha definito questa elezione “un colpo di Stato”, invocando a gran voce manifestazioni di protesta contro l'inciucio. Il buon Beppe non ha perso tempo e ha chiamato a raccolta i suoi per una sorta di flash mob previsto a partire dalle 19:30 in piazza Montecitorio, operazione che i giornalisti non hanno esitato a definire impropriamente “marcia su Roma”. Facciamo un salto indietro nel tempo e nella storia, fine ottobre 1922: la marcia su Roma altro non era che un’iniziativa fascista volta alla conquista del potere mediante l’uso della forza e delle armi, una sorta di terribile presa della Bastiglia da parte di coloro i quali di lì a poco sarebbero entrati nelle Camicie Nere (1923).
A dir poco fuori luogo quindi fare gli spiritosi su un argomento del genere, tanto che mentre in tutta Italia il popolo si scapicollava per accorrere al suo richiamo, “O capitano, mio capitano!” avrebbe esclamato il buon Whitman in siffatto frangente, il Grillo furioso ha fatto precipitosamente marcia indietro: ieri non ha fatto in tempo a giungere a Roma se non nel cuore della notte mentre oggi alcuni funzionari della Digos gli avrebbero sconsigliato di prendere parte alla manifestazione spontanea in piazza Santi Apostoli per il timore di problemi di ordine pubblico.
Invero ha pure corretto il tiro definendo il bis di Napolitano prima golpetto, poi golpettino (istituzionale) furbetto (mancano solo delfino curioso e cavallo goloso, poi siamo a posto) e ha definito il raduno capitolino una passeggiata pacifica in una splendida città. Altro che passeggiata, il popolo ne ha davvero le tasche piene. Voleva manifestare con Grillo, niente da fare. Non si è potuto esprimere dove voleva, con chi voleva e a che ora voleva, diamine. 20 aprile, 19:30? Nononono, facciamo domani alle tre. Piazza Montecitorio? Piazza Santi Apostoli? No guardi, mi segua, direzione Colosseo, meglio spostarsi sa, non si sa mai. Perbacco, mi viene in mente un ritornello di Celentano… Ma leggermente modificato… Prego, vuol manifestare a Roma con me? Grazie, preferisco di no. Non manifesto col casqué, perciò… Grazie! Grazie, prego, scusi, tornerò.