I quattro novissimi
Catechismo della dottrina cristiana. I quattro novissimi.
1) Morte, 2) Giudizio, 3) Inferno, 4) Paradiso.
Con la parola “novissimi” si indicano le “ultime tappe” del destino dell’uomo come voluto da Dio fin dall’inizio della creazione.
La parola “novissimo” è presa dalla lingua latina e nel Catechismo indica una realtà definitiva e assolutamente irreversibile; una realtà che dopo la conclusione della vita terrena resterà “sempre nuova” per l’eternità.
A ben guardare, i novissimi, per ciascun uomo, sono soltanto tre. Perché il Giudizio può decidere soltanto o per l’Inferno o per il Paradiso.
Che i novissimi siano e debbano essere pensati come le verità più importanti per la vita di ogni singola persona è fuori discussione.
(Appunti su un quadernetto tenuto su richiesta del sacerdote insegnante di Catechismo nel 1951 -anni 9 -)
Egr. Prof. sta scherzando? mai pensato di interrompere il discorso, ma inibisce che esso si limiti ad un duetto. Dunque, da lei sollecitato…le confermo mia potente co-formazione cattolica e conseguente gratitudine a chi me l’ha trasmessa. Il Vangelo è il miglior libro io abbia mai letto. Sulla questione “Novissimi”: 1) la morte è l’unica certezza che abbiamo sin dalla nascita; aggiungo che è l’unica cosa democratica in dote alla umanità. 2) gli altri tre Novissimi sono indimostrabili da chiunque. Una delle mie direttive dice: di fronte ad un problema vedi anzitutto di sfrondarlo. Per questo trovo non strategico porsi domande e perder preziosissimo tempo su questioni rispettabilissime ma indimostrabili (esclusa la morte) come i Novissimi. Che poi anche sulla morte, in verità, che c’é da chiedersi? decide tutto lei…
Molto bene, le dico apertamente che aderisco in pieno alle sue tesi sul tema dei “novissimi”. Resta il fatto che se lei tra il 1951 e il 1961 avesse fatto queste affermazioni avrebbe ricevuto una dura ed espressa condanna da parte delle autorità ecclesiastiche le quali la avrebbero additata come nemico della fede. Convengo con lei anche sul fatto che siamo solo in due a discutere di un tema della massima importanza e che ciò inibisce la voglia di discutere Mi permetta di esprimerle il mio apprezzamento per la sua franchezza espressiva. Sto pensando che anche oggi affermazioni come le sue non siano ben tollerate dalle autorità ecclesiastiche. Meglio per lei, che vive in un’epoca più fortunata della mia.
Ora, visto che le nostre idee coincidono per quanto riguarda i novissimi, le faccio notare che questa coincidenza è, se non una prova, un indizio della validità della teoria di cui dicevo sopra. Vi sono pensieri (concetti, idee) che sono “Universali”.
P.S. Sia gentile, Michele Bastanzetti, non usi più nessun titolo. Qui io non sono e non voglio essere Prof. sono un semplice viandante in cerca di verità.
A ‘ sto punto non so più come chiamarla. Può andare: Signor Giorgio? Certo in altri tempi, pur avendo vinto diversi diplomi a Catechismo (mitico don Raffaele), sarei segnalato alla Inquisizione ma non intendo certo criticare la Dottrina, impegno oltretutto inutile. Poi guardi che la nostra concordanza, visto anche che cozza contro la ortodossia, dimostra casomai che su questo argomento NON esiste una idea universale.
Come le dicevo, caro Bastanzetti, tra il 1951 e il 1961, chi affermava la tesi di cui sopra – sulla quale entrambi concordiamo – si trovava, sic et simpliciter, espulso dalla Chiesa cattolica ossia “scomunicato”. E questo fatto comportava, come lei può ben capire, problemi di un certo peso sia sul piano psicologico individuale sia sul piano delle relazioni sociali. A quanto mi sembra di capire, lei non ha incontrato questi problemi. Dico dunque che lei vive in un’epoca più fortunata della mia. E ne sono contento per lei.
Ricapitolando i discorsi precedenti risulta che sia lei che io giudichiamo soltanto il novissimo “morte” come vero e certo, mentre gli altri vanno giudicati come non dimostrati e non dimostrabili.
La morte dunque appare noi due come una verità indiscutibile e condivisa da credenti o non credenti nella dottrina cattolica (o in altre dottrine o filosofie o ideologie). Appare quindi come una verità indiscutibile per tutti, una verità “universale”. C.V.D.
Desidero chiarire che, pensato quanto sopra, io considero comunque pienamente legittimo (per lei, per me e per chiunque) revocare in dubbio ciò che appare vero a tutti e cercare di confutare la tesi o cercarne altre prove. Per ora m fermo qui.
