Perché litighiamo?
Se tutti siamo d’accordo che è meglio andare d’accordo piuttosto che litigare perché litighiamo?
Dai sette anni in su mi sono posto questa domanda. Ne ho cercato una risposta in tutti i libri che ho avuto occasione di leggere. Non sono riuscito a trovarla.
I pazienti lettori di questo blog forse mi potrebbero aiutare.
Credo che il litigio nasca dal desiderio di imporsi e imporre le proprie idee.
In casi estremi il litigio è accettabile in altre no. Tenterò di spiegarmi.
Litigare su una tesi che si può “matematicamente” dimostrare alternativamente vera o falsa non lo trovo accettabile. Così come litigare attorno ad una evidenza scientifica (che non è la Verità, però…) Con i “negazionisti” è inutile litigare, meglio istruirli, con pazienza.
Ci sono questioni, soprattutto se riguardano il futuro, che non hanno una risposta esatta a priori oppure potrebbero avere più risposte di “second best” ugualmente accettabili e rispettabili. In questi casi sarebbe sufficiente discutere, senza litigare.
Io credo sia corretto litigare (meglio se con metodi gandhiani9 nel momento in cui una data tesi implichi il sicuro sacrificio dei diritti fondamentali degli individui a sicuro vantaggio di uno o di pochi. Solo che a volte noi siamo fra quei pochi…
Sono d’accordo con quanto lei ha detto sopra. Però il problema che io mi ponevo è quello che sta all’origine di tutti i conflitti. Perché un essere umano mette in atto comportamenti che ledono i diritti umani e crea così l’inevitabile reazione per legittima difesa di chi subisce la violenza? Perché non pensa anche lui che è meglio andare d’accordo con i suoi simili e vivere in pace e concordia con loro?
Un’altra chiave di lettura del perché non se ne viene a capo è il considerare il post nella categoria della psicologia. Nonostante il bel nome e l’indubbio valore scientifico, rimane una sola disciplina lineare di conoscienza, non tutta la realtà. Non è più reale del reale solo perché ne approfondisce certi aspetti. Proprio in questo approfondire si estranea per convenzione dalla realtà, per essere libera di studiare. Ma poi bisogna tornarci. Allora, restando solo in psicologia, se guastarsi l’umore con la lite è un danno, questo può venire solo da varie situazioni problematiche o da vera stupidità. In assenza di altro, quindi, nella sola psicologia non c’è soluzione al dilemma. Ma nella realtà, che è fatta di tutte le discipline, della riflessione tra loro e di azioni più e meno meditate da queste riflessioni, l’esito di una relazione tra più persone dipenderà dal loro livello di educazione, dall’urgenza della questione, dal contesto in cui sono che “agisce” le persone, mentre queste sono illuse di essere solo libere agenti di loro stesse. Un altro fattore che favorisce il litigio, essendo quello dei bambini diverso da quello degli adulti, è il paradosso degli apprendimenti cristallizzati. Io stesso mi illudo che parlando si possa dire, confrontare e comporre tutto, ma nella realtà un adulto tende a preferire il sottoporsi ad un prelievo del sangue e dal conto corrente, piuttosto che cambiare un’idea, anche e soprattutto a causa del contesto (spesso ideologico negativo non dichiarato) in cui siamo.
Che fare allora? Beh, se gli adulti non si svegliano dopo Venezia allagata, l’Amazzonia bruciata, la zoonosi zootecnica in arte Covid19 che ci chiude in casa, non possiamo che continuare a fare educazione per ogni età con ogni mezzo (giusto e lecito) a disposizione, sperando che la concordia che preferiamo sia attrattiva per quante più persone possibili, ma anche fondata su contenuti etici, visto che studiando da 5000 anni, a qualche conoscenza circa i criteri del bene ci siamo arrivati.
Caro De Iulis , lei ha messo un bel po’ di carne al fuoco. Mi lasci tempo per studiare il suo discorso poi ne riparlerò volentieri.
