Il pro bono che mi manca
Ci sto pensando da un po’, cerco di ricordare quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho fatto qualcosa pro bono.
Ci sto pensando da un po’, cerco di ricordare quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho fatto qualcosa pro bono. E non mi riferisco al pro bono nella vita reale, quello capita anche troppo spesso, mi riferisco al pro bono nella vita digitale.
Quanto tempo è passato, da quando ho fatto qualcosa per il gusto di farla?
Scritto un pensiero per il gusto di scriverlo?
Scattato una foto perché la volevo scattare?
Quanto tempo è passato, da quando ho condiviso un briciolo di conoscenza senza aspettarmi nulla in cambio?
Già il fatto di doverci pensare la dice lunga.
Eppure non sono sempre stato così e probabilmente nemmeno Internet era così, esisteva quel senso di comunità, di condivisione, di voglia di crescere insieme agli altri. Invece ad un certo punto delle nostre vite succede qualcosa di strano, più cresci e più ti ripetono che se sei bravo a fare qualcosa non devi farla gratis. Viene instaurato nelle persone quel senso di gelosia della propria conoscenza, ciò che si sa fare deve essere utilizzato a proprio vantaggio per spuntarla sul prossimo. Gelosi dei propri trucchi, del proprio modo di lavorare, perfino gelosi del nostro modo di pensare.
Il che è assurdo.
Provate. Prendete due persone e condividete la vostra idea, invitando poi quelle stesse persone a metterla in pratica. Nessuno dei due sarà capace di attuarla nel modo in cui lo fareste voi. Certo qualcuno di molto brillante potrebbe tirare fuori qualcosa di molto migliore, ma quante persone sanno fare quello che Steve Jobs ha fatto con il mouse?
Condividere un’idea la migliora, condividere una conoscenza aiuta qualcuno a risolvere un problema complesso, che per noi è banale. E forse dovremo ricominciare, ricominciare a fare qualcosa pro bono, con i nostri tempi, senza una scadenza o un programma, ma ritrovare il gusto e la passione che ci spingono a fare le cose nel modo migliore in cui siamo capaci, senza aspettarci un tornaconto.
Nel mondo digitale ho aiutato e sono stato aiutato, ho studiato e ho fatto studiare, ho scoperto e fatto scoprire. Non ho portato a casa denaro, ma quella sensazione, quella forma di orgoglio e di gratificazione non l’ho più trovata in alcun lavoro retribuito. E onestamente mi manca.
Un blog può aiutare a diffondere opinioni e idee. Parleremo del mondo digitale e della tecnologia in generale, cercheremo i suoi lati tecnici ma anche sociologici, proveremo ad avere una visione più ampia di questo meraviglioso mondo. Ci proverò perché amo farlo, “per il bene di tutti”, pro bono appunto.
Sergio
Bentrovato. Nel concreto, pro bono, che si fa nel meraviglioso mondo digitale per stroncare i propalatori di fake news? tipo che i vaccini danno l’autismo – o le scie chimiche – o il bicarbonato anticancro ? per non parlare di tutto il ciarpame che vien fuori quando si comincia parlar di politica?
Quanto è il “bonum” nel mondo digitale e quanto il “malum”?
Se permette un problema è cosa si vuole comunicare e un altro come si comunica. Anche il tacere è una forma di comunicazione e, sempre nella comuciazione, deve essrci il rispetto delle idee altrui per favorire il confronto.
Caro Michele, certamente tanto nel mondo reale quanto in quello digitale esiste una parte “buona” e una “meno buona”. Ecco il mondo digitale ha la caratteristica di dare parola a tutti e con questo, sia chiaro non voglio che le mie parole siano fraintese, si crea qualche problematica in più. Generalizzando molto il discorso fake news e inserendole tutte in un grande calderone, mi limito a dire che se una persona prende informazioni da certi siti, che già dal nome fanno storcere il naso, e non si prende la briga di verificare quello che legge, beh il problema ha un nome: ignoranza. Per quanto mi riguarda, il mio impegno è creare pensieri che possano essere verificati e valutati. Applicare il debunking ai temi citati, ha un senso e ci sono persone molto brave e competenti che già lo fanno. Il problema di base è che la persona che legge una qualsiasi storia di debunking, deve avere l’intelligenza di riconoscere che prima ha letto e spesso poi condiviso e difeso una notizia falsa.