(Mi chiami come ho fatto io con lei: con nome e cognome o solo col cognome. O anche come pare meglio a lei, le ho già detto che non ne faccio una questione di principio)
In verità vi dico che l’ unico dei novissimi assolutamente certo é la morte. Perché arrovellarsi sugli altri?
Questo commento mi sorprende. Io credo che la dottrina in questione meriti di essere studiata e meditata con la massima attenzione, per tanti motivi. Ad esempio per capire la Divina Commedia. N.B: Dante dopo questo discorso la collocherebbe dritto all’Inferno tra gli epicurei, “che l’anima col corpo morta fanno”.
Senz’ altro la Dottrina merita di essere studiata, egr. Senatore.. E potremo forse mai dire di non essere tutti cristiani, pur con gradazione e coerenza variabilissima e cangiante nel tempo? Resta il fatto che solo la morte è certa, dei novissimi. Gli altri tre sono questione di fede. Rispettabili sempre; ma pure indimostrati e indimostrabili.
Ps: non sto a ricordarle dove Dante sbatté certi politici a lui antipatici….
Caro Bastanzetti, le dirò subito che sono perfettamente d’accordo con lei nel pensare che la morte è il più certo ed evidente dei novissimi per tutti gli esseri umani.
Detto ciò, non credo che possiamo liquidare una dottrina che ha due millenni di storia dicendo – come fa lei – che sugli altri tre non ha senso arrovellarsi. Io parlavo di questa dottrina riferendo ai lettori che essa è stata alla base della formazione della mia visione del mondo quando ero fanciullo (70 anni fa, ahimè!). Su di essa io mi sono molto arrovellato fin da quell’epoca e mi arrovello tuttora impegnando quanto meglio posso tutte le mie risorse intellettive. E non considero affatto questo “arrovellamento” tempo perso. Anzi, penso che esso sia stato utilissimo per lo sviluppo successivo della mia visione del mondo.
Mi permetta di esprimere l’opinione che chi non si è formato arrovellandosi (riflettendo seriamente sulla dottrina in questione) si trova in grande difficoltà nello sviluppo della sua personalità e nel capire il mondo e la storia.
Colgo l’occasione per farle notare che il fatto che sia lei che io concordiamo nel pensare che la morte è comunque “certa” è un elemento di prova della tesi della tesi (o teoria) che ho esposto più volte. La tesi secondo la quale esiste un MINIMO COMUNE PENSARE ossia un pensare “universale” valido in tutti i tempi, in tutti i luoghi per tutti gli esseri pensanti in qualsiasi condizione culturale o sociale.
Ora le chiedo un favore personale. D’ora in avanti vorrei che lei non si rivolgesse a me chiamandomi Senatore. Lo scopo di questo blog, come ho detto fin dal primo articolo, è quello di instaurare una conversazione amichevole fra persone che desiderino scambiare liberamente e serenamente le loro opinioni su argomenti diversi senza riferimenti alla storia personale di ciascuno.
Le ricordo che il mio mandato parlamentare è cessato nell’aprile del 1992. Le faccio presente, in ogni caso, che non ho nessun problema a sottopormi al giudizio suo e di chiunque sul mio operato nelle pubbliche istituzioni locali o nazionali in un pubblico dibattito.
Su Dante e i suoi giudizi torneremo in una prossima occasione.
Questa solo per dirle, Prof., che ho usato l’ appellativo “Senatore” col massimo rispetto. Ci son dei titoli che valgon per sempre, come quello di sen. Io ad es. vinsi il corso per Maestro di Sci Nordico nell’ 81 e resto tale per sempre Se crede puó chiamarmi Maestro!
Caro Bastanzetti, mi dispiace che lei non abbia voluto continuare il discorso sul tema della dottrina cristiana e del minimo comune pensare. Mi permetta di insistere nel chiederle di sviluppare le sue opinioni sui temi in questione. Sono convinto che lei abbia la preparazione culturale e l’intelligenza che fanno al caso.
Io vorrei sperare che, prima o poi, si possa instaurare, sia con lei che con altri interlocutori, un confronto serio e impegnato (pur senza pretese accademiche) capace di produrre risultati soddisfacenti per tutti i partecipanti alla conversazione.
Sulla questione dell’uso dei titoli, provo ad essere ancora più chiaro. Volevo dire in sostanza che in una conversazione amichevole, quale vuole essere questo blog, l’uso dei titoli mi sembra fuori luogo sia in riferimento al sottoscritto che altri interlocutori. Ma non ne faccio una questione di principio. Come vede, io ho smesso di chiamarla “Dr” proprio per instaurare questo clima confidenziale. Resta fermo in ogni caso il principio del rispetto reciproco.