La ringrazio e mi ha fatto piacere confrontarmi (e perdoni anche gli errori da non rilettura a video), ma “carne al fuoco” proprio a me no, la prego. Mi avrà visto sporgermi a volte dall’angolo dei blog, scrivendo cosa. Diciamo che la concordia non può essere parziale, né la lotta alla violenza. L’aggressività “deve” cessare anche contro le coscienze (Cambridge, 2012) di altre popolazioni, se vogliamo, com’è abbondantemente riconosciuto, che cessi anche nella nostra. Il che non significa dar loro l’anima, né parlare religiosamente della nostra. Il verticismo delle religioni non è stato e non è, purtroppo, un fattore di prevenzioni di liti e altri problemi. Qui sarebbe interessante l’umana storia inventata di Caino e Abele: gelosia per un fuoco che brucia più alto, perché alimentato dal dominio, di una concezione, ahimé verticistica. Caino e Abele sono dunque presentati semplici con il loro lavoro casuale. Poi, guarda un po’, il dominio viene descritto più fashion, e uno dei due semplici ne ha invidia, da cui discordia letale. Quello che la Bibbia, che è anche un elenco di guerre e discriminazioni, non dice, è che c’è prima un’altra violenza a monte, che incasella i due semplici nella perversione del dominio.
Il teologo Vito Mancuso sostiene che la vita è caos e logos insieme. Il nostro compito è contribuire all’armonia. Tutto ha a che fare con questo concetto. A livello fisico, l’organismo è sano quando tutte le sue parti sono in armonia. Lo stesso vale per la vita psichica: si sta bene quando le relazioni sono armoniche. Anche nelle nazioni dove c’è meno corruzione è più alto il tasso di benessere. Le parole sono potenti mezzi, da maneggiare con cura. Possono costruire ponti o distruggere. Anche i silenzi feriscono e tu mi hai ferito. Per alcuni anni ci siamo scambiati tante confidenze e io avevo conservato un buon ricordo di te. Ora temo di aver capito che non sei la persona che ritenevo tu fossi.
Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti su questo tema. Chiedo loro scusa perché mi sono accorto di aver posto la domanda in modo, forse, non appropriato. Infatti ho fatto precedere la domanda da una premessa che a me sembrava evidente e incontestabile mentre i lettori, come è nel loro diritto, me la contestano. In sostanza essi dicono: “Non è affatto vero che tutti sono d’accordo che è meglio andare d’accordo piuttosto che litigare “. A questo punto ritiro la premessa e lascio la domanda nuda e cruda: “Perché litighiamo?” Sono naturalmente curioso di sentire altre risposte come dice il lettore Tomaso Vendramelli “per discorrerne in buona compagnia”.
Assodato, Egr. senatore, che la premessa alla prima domanda non era condivisibile, è facile rispondere alla seconda: litighiamo perché abbiamo cervelli diversi, che non contengono il pensiero unico. Dunque la domanda è sterile. Piuttosto sarebbe utile sapere come affinare le strategie individuali e collettive ed internazionali per comporre i litigi. Ma mi sa che anche questa è una domanda sterile…
Egregio Dr. Bastanzetti, mi permetta queste osservazioni.
A) se lei dice che “sarebbe utile sapere come affinare le strategie individuali e collettive ed internazionali per comporre i litigi” ammette che la concordia è più desiderabile della discordia. Quindi mi dà per buona la premessa alla quale io avevo appena rinunciato;
B) lei, nella conversazione in tema di “costanti universali” del pensiero umano, da me trattato nei miei post precedenti mi aveva dato atto di essere “concorde” con me sul fatto che – riporto le sue parole – “anche nella condizione umana, come nelle rigorose leggi delle scienze esatte, esistono delle costanti immutabili”
Credo perciò che lei “concordi” con me sul fatto che, almeno ad alcuni campi del pensare, esiste veramente un “pensiero unico” (o universale).
Lei dunque converrà con me che su questi campi del pensiero è impossibile litigare. Io direi, per fare un esempio, che è impossibile litigare sulla verità del teorema di Pitagora.
Tornando al nostro tema, a me sembra sia difficile litigare sul “pensare” che la concordia è più utile e più piacevole della discordia.
