E in terra pace agli uomini di buona volontà
Perché no?
Una decina di anni fa acquistai in una libreria specializzata in libri religiosi “IL NUOVO TESTAMENTO – VANGELI E ATTI DEGLI APOSTOLI” Paoline Editoriale Libri – 1997.
Qualche tempo dopo, consultando il celeberrimo passo del Vangelo di Luca 2,14 mi trovai di fronte a questo testo:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”
Le parole “agli uomini che egli ama” mi risultavano assolutamente incredibili. Io ricordavo di aver sempre letto e sentito pronunciare dalla Chiesa cattolica in tutte le sedi solenni e non solenni: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”
Presi in mano immediatamente il mio vecchio testo (regalatomi da un mio caro amico seminarista) EVANGELIA QUATTUOR GRAECE ET LATINE – SEI 1955. In Lc. 2,14 lessi:
a) In latino: Gloria in altissimis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis.
b) In greco: Δόξα ἐν ὑψίστοις θεῷ καὶ ἐπὶ γῆς εἰρήνη ἐν ἀνθρώποις εὐδοκίας. (traslitterazione approssimativa: Doxa en hupsitois theo kai epì ghes eirene en antropois eudokias)
Il testo in latino non presentava dubbi e poteva essere tradotto in italiano soltanto con: “e in terra pace agli uomini di buona volontà”
Poi aprii il mio vecchio vocabolario di greco e provai a tradurre il testo b).
La parola chiave era “εὐδοκίας” (eudokias).
Non sono un esperto traduttore o filologo, ma volevo provare a tradurre personalmente. Il vocabolario così definiva eudokia: benevolenza, volontà, volere. Il vocabolo eu in greco è un avverbio che notoriamente significa bene.
Dunque una traduzione strettissimamente letterale di tutto il passo potrebbe essere questa: Gloria nelle parti più alte (del cielo) a Dio e sulla terra pace negli (tra gli) uomini di volontà buona (o anche che vogliono il bene; o anche ben intenzionati).
In conclusione la traduzione dal greco in latino ad opera di San Girolamo, per quanto si poteva capire consultando il dizionario, era ineccepibile.
Nello stesso tempo mi risultava ancora più difficile capire per quale motivo gli autori del testo su citato del 1997 avevano tradotto il passo in questione con le parole: “pace in terra a coloro che egli ama”.
È notorio che San Girolamo (347- 420), era un profondissimo conoscitore sia del greco che del latino e che fu incaricato della traduzione dei Vangeli dal Papa.
Ciò osservato, da oltre dieci anni sono alla ricerca di qualche esperto che mi spieghi i motivi della modifica del passo del Vangelo in questione.
Non credo che gli autori della traduzione abbiano operato alla leggera e tuttavia sento la necessità esporre loro, sinceramente, l’opinione che la loro traduzione mi sembra davvero inopportuna e, oserei dire, fuorviante rispetto al messaggio evangelico di cui parliamo.
Non si tratta di un problema di linguistica o di filologia, si tratta del problema dell’interpretazione autentica del messaggio fondamentale del cristianesimo contenuto nelle frasi di cui parliamo.
Sul punto osserverei.
I)
Le schiere degli angeli che appaiono ai pastori nei pressi della capanna dove era nato il Salvatore annunciano per la prima volta il messaggio pronunciando le parole riportate nel versetto Lc. 2,14: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. (per la vecchia traduzione)
Secondo il modestissimo parere di chi scrive, il messaggio è rivolto a agli uomini di buona volontà di tutto il mondo senza distinzione di credo, di nazionalità, di condizione sociale o personale.
Né poteva essere altrimenti se si pensa che in quel momento nessuno era “cristiano” in quanto la predicazione di Gesù doveva ancora attendere trent’anni. Ma in questa estensione del messaggio a tutti gli uomini di qualsiasi “nazione” sta anche la peculiarità del cristianesimo rispetto all’ebraismo. L’ebraismo è una religione che vuole restare circoscritta ad un solo popolo (il popolo eletto di Israele). Il “nuovo messaggio” appare invece rivolto fin dall’inizio a tutti gli uomini.
Si tratta di un messaggio che parla contemporaneamente di buona volontà e di pace. In base ad esso è possibile sperare che gli uomini potranno vivere in un mondo in cui regna la pace come risultato di un agire conforme a “buona volontà”.
La buona volontà diventa così la premessa della nuova fede. “Buona volontà” e “buona fede” sono in definitiva sinonimi. Ed è facile passare dal concetto di “buona fede” al concetto di “fede buona” (e giusta).
Naturalmente quelle sopra esposte sono opinioni personali del tutto discutibili e criticabili. E tuttavia a chi scrive sembra che esse trovino una conferma in un testo che si richiama proprio al rapporto fra buona volontà e pace. Mi riferisco all’ enciclica “Pacem in terris” di Papa Giovanni XXIII. Questo documento al paragrafo conclusivo recita: “Infine per tutti gli uomini di buona volontà, destinatari anch’essi di questa nostra lettera enciclica imploriamo dal sommo Iddio salute e prosperità”.
