Fridays For Future Italia, cambiamo il punto 3
Per un vero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ci ripari dalle prossime e prevedibili sciagure ambientali e sanitarie, costosissime anche in punti di PIl, si propongono due modifiche ai sette punti di Fridays For Future Italia:
il punto 3 e il punto 7 devono essere invertiti. Infatti la zootecnia impatta molto più dei trasporti e non si capisce perché questi debbano distrarre dal problema principale.
Il nuovo punto 3 non può essere il seguente testo politichese andreottiano e greenwasher andante, nessun ossequio ad insostenibili classi dirigenti:
- Rafforzare il modello agroecologico: incentivare la transizione ad un modello agricolo che non alteri il clima, che valorizzi le risorse locali (filiera corta) e il biologico e qualifichi l’agricoltura integrata, promuovendo inoltre stili alimentari a base vegetale. Bisogna invece disincentivare l’importazione di prodotti responsabili di deforestazione. L’Italia deve quindi porsi obiettivi più ambiziosi di quelli della Politica Agricola Comune europea.
Ma va sostituito con il seguente:
- Produzione di cibo: incentivare le produzioni vegetali e disincentivare le produzioni animali. Infatti l’impatto è di gran lunga minore dal cibo diretto dalla terra e di gran lunga superiore se si convertono in alimenti gli animali che lo mangiano. Ciò favorisce il recupero di moltissimo suolo per la protezione della biosfera e salvaguarda le foreste nel mondo, pur agendo dall’Italia. Il miglioramento delle filiere, pure auspicable, è del tutto secondario. La politica economica deve essere accompagnata dalla diffusione di una vera cultura dell’ecologia della nutrizione, che abbandoni il feticcio della piramide alimentare fondata sul supermercato, per un vero modello ecologico e salutare ordinato sul criterio prioritario dei principi nutritivi.
Nessuna presa in giro su questi temi e assunzione di responsabilità da parte di tutti.
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Una curiosità esente da polemica Egr. De Iulis. Come si pone il popolo veg. nei confronti degli alimenti a base di insetti, um campo che la scienza sta indagando in modo promettente?
“Prometttente” lo dice lei senza motivare e con una certa retorica tenderebbe a normalizzare il fenomeno come positivo. Diciamo finalmente che possiamo mangiare senza fare danni inopportuni a viventi molto complessi, che possiamo mangiare senza mentire alla terra, direbbe Plutarco, perché il cibo vegetale della terra ci sfama già con ricette infinite. Possiamo fare della nutrizione qualcosa di normale, sereno e umano, non c’è un obbligo di fare danni superflui. Possiamo stare senza uccidere coscienze o altre forme di vita complesse. Cereali e legumi sono piante annuali, non si uccidono e non hanno la coscienza. E sono materie prime per molti alimenti, non è che mangiamo solo chicchi a oltranza. Le altre piante sono anche meraviglia della natura, non senziente, e nutrirci è essenziale e buono per definizione, così come usare la testa per capire ciò che è banalmente opportuno o inopportuno. Possiamo capirlo, meglio tardi che mai.
Inoltre, tale argomento, che si può senza offesa per nessuno definire “stupido”, degli insetti, è molto usato per confondere, per alzare un polverone in cui il vecchio carnismo, che mente sulla necessità, sulla normalità e sulla naturalità, e mente a fine di lucro, uccide gli uni diretamente e gli altri di clima, fame e malattie, covid19 compresa e siamo oltre i 3 milioni a carico della zootecnia, con quest’ultima tragica tranche. Non sono gli insetti a risolvere la fame, gonfiano pochi portafogli e fanno molta confusione. La fame si risolve evitando di distruggere 15 kg di cereali e legumi per produrre 1 kg di carne, similmente per la produzione di latte rubato ad altre specie, la cui aberrazione e il cui danno sono stati intuiti dall’inizio dell’umana conoscenza, e sempre più confermati.
Preferisco di gran lunga il testo in essere del punto 3 anche se comunque presenta un taglio un po’ generico, col tono velatamente utopico del “buon consigliere” che però razzola e continuerà a razzolar male.
Quella sul “feticcio della piramide alimentare fondata sul supermercato” induce alla domanda: lei Egr. De Iulis, si nutre solo di ciò che produce in proprio a km zero?
L’attuale punto tre ha queste criticità che lei ha toccato solo in minor parte:
1. Tutti vogliamo passare ad un modello che non alteri il clima, ma chi è in conflitto d’interessi non vuol sentir parlare del come e allora se ne parla poco e male, cioè non chiedendo poco, ma usando un testo scorretto e fuorviante. Al contrario, io chiedo un principio corretto, lasciando al politico la quantità, che è il più possibile, ma senza camuffare la realtà.
2. Il biologico e il km0 riducono solo di poco l’impatto, si tratta di una piccola ottimizzazione rispetto al grande impatto dato dalla scelta sbagliata dell’alimento. Tradotto in km percorsi da un’auto BMW, così com’è stato calcolato, i 4758 km percorsi dall’onnivoro diventano 4377 se passa al biologico, mentre i soli 629 km di chi ha il giusto consumo interamente vegetale diventano 281 se è anche biologico [Foodwatch, 2008]. Un altro studio conferma che una famiglia onnivora che passa al consumo locale risparmia 1600 km, mentre una famiglia che mangia giustamente e interamente vegetale ne risparmia 13000 [Weber, 2008 – ISDE Medici per l’ambiente].
3. Quanto al modello alimentare, il conflitto d’interessi fa usare come primo criterio il tipo di cibo, mentre invece il primo criterio fra noi e l’ambiente sono i principi nutritivi. Questo errore genera una distorsione del principio della varietà e un’imposizione in un’ultima analisi di tutti i cibi, e quelli peggiori vengono addirittura messi sopra, insieme alle altre mistificazioni, in quella che si riduce ad una piramide d’Egitto, fatta solo per il conflitto d’interessi di pochi.
Se fosse un modello circolare fatto a spicchi e principi nutritivi, gli alimenti animali sarebbero in un piccolo spicchio dal quale ognuno, in base alle sue competenze dovrebbe passare il meno possibile, fino a zero, e aiutando gli altri a fare lo stesso, ad esempio con le infinite ricette che si scoprono, di vero cibo, e con il senso del gusto che finalmente si riapre.
Risposta troppo difficile per Bastanzetti del SAC.