Quindi la mia domanda non era posta tanto male.
E per ora ci fermeremo qui.
No,Egr.senatore. Non è la unanimità del pensiero (concordia dogmatica su tutto) ad essere desiderabile ma la composizione delle dis-cordie (difformità dei pensieri) ad esserlo, nella forma di compromessi accettabili. E qui, a livelli estesi, entrerebbe in gioco la politica che però come sappiamo delude.
Bella domanda sig. Pizzol,
io credo che il litigio si inneschi quando non riusciamo a imporre un nostro parere e quando ci facciamo giudici di una discussione di cui facciamo parte.
La voglia di giudicare e/o avere ragione, porta con sè un ostacolo per l’ interlocutore. La capacità di confrontarsi, la voglia di esprimersi e di crescere, non sarebbero rivolte a far cambiare idea agli altri per forza, o comunque potrebbero ottenere questo risultato senza che esso sia una condizione determinante per portare a termine il confronto in modo cordiale.
Purtroppo la nostra voglia di prevalere ha a che vedere con un retaggio culturale antico, tutt’ altro che cristiano, ma molto cattolico…comunque è un po’ così in tutto il mondo, quindi temo e presumo che le ragioni si possano trovare più nel nostro dna che non nella nostra singola storia.
Secondo me la cosa che più contribuisce al litigio, è la presenza del giudizio assoluto, ossia il voler che gli altri considerino assolutamente il giusto e sbagliato ciò in cui crediamo noi, e lo si vuole subito!…pazzia…il litigare delimita il confine della nostra ragionevolezza, quando non riusciamo a comunicare normalmente, scivoliamo nella frustrazione che porta al litigio…e normalmente cominciano sempre gli altri…il pensiero principe dice: “io litigo quando mi ci portano”. Ed anche qui abbiamo trovato il famoso colpevole che ci hanno sempre insegnato a cercare fin da quando eravamo bimbi.
Caro Giorgio, credo che la sua domanda non abbia effettivamente una semplice e ragionevole risposta. Credo sia uno dei misteri della vita che viviamo, e dove spesso ci viene riproposto un meccanismo che sappiamo essere sconveniente, ma che tanto ci attira. Se al momento non riusciamo a fare ciò che volevamo, vuol dire in qualche modo che non riusciamo a vincere.
Io parlo di litigio, poi lo scontro e le battaglie le ritengo un’ altra cosa, e ritengo pure che siano necessarie ed importanti nella nostra esistenza.
Combattere per difendere la propria o l’ altrui libertà, lo farei uscire dalla questione da lei posta, in quanto si toccano altri livelli di comunicazione.
Comunque bello stimolo questa domanda, Grazie!
Gentile Tomaso, grazie per l’attenzione e anche per i suggerimenti di risposta. Mi permetta però di insistere sulla premessa del mio ragionamento che, mi sembra non venga valutata appieno dagli intervenuti nella discussione.
Io affermo che è (o almeno appare) per tutti “evidente e innegabile” che la concordia è più utile e più piacevole che la discordia. Ovviamente potrei essere in errore. Ma mi sembra che nessuno degli intervenuti nella conversazione abbia finora portato argomenti per dire che questa affermazione non è vera (o non appare vera). Questo è il punto. E allora: se è vero che ecc. ecc. non si capisce perché sia nata “la prima lite”, la prima “controversia” o “contesa” dalla quale poi sono nate tutte le altre con le quali abbiamo a che fare.
Il problema è appunto capire come nei rapporti umani si insinui la “lite” , “la contesa” che può essere più o meno violenta (le guerre più sanguinose nascono appunto da controversie).
Si tratta dunque di capire il “primo perché” ( la “prima causa”) del fatto che un essere umano si mette in conflitto con un altro essere umano.
La prima lite o contesa, secondo la Bibbia (ebraica e cristiana), è stata quella fra Caino e Abele ed è finita con il primo omicidio della storia umana (addirittura fratricidio).
