A proposito di Jessica Fletcher
Rifaranno “La Signora in Giallo”. Non aspettatevi però di rivedere Jessica Fletcher: il remake è stato annunciato dalla NBC, che ha scelto come protagonista Octavia Spencer, vincitrice nel 2012 di un Oscar per il film “The Help”.
Rifaranno anche “Streghe”, telefilm a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000, che ho citato nello scorso articolo per aver raccontato le vicende di tre sorelle alle prese con la magia, la più famosa delle quali è l’ex Brenda di “Beverly Hills 90210”, fatta scomparire alla fine della terza stagione e sostituita con la darkettona Rose McGowan.
È poi in preparazione lo spin-off di “How I Met Your Mother”, conosciuto in Italia con l’inutilissimo titolo “…e alla fine arriva mamma”, che ha rivoluzionato il modus operandi delle sit-com statunitensi contemporanee grazie a un efficiente uso del montaggio, della citazione, della parodia. C’è poi l’idea di uno spin off di “Glee” e di “Breaking Bad”, probabilmente dedicato all’avvocato di Walter White, giusto per consolare i fan che hanno da poco chiuso con la serie ufficiale.
A volte ritornano. Come nelle soap opera, dove se muore un personaggio non è detto che prima o poi non possa risuscitare tramite un gemello o un finto incidente, anche i telefilm non muoiono mai. Tornano per soldi, per crisi di idee, per assecondare quel sentimento tutto umano che ci vede attaccati fedelmente a quella serie tv che non vorremmo mai abbandonare.
Torniamo dunque a parlare di un sistema sempre più sfruttato dagli autori e produttori televisivi: quello del ripescaggio, del rimaneggiamento, della riproposizione in versione aggiornata di classici del passato. Lo abbiamo visto nello scorso articolo con i film horror, lo continuiamo a vedere in ambito televisivo e soprattutto negli Stati Uniti.
Peccato solo che il risultato non sia sempre sinonimo di successo, specialmente se ad essere rimaneggiati sono veri e propri classici della tv che fu. Rimangono eccezioni telefilm come “Mork & Mindy” (l’unico spin off riuscito di “Happy Days”) o “Private Practice”, medical drama tratto da “Grey’s Anatomy”. Senza contare i vari “CSI” e “Law&Order”, dove comunque la struttura narrativa ha permesso di affezionarsi poco ai personaggi e più ai crimini, senza troppi vincoli creativi.
Ciò nonostante i remake e gli spin off in tivù rimangono un vero e proprio azzardo, in cui il disastro è spesso dietro l’angolo. Pensate a “Joey”, spin off di “Friends”, o più recentemente, a “Dallas” e “90210”. Come? Ve ne eravate già dimenticati? Ecco appunto. D’altronde, il grande danno in cui incorre questo tipo di format è quello di screditare la serie madre e rovinarne inesorabilmente il ricordo nel pubblico, col rischio di una repentina disaffezione a entrambi i prodotti. A ciò si aggiunge il pericolo di una sovraesposizione che a lungo andare sfibra anche il fan più accanito.
Ricordo ancora quando “Sex and the city” sembrava un fulgido esempio di buona tivù, durato sei anni brevi ma intensi e terminato al culmine di un successo planetario. Qualche anno più tardi, ci ritroviamo un prodotto devastato da due film mediocri e uno spin off utile solo a pubblicizzare marchi di alta moda.
Perché i remake e gli spin off, seppur strombazzati come innovativi, sono telefilm in difetto, inevitabilmente assoggettati alla serie originale, per sempre vittime di confronti. A meno che, e sono pochissimi i casi, non ci si riesca a staccare dalla storia conosciuta per costruire, con molta più fatica, qualcosa di completamente diverso. E allora viene da chiedersi se valga la pena riscaldare la stessa minestra piuttosto che inventarsene una con ingredienti nuovi. Perché se è questo ciò che ci aspetta, un continuo ritorno del già visto, meglio rivedersi le serie storiche che ci hanno incantato e che si sono concluse senza troppi strascichi. Sapranno dal solito sapore, ma almeno non si ripropongono dopo averle digerite.