II)
La traduzione nuova: “Pace in terra a quelli che Dio ama” oltre a risultare non conforme (a nostro parere) alla lettera e al significato enunciato nel testo del Vangelo in lingua greca rende il messaggio di significato ambiguo e forse anche fuorviante.
Qualcuno potrebbe interpretare l’annuncio degli angeli come augurante la pace “soltanto agli uomini che Dio ama”. E con ciò potrebbe pensare che, già al momento della nascita del Salvatore, sussiste una divisione dell’umanità in due categorie: quella degli “uomini che Dio ama”; e quella degli “uomini che Dio non ama”.
Secondo questa interpretazione gli uomini che si ritengono appartenenti alla prima delle due categorie potrebbero sentirsi “in guerra” con gli appartenenti alla seconda. E qui non può non venirci in mente quel pensare che ha concretamente causato una serie guerre spaventose che hanno preso il via dal motto: “Dio è con noi”.
Non diremo che questa interpretazione sia inevitabile e tuttavia ci si consentirà di osservare che le parole non la escludono.
Ribadiremo che tutto quanto sopra esposto è soltanto opinione del tutto discutibile, anzi discutibilissima. Ma proprio per questo ci si permette di chiedere che una discussione sia aperta.
Premetto che non ho studiato il greco (a me e a mio fratello, talvolta nostra madre scherzando diceva: «Voi siete dei sottosviluppati che hanno “fatto” lo scientifico.»!).
Sul web leggo i novatori postulare – inoltre – che la dizione nuova è da intendere nel senso che Dio ama tutti gli uomini non solo perché Sue creature, bensì in modo… indiscriminato secondo che essi abbiano o no «bona voluntas» (non inficiata – ovviamente – dal fatto che «[perfino] il giusto pecca sette volte al giorno»): anche da parte di Dio, discriminare non è “politicamente corretto”, e neppure “ecclesialmente corretto”!
Premesso che – dal punto di vista del significato – le proposizioni relative si distinguono in determinative («gli uomini che Dio ama» e soltanto quelli) e appositive («gli uomini, che Dio ama»: tutti), i novatori – in realtà – intendono trattarsi di una proposizione appositiva. Di conseguenza trovo sia da aspettarsi, entro un certo tempo, tra «gli uomini» e «che Dio ama», di vedere una virgola e udire che è “opportuno” operare una pausa.
Gentile Onofrio Sperandeo,
mi dispiace che lei non abbia voluto entrare nel merito del mio discorso. Lei attribuisce a me un’interpretazione del passo evangelico (Lc 2,14) che non è mia, ma è quella di San Gerolamo. Un’interpretazione ufficialmente approvata dalle Autorità della Chiesa cattolica a partire dall’anno 400; mai mutata e mai messa in discussione fino al 1990 (circa), quindi per 1600 anni.
La frase “Pace in terra agli uomini di buona volontà” è sempre stata recitata quella parte della Santa Messa che viene comunemente chiamata il “Gloria”. La frase stessa è riportata nelle opere delle arti figurative (si veda l’immagine di copertina di questo articolo) per oltre millennio e mezzo.
Le sue critiche pertanto lei le deve rivolgere non a me, ma a San Gerolamo e anche a San Giovanni XXIII. Il quale ultimo, ispirato dall’interpretazione in parola, ha scritto l’enciclica “Pacem in terris”. Un discorso rivolto, per l’appunto, agli uomini di buona volontà di tutto il mondo. Un discorso che, a mio modestissimo parere, gli uomini di buona volontà – di qualsiasi fede religiosa o ideale – giudicano della massima importanza ed efficacia per la realizzazione della pace e della concordia in tutte le regioni della Terra.
Mi spiace essermi espresso forse in modo troppo conciso.
• Premetto che con «novatori» ho inteso appellare i fautori della dizione nuova, e a me pare “scontato” che l’appellativo abbia una connotazione spregiativa.
• Ho preso le mosse con «inoltre» ed espresso che – rispetto a ciò che Lei ha scritto (e che condivido toto corde) – temo un peggioramente: da «gli uomini che Dio ama» a «gli uomini, che Dio ama» (con la virgola).
• Tra l’altro ho scritto: «anche da parte di Dio, discriminare non è “politicamente corretto”, e neppure “ecclesialmente corretto”!». Mi pareva e continua a parermi di evidenza meridiana che queste parole sono di sarcasmo nei confronti di quelli che ho appellato «novatori». Se non è così, mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!
Gentile Onofrio,
le chiedo sinceramente scusa. Non avevo compreso l’ironia del suo discorso. Ora ho capito che lei prende posizione a favore dell’interpretazione di San Girolamo. Il mio errore nell’interpretazione del suo pensiero non è perdonabile, ma merita, spero, la concessione di un’attenuante. Da circa una decina d’anni non sono riuscito a trovare qualcuno, tra gli esperti o i non esperti interpretazione delle sacre scritture, che condividesse la mia critica (laica) agli “innovatori” del testo. Quindi la mia risposta al suo commento è stata impulsiva e rivolta ad un obiettivo del tutto sbagliato.
