Santo M., Jean Valjean o Umberto D.? Lo strano caso del sessantenne condannato a 7 mesi per il furto di tonno e formaggio
Di norma il gelo di fine autunno/inizio inverno mi rende più meditabonda del solito e in questo delicato periodo faccio davvero fatica ad assimilare determinate notizie di cronaca in cui mi imbatto mio malgrado.
Sono appena incappata nella lettura dello strano caso di Santo M., il pensionato (secondo alcune testate, disoccupato) sessantenne di Sanremo che il 30 novembre è stato colto in flagrante dalla vigilanza del Carrefour di Alassio mentre tentava di guadagnare l’uscita con 12 scatolette di tonno e 2 tocchi di formaggio.
Il malcapitato è stato denunciato e dopo regolare processo ha patteggiato 7 mesi di reclusione e € 250 di multa. Dinnanzi al giudice aveva ammesso di aver rubato per fame.
Ora, con una simile premessa è impossibile non pensare a Jean Valjean, condannato ai lavori forzati per aver rubato un tozzo di pane (Anno Domini 1796), le cui vicende sono narrate ne I Miserabili di Victor Hugo.
Nel suo caso, l’ex galeotto, aveva avuto la fortuna di incontrare il Vescovo della città di Digne, Myriel, che nel tentativo di redimerlo era perfino arrivato al punto di negare davanti ai gendarmi il furto di candelabri effettivamente commesso dall’eroe letterario, regalandoglieli.
Ora, possibile che nella vita reale del XXI secolo non si sia fatto avanti alcuno per porre fine ai tormenti giudiziari del senzatetto di Sanremo? Un politico, magari distrattosi per un secondo dalla contemplazione del suo scranno, o che so io, un facoltoso anonimo in vena di elargire strenne natalizie anzitempo? Oppure un misterioso uomo di Chiesa?
Ad Albenga dei carabinieri avevano pagato il conto a un disoccupato, sorpreso a rubare per fame: meriterebbero un monumento.
Perché i benefattori, di questi tempi sono rari, non parliamo poi dei Robin Hood, che si sono estinti come i Mammut.
Probabilmente la vigilanza ha agito per timore di perdere il lavoro, visto e considerato che i furti nei centri commerciali sono all’ordine del giorno, può anche darsi che l'ipermercato abbia deciso di usare il pugno di ferro anche per quanto concerne i reati per sussistenza (nonostante le tonnellate di cibo che notoriamente i supermercati avanzano e di conseguenza buttano) per scoraggiare i manigoldi, forse l’anziano avrebbe potuto rivolgersi alla Chiesa, alla Caritas o a qualche altra associazione benefica, eppure queste considerazioni non mi consolano affatto, nel senso che non riesco a vedere il pover’uomo come un delinquente che se lo è meritato.
Così come, a 16 anni, non sono riuscita a considerare solamente un ladro il ragazzo che maldestramente tentò di sfilarmi il portafoglio dalla borsa lasciata sbadatamente aperta e colto sul fatto da me che avevo silenziosamente assistito alla scena, mi indirizzò un tale sguardo di vergogna misto a orrore da farmi sentire più in colpa di lui mentre scendevo dal bus senza denunciare l’accaduto.
Così come non sono riuscita a considerare solamente un ladro il barbone che tanti anni fa sorpresi a infilarsi dei pomodori in scatola nella tasca interna del giubbotto e che non denunciai.
Così come non considero solamente ladri i personaggi meschini che si aggirano furtivi e con la disperazione negli occhi fra le corsie dei supermercati.
Certo, io non sono una vigilante e ho la possibilità di decidere quale risoluzione prendere (anche se parecchi privati cittadini che si credono gli eredi dello Sceriffo di Nottingham sono pronti a denunciare coloro i quali nascondono nelle tasche generi alimentari: se tu sei un privato cittadino fra questi e mi stai leggendo, sappi che ti detesto).
Io non sopporto i farisei e gli scribi così rigorosi nel far ticchettare le lancette della giustizia, anche sulla pelle di chi ruba per fame e lo ammette: mi fanno subitamente pensare ai sepolcri imbiancati pieni di ossa disprezzati da un antichissimo rivoluzionario che compirà gli anni il 25 dicembre.
Se mi soffermo a pensare al fatto che l’uomo condannato si chiama Santo M. e che lo hanno sorpreso a rubare in via Don Bosco, le mie aspre riflessioni si trasformano in amara ironia: alla faccia della carità cristiana evocata dai nomi in questione, si è verificato un atto tutt’altro che misericordioso.
Questo nome più iniziale, poi, mi fa pensare a Umberto D., il capolavoro di Vittorio De Sica, spietato e commovente ritratto di un pensionato indigente che cerca di sopravvivere con tutte le sue forze.
Ma in fin dei conti, a chi importa qualcosa di Santo M., Umberto D. o Jean Valjean? Non alle Nuvole, che “Vanno, vengono, ogni tanto si fermano e quando si fermano sono nere come il corvo, sembra che ti guardano con malocchio”.