Treviso, la raccolta differenziata e la sindrome del Marchese del Grillo
Io amo camminare tanto che spesso e volentieri ero solita percorrere le vie della città in cui sono nata, Treviso, col naso all’insù, vuoi per ammirare un affresco semidimenticato custodito da portici oscuri e polverosi, vuoi per perdermi in quel ritaglio di cielo azzurro o plumbeo che sovente incornicia un campanile o fa capolino tra gli alberi, conferendo al paesaggio cittadino carisma e sintomatico mistero, per dirla alla Battiato.
Tuttavia le mie poetiche fantasticherie hanno da tempo ceduto il passo a considerazioni ben più prosaiche a tal punto che il mio serafico trekking urbano si è trasformato in una sorta di esasperante ispezione sanitaria caratterizzata da sguardi bassi e talmente obliqui da far impallidire Carlo Conti.
Ovunque rivolga lo sguardo è tutto un pullulare di sordidi bidoni dell’immondizia, allineati al muro come sfaccendati qualsiasi.
Sovente questi contenitoracci stracolmi di pattume sono mezzi spalancati e offrono ai passanti uno spettacolo veramente indecoroso. E se questo “quadretto” infastidisce me (io mi imbatto quotidianamente e da mesi in cotanto panorama) figuriamoci cosa mai potrà pensare l’ignaro turista giunto in quel di Treviso per ammirare, che so io, Escher o El Greco!
Oltre alla lordura sopraccitata anche il semplice atto di buttare l'involucro di una caramella nei cestini comuni sparsi qua e là per la città diventa un’impresa poiché il più delle volte sono intasati da sacchettacci incastrati alla meno peggio da chissà quale troglodita e più ci si allontana dal centro città e più capita di vedere simili “amenità”.
Se girare a piedi è diventata una sventura finanche gli automobilisti se la vedono brutta: sempre più spesso, dai finestrini, capita di scorgere spazzatura che ha tutta l’aria di essere stata scaraventata sulla banchina stradale da un’automobile in corsa (sacchi chiusi ma anche lacerati e sconquassati, con il contenuto "spalmato" per metri).
Accanirsi su Contarina (società interamente pubblica diretta e coordinata dal Consiglio di Bacino Priula, che ne detiene la proprietà e che gestisce la raccolta in 50 comuni) sembra un gioco da ragazzi.
Senza contare che a novembre 2015, 20 lavoratori interinali sono stati lasciati a casa (come si può leggere sull’omonimo sito al 31/12/2015 Contarina S.p.A contava 633 unità complessive, fra lavoratori a tempo determinato e indeterminato), con conseguente polemica sugli elevati costi del servizio, considerato dai consiglieri dell’opposizione più caro rispetto a quello offerto in passato (ipotesi smentita dal direttore di Contarina, Michele Rasera).
Eppure, per quante manchevolezze possano essere attribuite al servizio in sé, l’inciviltà dei cittadini è lapalissiana ed è la prova che la maggiorparte di essi non dispone di un pensiero critico ambientale: i bidoni che tracimano, l’immondizia che costeggia le strade ma soprattutto la lattina buttata nel Cagnan dimostrano che per quanto efficace possa essere un servizio non può alcunché dinnanzi all’ignavia del singolo.
D'accordo, quella selva di bidonazzi è terribile da vedere e la periodica raccolta porta a porta è oltremodo problematica, senza contare che per quanto mi riguarda e come ho già scritto in passato sono un’accanita sostenitrice di quello che per comodità definirò "metodo Campitello di Fassa", che si traduce nel sistema “Pulsar Natur”: aggregati di 4/5 raccoglitori (organico, secco, carta, vetro/lattine e plastica) apribili mediante una E-Key, che vanno a costituire delle piccole isole ecologiche, in parole povere i cassonetti sono comuni ma se non hai il portachiavi col microchip non si aprono.
Ma le difficoltà e il malcontento non sono motivi validi per infischiarsene di qualsiasi regola del vivere civile.
Penso che l’unico modo di venirne a capo sia un intervento mirato nelle scuole poiché solo un’educazione ambientale impartita sin dalla più tenera età potrà sortire qualche effetto positivo in tal senso.
Sarebbe utile introdurre 2 ore alla settimana di Educazione Civica e Ambientale a partire dalla scuola primaria fino alla secondaria perché il rispetto è materia di studio non meno importante dell’informatica o dell’inglese.
Del resto Monsignor Della Casa, autore del Galateo, libello nientemeno che del XVI secolo, sostiene che le buone maniere vanno imparate il prima possibile poiché “La tenera età, sì come pura, più agevolmente si tigne di ogni colore”.
Anche se pare che attualmente sia più in voga la filosofia di vita del marchese, più che del monsignore, nella fattispecie quella del Marchese del Grillo: “Io so’ io e voi non siete un ca..o!"… E intanto i bidoni straripano!