Il problema è che una ampia fascia d’ utenza è facilissimamente abbindolabile. Ma anche la “elite” intellettuale è in realtà facilmente condizionabile.
Basta semplicemente che ad essa arrivino determinate informazioni e non altre. Ergo nel meraviglioso mondo digitale dell’ iperinformazione siamo in realtà meno liberi di pensare e di scegliere che in epoche precedenti.
Michele Bastanzetti lei pro bono dovrebbe evitare di scrivere, eviterebbe l’irritazione di molti.
Lei mi da occasioni per ritornare nel suo blog..
“Democrazia recitativa. “ Il povero italiano medio forse per sua natura tenderebbe a diffidare di questi piatti ambigui che gli vengono offerti dalla politica e dai giornali, dai talk-show e dai social, sospetta si tratti di avanzi, di rifritture, di sofisticazioni alimentari che portano la salmonella. Ma si guarda intorno, vede che nessuno protesta, e allora si rassegna, si serve a caso qua e là, si riempie anche lui il vassoio.”
Per esempio,scrive Emilio Gentile nel suo ultimo libro, “Chi è fascista”, denso com’è di riferimenti straordinariamente pedagogici – a proposito: bisognerebbe leggere di più e twittare di meno – che “il pericolo reale, oggi, non è il fascismo, ma la scissione tra il metodo e l’ideale democratico, operata in una democrazia recitativa”. “
Caro Sergio, ti capisco e seguo. La mia preoccupazione vista la siruazione in cui stiamo vivendo, è che chi meno ha anche per sue colpe, aspetti di rivecere gratuitamente in nome della solidarietà, benefici e non intendo solo di denaro.da chi ha di più e si dà da fare.Si tende, a mio parere, a intendere una società religiosa di uguali.
Caro Corvo, anche in questo caso non posso darti torto. Certo quello che dici è corretto e lo condivido, chi aspetta che siano i più volenterosi a cambiare le cose senza applicarsi, certamente non meritano nulla. Bello questo scambio di opinioni, ecco cosa intendo quando dico che la “condivisone” mi mancava. Grazie Corvo.
Tutto bello quello che dice. Lavoro di gruppo pe r la Società. Poi ci si corica, ci si sveglia si dovrebbe fare merenda colazione cena ma mancano i soldi per comperare gli alimenti e la società che ha usufruito del tuo pensiero, manco ti bada. Il merito non può essere gratis
Caro Corvo, come darti torto, il merito non può essere gratis, ma non vuole essere questo il mio messaggio. Chiaramente viviamo all’interno di logiche sociali, che non ci permettono di vivere in modalità pro bono per sempre e per tutto. Ma condividere un po’ della nostra conoscenza e del nostro pensiero, può aiutare qualcuno a scoprire qualcosa di nuovo. O in molti casi ha aiutato me a finalizzare un’idea o correggerla. Non nascondo che il mio ragionamento può anche essere alterato dal mio ambito lavorativo, per produrre contenuto multimediale in molti possono spiegarti la tecnica, ma nessuno ti può insegnare la creatività. A presto!
Visto che lei Sergio, cerca condivisione e confronto, le indico tre articoli letti questa mattina su http://www.simofin.com. 1 i nuovi Millenials, 2 Democrazia diretta, 3 Sul clima non sappiamo ancora tutto..
iNtanto un pensiero da un post di Magno su il Foglio:
“Una poesia (forse) di Bertolt Brecht recita: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, / e fui contento, / perché rubacchiavano. / Poi vennero a prendere gli ebrei, / e stetti zitto, / perché mi stavano antipatici. / Poi vennero a prendere gli omosessuali, / e fui sollevato, / perché mi erano fastidiosi. / Poi vennero a prendere i comunisti, / e io non dissi niente, / perché non ero comunista. / Un giorno vennero a prendere me, / e non c’era rimasto nessuno a protestare”. Questi versi si ispirano a un sermone del pastore protestante Martin Niemöller, pieno di sdegno per l’apatia degli intellettuali tedeschi di fronte all’ascesa al potere di Hitler “