A due a due
Non giungeremo mai alla meta ad uno ad uno, ma a due a due.
Se ci conosceremo a due a due noi ci conosceremo tutti
noi ci ameremo tutti e i figli un giorno rideranno
della leggenda nera dove un uomo è solo e piange.
Paul Éluard (1895-1952)
(traduzione libera )
Invidio questo poeta-filosofo per questi versi. Ha scritto in poche righe un trattato completo di filosofia morale. Una filosofia semplice, comprensibile da tutti, in tutti i luoghi e in tutti i tempi.
(Quaderno degli appunti 196o)
Vien da pensare Egr. senatore (rispondo a sua domanda, sotto) che il dissidio, la divisione, la violenza siano mattoni insopprimibili del dna umano così come la ricerca del dialogo, della unità, della pace. Il mix che ne deriva dà origine alle particolari pagine di storia; e non c’è verso che si possa eliminare una di queste componenti umane. O forse si, con l’affinarsi della ingegneria genetica?
Ps: Oltre al Pax hominibus ricordiamo che lo stesso Nazareno ebbe a dire: “Credete che io sia venuto a mettere pace sulla terra? no, vi dico ma la divisione” (Lc.12,51)
Dr. Bastanzetti, la sua audacia intellettuale mi sorprende. Lei contesta al Nazareno di essere in contraddizione. Qui il discorso si fa tremendamente serio. Avrei qualche idea sul punto ma le chiedo di darmi tempo per riprendere la conversazione perché qui rischiamo come dicono i cenedesi “de inderegar al vesper” (di sollevare un vespaio)
Noi del zentro Zeneda Alta diciamo ” inZeregár”! inDeregár è usato invece nelle zone rurali. Lei, senatore, mi è prorio simpatico.
Dr. Bastanzetti, la mia madrelingua è quella “dei scorzet da Zeneda”, appresa negli anni ’40 del secolo scorso in Borgo “Moneghe”, Via Cinzio Cenedese (!!!). Le posso assicurare che la dizione corretta originale è “in-d-eregar”. Ho visto nel Dizionario di Emilio Zanette che esiste anche “in-z-eregar. Ma credo che la contrada Moneghe abbia autorità gerarchicamente superiore alle altre. Deve considerare che la Cattedrale – la chiesa in cui il Vescovo di Ceneda (!!!) tiene la sua cattedra – si trova a circa 600 metri. Devo quindi far valere, in questa materia, la mia autorità di “scorzet” o “zarlatan”.
Con l’occasione, la ringrazio per l’espressione di simpatia che ricambio volentieri.
InZeregàr etimologicamente richiama ad inZender (bruciare) che ben s’attaglia all’ “incendiar vespai”. E risuona di quell’ accattivante e un po’ snob zenetismo cenedese. Peraltro vedo che anche il Zanette conferma che “inDeregarse” è forma rurale, non Zeneda-Zentro!
Ps: bell’ argomento per “alleggerire”…
Lo Zanette effettivamente scrive “rur.” accanto a “ind-d-eregar”. Ma, come le dicevo, la dizione corrente corrente negli anni 40-50-60 del secolo scorso, secondo quanto sentivo con le mie orecchie, era questa. Lo era nel Borgo Moneghe che non può essere classificato “borgo rurale” in quanto prossimo alla Cattedrale, la quale si trova indiscutibilmente nel punto centrale della Città di Ceneda – oggi chiamata Vittorio Veneto- e dell’intera Diocesi omonima. Ad ogni modo può darsi benissimo che le due dizioni coesistessero sia nelle zone centrali che in quelle rurali. Non ne faccio ovviamente una questione di principio, ma di “legittimo” campanilismo. Sull’etimologia della parola non mi pronuncio. Concordo sulla funzione di alleggerimento delle divagazioni linguistiche.
Senatore Pizzol, Bastanzetti del SAC è un SAC. Questo la dice lunga su chi è Bastanzetti del SAC.
Secondo me Eluard non l’ azzecca. Uomini e donne soli che piangono non son certo una leggenda ma una realtà che sfocia spesso in tragedia. Alla meta, poi, (ed al Giudice Supremo per chi crede) é evidente che ci si arriva da soli. Ma la solitudine non è sempre una maledizione. Anzi, Egr. senatore, a saperla vivere ed equilibrare con la “compagnia” , è occasione di crescita.
Dr, Bastanzetti, non capisco perché lei parta spesso lancia in resta contro una tesi qualsiasi. Il pensiero di Eluard, se lei ci riflette sopra un momento, non è molto diverso dal suo. Il poeta dice appunto che nell’epoca presente (la sua e anche la nostra epoca) gli uomini – donne comprese – soffrono di solitudine: trovano difficoltà a capire e ad essere capite, ad amare e ad essere amate. E a questo punto ha un’idea, che io personalmente trovo convincente. Egli lancia questo messaggio. Se tutti ci incontriamo a due a due, ci mettiamo uno di fronte all’altro ci possiamo capire tutti, ci possiamo amare tutti. Possiamo stare bene tutti in compagnia gli uni degli altri. Va sottolineato che il primo passo è questo: una singola persona si mette di fronte ad un’altra persona. I passi successivi sono poi tutti uguali al primo, ma dopo un certo numero di passi ogni persona sarà “in compagnia” con tutta l’umanità. Tutta l’umanità vivrà nella concordia. La solitudine sarà vinta definitivamente. La meta è appunto questa “concordia universale”. Io direi che questa meta è quella che nel Vangelo viene chiamata il Regno di Dio. Questo Regno, secondo un’interpretazione del Vangelo, potrebbe essere costruito già sulla terra. A me sembra un’idea affascinante.
Egr. senatore, io non parto “lancia in resta contro qualsiasi tesi”. Esprimo il mio pensiero in modo civile sintetico e direi efficace. Che poi… il motore del dialogo è la diversità dei punti di vista; che dunque va apprezzata. Ricalco dunque che la “ricettina” di Eluard per la felicità e la pace nel mondo mi pare molto superficiale. Anche un fiantìn stucchevole.
Il messaggio di Eluard riprende un messaggio molto più antico che è stato espresso con queste parole: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Lei è libero di dissentire, Dr. Bastanzetti, io sono libero di dire che questo messaggio merita il il più alto apprezzamento.
Guardi,senatore, che io non dissento affatto dall’ augurare la pace sia hominibus bonae voluntatis, sia a quelli di volontà meno buona. Certo se questo augurio, dopo 2000 anni, è stato suggellato da lager e gulag e dalle bombe atomiche sganciate su civili inermi…beh… vien da pensare.
Posso chiederle cosa le viene da pensare?
Senatore, chiedere al SAC cosa pensa è una domanda retorica.