S.O.S. settore Sociale
È davvero pazzesco. In questo scalcinato Paese si parla di tutto, ma quasi mai di ciò che è utile. E più argomento et argomentazioni sono miserevoli più ci si accapiglia con fervore e scorrono oceani di vanissime ciance: ne sono la prova le vacue settimane di inutili “Sorrentinarie”, in cui moderni Ciceroni si sono atteggiati a nobili principi del Foro con l’unico scopo di demolire La Grande Bellezza (quanta mirabile retorica sprecata, ahinoi!).
Si blatera e si scrive con regolarità ed entusiasmo, nell'ordine, degli accidiosi del XXI secolo, gli inquilini del Grande Fratello: fiumi di melmoso inchiostro che purtroppo nulla hanno a che vedere col poetico Stige di dantesca memoria; delle infinite crociate per salvare l’adorabile drago Smaug dall’imminente estinzione, nonché della dieta vegana che a detta dei più sagaci alchimisti ci farà raggiungere l’immortalità (in confronto a codesti scienziati Quèlo alias Corrado Guzzanti è un incrocio tra Einstein e Ippocrate); eppure se ci riflettiamo un attimo non sono teorie del tutto nuove: “Here we are, born to be kings, we’re the princes of the Universe!”, esclamava Freddie Mercury col beneplacito di Highlander già nei favolosi anni ‘80.
Ma i più attenti saranno riusciti a scorgere in mezzo a questa oscura pletora di fanfaluche notizie davvero sconcertanti e contraddittorie riguardo gli imminenti tagli della Regione Veneto nei confronti del Sociale.
Già il 13 dicembre 2013 la gravità della situazione era esplosa nel corso della manifestazione (voluta da Confcooperative Federsolidarietà Veneto) “Siamo il Sociale” al PalaFabris di Padova, in occasione della quale il governatore Luca Zaia era stato subissato di fischi non appena aveva asserito che la Regione aveva incrementato i fondi destinati ai non autosufficienti.
Il senatore del PD Giorgio Santini, componente della V Commissione permanete (Bilancio), in occasione della medesima convention avrebbe affermato che il principale nemico del sociale sarebbe il Patto di Stabilità: paradossalmente spendendo i soldi già stanziati la somma della spesa pubblica andrebbe fuori dal Patto, che fissa un rigido tetto tra la spesa e il prodotto interno lordo.
Il senso di preoccupazione cresce: “L’attuale oggettiva carenza di risorse lascia intravedere l’avanzare di preoccupanti segni di disinvestimento che, seppur motivato dal venir meno dei flussi economici del passato, sembra sottintendere anche una inversione di posizionamento culturale […] Purtroppo in questi ultimi anni si sta palesando il rischio di vedere sconfessato il faticoso lavoro di decenni, mettendo in discussione non solo la presenza di alcuni servizi, ma addirittura tutto il sistema e la cultura di riferimento che li giustifica”, questi i temi principali dei due seminari del 14 e 28 febbraio 2014 rispettivamente di Cittadella e Camposampiero dal titolo “Per un welfare dei diritti e delle responsabilità”, iniziativa alla quale hanno aderito il Consorzio La Rete, Federsolidarietà Alta Padovana, Incontro Sociale, Rete Maranathà, Consorzio Arcobaleno e la Cooperativa Altre Strade.
La Spending Review aveva previsto un fondo regionale per la non autosufficienza pari a 707 milioni di euro, riportato a 721 milioni di euro: sottolineo il termine “riportato”, poiché secondo una nota della FISH Veneto (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) la stessa cifra sarebbe stata stanziata per gli anni 2013, 2012 e 2011, risultando perciò inadeguata poiché non permetterà di garantire le prestazioni essenziali scaricando gli obblighi e i costi sui Comuni e sulle famiglie.
Ha destato grande scalpore anche l’approvazione da parte della Regione Veneto del “Progetto Aiutati”, “Per aiutare te stesso ad essere utile agli altri: un piccolo gesto per un grande servizio alla società”, costo 197 mila euro, proposto da Remo Sernagiotto, assessore ai Servizi Sociali in collaborazione con Piergiorgio Cortelazzo, consigliere disabile della Regione Veneto (Popolo della Libertà): in parole povere un disabile in auto, dopo aver parcheggiato, qualora avesse bisogno di aiuto avrebbe la possibilità di azionare mediante telecomando una luce rotante che gli consentirebbe di attirare l’attenzione della prima persona disposta a soccorrerlo.
E se in quel momento non passasse anima viva, mi domando io? E se il passante in questione fosse un malintenzionato? Non sarebbe più consona la presenza di un operatore qualificato in casi simili, visto che non tutti i cittadini, per quanto volenterosi, potrebbero essere in grado di sollevare una persona con grazia ed efficienza per posizionarla sulla sedia a rotelle? Si vuole forse insinuare che aiutare un disabile è talmente semplice che anche il primo che passa può improvvisarsi professionista in tal senso?
A quanto pare le politiche sociali regionali insieme alle Ulss mirano all’individuazione di misure alternative anche per quanto riguarda i C.E.O.D., ovvero i Centri Educativi Occupazionali Diurni (costo medio di un utente 100 Euro), almeno per quanto riguarda le disabilità meno gravi, per le quali si vorrebbero introdurre altri percorsi alternativi (costo medio di un utente 30 Euro) garantiti da 5 milioni di euro che non dovrebbero rispondere ai requisiti restrittivi della L.R. n. 22/02.
In mezzo a tutte queste proposte, ne avanzo una anch’io, da privata cittadina. Perché quando si tratta di iniziative di vitale importanza ("vitale" nel vero senso della parola) non si chiamano in causa i diretti interessati, o le loro famiglie, magari provincia per provincia? Per quale motivo non vengono consultati gli esperti del settore prima di prendere determinate decisioni? Chi meglio di costoro può dare suggerimenti, proporre migliorie e soluzioni alternative o addirittura illuminanti?
Sarebbe rivoluzionario anche perché una volta tanto si penserebbe all’individuo prima che ai bilanci. Almeno in certi casi, soprattutto per quanto riguarda quelli sanciti dalla Costituzione (Art. 3: “ […] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”), la parola “risparmio” dovrebbe essere l’ultima preoccupazione.
Ahimè, i fatti dimostrano che è sempre la prima.