Il Bechdel Test e il Principio di Puffetta

Due amiche decidono di andare al cinema. Una di loro però pone tre condizioni sul film da vedere:
- Tra i personaggi del film ci devono essere almeno due donne di cui si conosce il nome
- Le due donne devono parlare tra di loro
- Le due donne di cui si conosce il nome e che parlano tra di loro non devono parlare di uomini, che siano mariti, fidanzati, amanti, figli, fratelli, parenti, amici.
È questo il contenuto della vignetta “The Rule”, scritta nel 1985 e ideata dalla fumettista Alison Bechdel, da cui è poi stato tratto il “Test di Bechdel”, che analizza i contenuti di genere veicolati dal cinema.
Pensateci bene. Quali dei film che conoscete rispettano queste tre regole?
Intendiamoci: non è impossibile trovare film che le seguano. È solo molto, molto difficile (qui il sito ufficiale con i film che rispondono ai criteri richiesti).
E non è nemmeno detto che i film che passano il test siano una rappresentazione del mondo femminile esente da caratterizzazioni sessiste. Le donne infatti possono ritrovarsi a parlare di cucina, moda, trucchi, o altri argomenti tipici dello stereotipo femminile.
Qualcuno si è preso la briga di verificare quanti film quest’anno hanno superato il test: pare siano nove. Nove.
C’è da riflettere parecchio. E non è solo una questione che nasce dal maschilismo evidente che vige sul mondo della cinematografia, sia dal punto di vista organizzativo che contenutistico. È una questione più ampia, che abbraccia ogni aspetto culturale della nostra società. Perché sono le donne stesse, spesso, a non riconoscersi in un film senza la presenza maschile, anche solo evocata. Ad accettare il fatto che il nome dei personaggi femminili non venga ricordato, o nemmeno nominato. Ad adeguarsi al “Principio di Puffetta”, quella teoria sociologica nata negli anni ’90 secondo la quale al cinema e in televisione è normale osservare una schiera di uomini con diverse personalità in contrapposizione a una sola donna, inserita nella storia solo in quanto femmina (possibilmente attraente). Un po’ come accade in certi prodotti mediali (film, telefilm, fiction), dove gli autori inseriscono tra i protagonisti l’uomo di colore o l’orientale per accontentare il pubblico di questa o quell'etnia ("racial quota").
È un meccanismo ormai largamente accettato, metabolizzato e digerito dagli stessi spettatori, oggetto e soggetto della storia, capaci dunque di riconoscersi in quel ruolo tollerandone le modalità di rappresentazione senza troppe domande.
Alla fine del fumetto le due amiche decidono di non andare al cinema.
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