La nostra domanda riferita a questo fatto si pone così: “Come può essere venuto in mente a Caino di uccidere Abele? Non era evidente per Caino che avrebbe potuto vivere piacevolmente e utilmente assieme al fratello e ai suoi genitori Adamo e Eva?” Da quanto ci racconta la Bibbia Caino faceva l’agricoltore e Abele faceva il pastore. Né all’uno né all’altro mancava a quell’epoca lo spazio per svolgere la propria attività. Avrebbero certamente potuto scambiarsi i frutti del rispettivo lavoro: Abele avrebbe potuto ad es. dare a Caino un agnello in cambio di una decina di chili di frumento.
La risposta della Bibbia sul movente dell’omicidio non è convincente. Non ne possiamo parlare qui perché il discorso si farebbe troppo lungo. La domanda dunque resta aperta. Dobbiamo ancora studiarci sopra. Comunque grazie ancora per l’attenzione.
Provo a concentrarmi diversamente sul focus che propone rispetto alla concordia.
Forse, il fatto che sia utile e piacevole essere in accordo e/o gentili , risulta meno importante (nell’essere umano) del fatto che si possa avere ragione su una questione. Avere la ragione dalla nostra, probabilmente ci fa sentire più importanti o più potenti. Forse ci dà una soddisfazione a livello fisico ed anche psicologico tale da portarci a non considerarne gli effetti collaterali. Magari è un po’ come mangiare cose che ci piacciono ma che non fanno bene alla salute.
Il nostro ego sarà il padre dei litigi…?
Mah, le ruberò la questione per discorrerne in buona compagnia.
Buona giornata.
Egr. senatore, la Bibbia non specifica il movente dell’omicidio. Si può pensare che Caino uccise Abele perché geloso del gradimento che l’Abele allevatore (presumibilmente carnivoro) riceveva da Dio rispetto a lui agricoltore (vegetariano?). Il che, per inciso, dovrebbe far riflettere i fondamentalisti vegani. Circa la affermazione che la concordia è preferibile alla discordia, se questo si interpreta come un dogma assoluto, scricchiola. Per dire: se A volesse il consenso di B per fare del male alla persona C, sarebbe forse auspicabile che A e B fossero concordi? per me sarebbe meglio che B fosse discorde con A e lo denunciasse.
Dr. Bastanzetti, lei mi fa venire in mente un episodio accadutomi quando ero in prima liceo. In ricreazione vari compagni di scuola stavamo discutendo sulla diversità delle idee fra gli esseri umani. Un mio compagno ad un certo punto disse: “La matematica è uguale per tutti non c’è una matematica di destra e una di sinistra”. Io intervenni dicendo. “Hai proprio ragione, sono perfettamente d’accordo con te”. Lui mi rispose: “No caro Pizzol tu non puoi essere d’accordo con me”. “Perché?” Dissi io. “Perché tu sei di sinistra”.
Ma non deve preoccuparsi se sono preoccupato, non lo può sapere e conta meno rispetto alle mie argomentazioni di contenuto, per ragionare in logica intorno al problema che ha posto. Il punto debole del dilemma è che è sbilanciato su una questione formale e che usa una premessa non dimostrata. Io direi di bilanciare il dilemma e di dimostrare la premessa, prima di andare oltre, altrimenti è un esercizio sofistico, e in buona parte è per questo che non se ne viene a capo.
La concordia assoluta presuppone un rispetto assoluto, magari la correttezza formale di leader in guerra che si incontrano per negoziare la via d’uscita. Certo che se urlano anziché parlarsi normalmente faranno più fatica in ogni caso. Possiamo convenire su questo. Tuttavia se una parte si ispira ad un criterio del bene ed un’altra ad un criterio del male, il dissenso sarà inevitabile. Se pensiamo a miliardi di abitanti, è inevitabile pensare che il rispetto verso l’interlocutore venga meno molte volte. Allora lei chiederebbe come mai, indipendentemente dal dissenso, non si mantiene un tono cortese e rispettoso, che potrebbe giovare a tutti? Perché nel conflitto chi sostiene il criterio del male non ha argomenti buoni, non ha argomenti in logica e scienza da contrapporre, un po’ come fa il Bastanzetti quando mi etichetta a sproposito. Quindi restano solo gli argomenti cattivi e fraudolenti, nella forma e nel contenuto. Chi sostiene il criterio del bene, invece, ha dalla sua argomentazioni buone in logica e scienza, e può allora scegliere su quale terreno proporle, se della correttezza formale, della scorrettezza formale o entrambe, o nessuna. Questo può dipendere dall’importanza e dall’urgenza del motivo del contendere. In Storia, per giusta causa, si è usata la violenza resistente, da cui viene una delle migliori Costituzioni del mondo. Quindi, ad esempio, si può anche aggiungere al suo dilemma che non tutte le discordie sono uguali, e che si concretizzano in contesti caratterizzati da un livello di giustizia sociale algebricamente variabile.
