Guido, i’ vorrei
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:
e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.
Parafrasi. Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io fossimo presi da un incantesimo e posti su una navicella, che esposta al vento in qualsiasi direzione, andasse liberamente per il mare secondo i nostri desideri. E ciò avvenisse in modo tale che la sorte o le avversità atmosferiche non ponessero nessun ostacolo. Anzi, avendo noi la medesima intenzione, crescesse continuamente la voglia di stare assieme. Vorrei che il buon mago che ha operato l’incantesimo mettesse con noi donna Vanna (amata da Guido) e donna Lagia (amata da Lapo) e quell’altra di cui non dico il nome – che è nominata nel libro delle trenta donne più belle di Firenze – (amata d me).
E vorrei che noi non dovessimo fare altro che parlare d’amore. E che ciascuna delle fanciulle fosse contenta, così come certamente saremmo contenti noi.
(N.B. Si tratta di un modestissimo omaggio del sottoscritto a Dante nel 700° della morte con la trascrizione di appunti del 1959. Non garantisco della correttezza filologica della parafrasi.)
In fondo Dante si riferisce a quella piccola patria personale a cui in altro luogo facevo riferimento. Non ci si fida degli uomini in genere, ma delle persone che sanno coltivare l’interiorità, che esprimono sinceramente ciò che sentono. Con quelli con cui si sperimenta affinità si condividono le esperienze più significative che si misurano più secondo l’intensità che la quantità. E’ l’amore ricevuto e dato che dà sostanza alla vita. L’amore ricevuto e dato resta dentro di noi.
Credo che dobbiamo distinguere tra il pensiero e il sentire di Dante espresso in questo sonetto e le suggestioni che esso può suscitate in ciascuno di noi. In questo componimento (che credo sia uno di primi) io vedo l’atteggiamento spensierato e gaudente di un giovane di buona famiglia che si rivolge agli amici più stretti, di pari rango sociale, colti e un po’ scanzonati. La loro “patria ideale” è, in quel momento, l’amor cortese (con riferimenti impliciti ma abbastanza evidenti all’amore terreno).
Ben diverso il pensare e il sentire del Poeta nella Divina commedia. In questo caso troviamo un uomo carico di risentimento verso la “patria reale”, Firenze. Una patria a cui Dante si era dedicato con forte amore civile, esponendosi in prima persona. Una patria in cui ora la fazione avversaria, politicamente vincente, non si è accontentata di estrometterlo dal governo e di cacciarlo in esilio, ma lo ha processato e condannato a morte per reati infamanti quali la baratteria (concussione-corruzione) e la pederastia. Qui il discorso dovrebbe diventare ovviamente molto più lungo sia in riferimento Dante sia in riferimento alle suggestioni che possono essere prodotte in ciascun lettore dall’opera. Per quanto riguarda la persona di Dante mi permetta di farle notare che il mio articolo del giorno 9 giugno scorso, nel quale riportavo il dispositivo della sentenza in questione, ha trovato un solo commento (che è entrato solo parzialmente nel tema del rapporto fra giustizia e politica ai tempi di Dante e ai nostri). Ciò mi dà lo spunto per pensare alla scarsa sensibilità degli italiani (anche di quelli di cultura medio-alta) per i problemi del vissuto umano (non solo per quello di Dante). Quei problemi che, a ben guardare, sono la vera fonte della poesia sia essa in versi che in prosa. L’uomo Dante con la sua sofferenza viene ignorato e tutti i discorsi sulla sua arte e sul suo pensiero, in questo insensibile paese, diventano “retorica” nel senso deteriore del termine (ossequio ipocrita). Naturalmente anche questo discorso deve essere sviluppato più ampiamente.
Credo di aver colto comunque il senso del suo discorso sulla “piccola patria”. La parola chiave anche in questa materia, a mio parere, è una sola “sinceramente” (sincera mente ossia con mente sincera). E per ora mi devo fermare qui.