Ora comunque constato con soddisfazione che lei la pensa come me. L’errore ha quindi prodotto qualcosa di buono. Quindi sia lei che io difenderemo assieme le ragioni “ecumeniche” di Girolamo e di Papa Roncalli. Ragioni che valgono oggettivamente (anche se gli innovatori non lo vogliono riconoscere) per tutti gli uomini di buona volontà.
Colgo l’occasione per ringraziarla sentitamente per aver partecipato alla discussione su questo tema di vitale importanza per la convivenza pacifica, un tema che in questo momento storico è di particolare attualità.
Un cordiale saluto.
Scrivo qui perché è impossibile altrove.
La ringrazio dell’ultima risposta: sono lieto che il malinteso sia chiarito.
• Ritengo di aggiungere un’argomentazione a favore di san Girolamo, da me scoperta proprio ieri. Ne «Le secret complet de La Salette» si legge: «[…] Dieu aura soin de ses fidèles serviteurs et des hommes de bonne volonté. […]» (https://www.vaticancatholique.com/le-secret-complet-de-la-salette/); nella versione italiana: «[…] Dio si occuperà sempre dei suoi più fedeli servitori e degli uomini di buona volontà. […]» (https://www.lalucedimaria.it/la-versione-integrale-del-terribile-segreto-rivelato-dalla-madonna-alla-salette/).
• Da non teologo ma da uomo della strada penso che le parole della dizione odierna (senza virgola!) avrebbero senso se intese come conseguenza di quella tradizionale. In altre parole, chi sono gli uomini che Dio ama? Sono quelli di buona volontà.
Cordiali saluti
Gentile Onofrio,
grazie per questo nuovo contributo che dimostra come la traduzione degli “innovatori” sia poco sostenibile sul piano logico (prescindendo ovviamente dal piano teologico sul quale per altro né io né lei abbiamo mai voluto entrare). Questa traduzione infatti può avere un senso compiuto solo se, dopo un’acrobazia lessicale, diventa uguale a quella proposta dal traduttore originale. Tanto valeva mantenerla tale e quale col suo significato chiaro e universalmente comprensibile. Leggerò attentamente il materiale che mi ha segnalato e ne riparleremo certamente quando affronteremo il tema in altri articoli
L’articolo, ottimamente strutturato, mi ha imposto uno studio “matto e disperato” alla ricerca della migliore risposta da dare all’acuta questione posta dall’Autore
Occorre precisare alcune cose fondamentali: 1) i vangeli sono una predicazione fatta dagli Apostoli, orale, alle comunità nascenti nel mondo allora conosciuto; 2) Ciò implica che la predicazione non sia una “registrazione pedissequa” delle parole di Gesù, ma il “buon annuncio” della Sua parola e del suo insegnamento. 3) Col tempo, ogni comunità conservava una trascrizione della predicazione che, spesso, non coincideva con tante altre .4) Per tale motivo il pontefice Sisto V chiama Girolamo a fare una prima raccolta dei testi sacri, affinchè tra il popolo vi fosse una comune lettura della Parola.
A questa prima raccolta si rese necessaria tutta una serie di revisioni dovute al fatto che gli amanuensi, specialmente nel medio evo,. commettevano errori di calligrafia (al punto che il Figlio diventò la Figlia).
Con l’umanesimo e il rinascimento, con l’avvento del luteranesimo, nel concilio di Trento, pur dando peso alle opere e alla libertà dell’uomo, si cercò di andare incontro alla visione più trascendentale dell: annuncio che consiste nell’amore che il Creatore ha per le sue Creature.
Su questa scia vi sono state molte fasi di sincronizzazione del testo alla trasformazione dei tempi, fino all’ultima del 1994.
Tale spinta fu data negli anni settata dalla demitizzazione dei testi sacri che come risultato fornì la traduzione interconfessionale dei vangeli e di tutto il nuovo Testamento
A conclusione, nel confermare quanto il dott. Pizzol afferma, personalmente aggiungo che la frase “agli uomini di buona volontà” è restrittiva solo a coloro che operano azioni buone (buona volontà); la versione odierna implica tutta l’umanità che Egli ama; la pace annunciata dagli angeli è un dono di Dio a tutti gli uomini che (perchè) in quanto sue creature Egli li ama, senza distinzione
Spero di avere dato una minima spiegazione che contribuisca ad ulteriori discussioni
Gentile Alberto,
intanto la ringrazio per aver avuto il coraggio di affrontare un tema che “fa tremar le vene e i polsi” e per aver fornito a me e ai lettori interessantissime informazioni sull’esegesi dei testi evangelici.
Per rispettare le finalità di questo blog la discussione sul tema deve naturalmente restare aperta.
Le prometto che replicherò al suo discorso in un prossimo e apposto articolo dedicato al tema della “buona volontà”. Tema che, le anticipo, sarà trattato – come meglio si addice a questa sede – dal punto di vista “naturale” più che dal punto di vista “teologico”, che pur aveva dato lo spunto occasionale all’articolo di cui sopra.