Gentile Giorgio Pizzol, da quando aveva sette anni “avrebbe” vissuto secondo una tesi non solo non dimostrata, ma addirittura sbagliata. Di conseguenza è inutile interrogarsi sulle conseguenze a valle di una premessa sbagliata a monte. Mi spiego: è meglio andare d’accordo in astratto, nel vuoto, non in contesti particolari, accidentali e ideologici come quelli in cui siamo immersi. Quindi non esiste la certezza (“è” all’indicativo”) che è meglio andare tutti d’accordo, lei andrebbe d’accordo con un boss mafioso? Esiste l’auspicio, se interpreto bene il suo pensiero, che ci si accordi. Ma intorno a cosa? Se ci accordiamo intorno ai criteri del bene (quelli che studia quella misera branca della filosofia che è l’etica) mi metto d’accordo anch’io, se ci acordiamo con il genio del male dei pochi e la banalità del male dei molti, in un contesto antropocentrico, specista e carnista, come quello in cui siamo, e per cui si muore in modo colposo, di clima, di fame e/o di malattie (covid19 compresa), sono fiero et orgoglioso di non essere d’accordo, e sarei in ottima compagnia, probabilmente ancora non di maggioranza, comunque ottima.
Gentile Walter De Iulis, intanto mi lasci dire che mi dispiacerebbe davvero litigare con lei. Le chiederei la cortesia di leggere la risposta che ho dato al Dr. Bastanzetti nella quale troverà la spiegazione dei motivi per cui sarei vissuto, come lei dice, credendo ad una tesi sbagliata. Dopo di che lei mi potrebbe aiutare meglio a capire dove sbaglio. Le assicuro che ho nessun problema ad ammettere che potrei essere in errore e che lei sia nel giusto. Resto a sua disposizione per continuare il discorso. L’importante è che non cominciamo subito a litigare prima di sviluppare un discorso ragionato.
Diciamo che prefigurare un litigio con chi usa evidenti condizionali per circoscrivere il proprio ragionamento non favorisce la prevenzione dello stesso litigio, nel senso del rischio di avverare una profezia non necessaria. Sarebbe come voler censurare Nietzsche solo perché si è preso la briga di esercitare il “pericoloso forse in ogni senso”. Ma così ci saremmo persi uno dei centri di riflessione più potenti, attuali e studiati che l’umanità abbia mai conosciuto. Invece, se le dispiacerebbe, questo è positivo, quindi vuol dire che vuole continuare il ragionamento pacifico, ma allora perché pregiudicare il mio intento di accendere lumi sul problema che pone? Io ho argomentato pacatamente, arrivando al nocciolo della questione, o cercando di arrivarci, nei miei due commnti precedenti che sono di sostanza e non etichettano nessuno. Purtroppo già il periodo che lei pone in discussione è debole: lei dice “Se tutti siamo d’accordo che è meglio andare d’accordo…”, ma ha dimostrato questa frase, prima di proseguire? Andare d’accordo con chi? D’accordo su cosa? Forme o contenuti? E quali? Ecco, questa è una pacifica festa di punti interrogativi, nello stile caro ad un vero filosofo.
Il fondamentalismo che lei esprime, De Iulis, la illusione di essere depositario di verità assolute e del diritto di condannare gli altri… sarebbe certo ottimo combustibile per chi volesse litigare. E questo sen. Pizzol è già un chiaro esempio/risposta alla sua domanda sul perché si litiga!
Questo non succederebbe se fosse chiaramente evidente a qualsiasi intelligenza e su qualsiasi questione dove sta il torto e dove la ragione. Il che è Impossibile
Dr. Bastanzetti, fin dalla mia prima infanzia io ho sempre provato un forte senso di sofferenza ogni volta che ho visto persone (di tutte le età) che litigavano più o meno violentemente . Mentre ho sempre provato un senso di gioia quando ho visto persone che stavano insieme rispettandosi e aiutandosi reciprocamente. Di qui la domanda di cui stiamo parlando e che possiamo formulare anche in questi termini: “Se la concordia dà gioia e la discordia dà sofferenza perché la discordia si insinua nei rapporti umani? ”
Ribadisco che io non sono riuscito a trovare la risposta e che pertanto sto continuando la ricerca.
Mi scusi se mi intrometto anche qui, ma è semplice: lei fa discendere gioia e sofferenza da situazioni formali, rispettivamente da uno schema positivo e da uno negativo. Il punto è che nella realtà le situazioni non sono solo formali, ma sono di contenuto, soprattutto. Quindi, se il gioco è cattivo, non c’è buon viso che tenga, in ultima analisi, in prima superficiale magari sì. Questo ad esempio spiega perché i vari politici internazionali, soprattutto in un certo periodo, esibivano sempre larghi sorrisi, pur discutendo contenuti relativi ai posti peggiori del mondo in cui vivere. Ma tutti quei denti bianchi splendenti non cambiavano le condizioni di vita delle popolazioni per cui si ritrovavano sotto i riflettori. Magari un po’ sì, ma quando il gioco è cattivo e le parti non lo condividono, la concordia solo formale sarebbe impossibile oppure ipocrita, prefigurando mali peggiori del bene patetico e finto da una stretta di mano puramente formale, qualora ci si arrivasse. La concordia che auspica dovrebbe essere fondata su un rispetto totale della persona, anche di quella che sbaglia gravemente e la cui possibilità di redenzione tende a non concretizzarsi, allora ci si relaziona gentilmente anche nella più totale opposizione di contenuti. Tuttavia, per certi contenuti, il “sine ira et studio” di Tacito prima e Arendt poi, è impossibile, pena gravissime ipocrisia e insensibilità. Quindi, non è che la discordia si insinua come schema formale, ma le persone non condividono i contenuti. E’ anche vero che le persone a volte ripetono degli schemi formali in modo inconsapevole e magari si danno addosso solo perché sono abituate così. Ma non ci si può riferire solo alla forma, omettendo i contenuti, perché allora si discute di fantasia e non di realtà, fingendo che sia la realtà.
Gentile De Iulis, lei mi sembra preoccupato che io sostenga una tesi in contrapposizione a una sua. Non deve pensare questo. Ho solo manifestato un mio problema soggettivo. Il mio discorso è e resta aperto alla critica. Che la gente litighi è un fatto che io non posso negare e non nego. Dico solo che non riesco a spiegarlo. Converrà del resto anche lei che gli esseri umani non sono tutti sempre in lite gli uni con gli altri e anzi molti vanno davvero d’accordo, almeno per un certo periodo di tempo. Quindi l’esistenza della concordia è innegabile tanto quanto l’esistenza della discordia. A me sembra innegabile che la concordia dia più vantaggi al genere umano di quanti non ne dia la discordia. E qui torniamo al punto di partenza: se la concordia dà più vantaggi della discordia perché litighiamo? Per quanto ho potuto osservare personalmente – e da quanto ho potuto leggere in libri di materie diverse – la risposta non è facile. Sono convinto che colui che fosse in grado di dare una risposta soddisfacente a questa domanda meriterebbe senz’altro il premio Nobel per la pace; e forse anche quello per l’economia (aggiungerei anche quello per la medicina). Le assicuro che sono interessato alla risposta (senza per questo aspirare a vincere il premio Nobel).