Lunga vita all’horror
Il grande successo della celebrazione di Halloween è il successo che l’esorcizzazione della paura compie anche in un immaginario non anglosassone, al netto delle sterili polemiche sulla “tradizione che non ci appartiene” e che tuttavia, in un mondo ormai privo di confini, è normale accogliere. In una società profondamente impaurita, paradossalmente l’horror prospera, forse proprio perché a gestire la paura in determinati momenti siamo più bravi che a subirla impotenti. D’altronde la realtà, così imprevedibile e così incerta, è spesso più terrificante di qualunque finzione. Da un punto di vista cinematografico, alla luce del positivo esito dell’ultimo It, è evidente che l’horror non conosce crisi.
Vale dunque la pena imparare ad amare l’horror, abbracciarlo, farlo proprio, abbandonando la stessa paura del genere che spesso caratterizza certi cinefili, che non solo non hanno mai visto una pellicola di questo tipo, ma nemmeno hanno intenzione di farlo in futuro.
Eppure vedere gli horror serve e sono almeno quattro i principali motivi per cui varrebbe la pena impegnarsi a guardarlo:
- Circoscrive la paura: se l’arte, già secondo Aristotele, è catartica, le storie dell’orrore sono altrettanto liberatorie perché sfogano per un tempo stabilito le tensioni accumulate nella quotidianità;
- Stimolano i sensi: l’horror mette alla prova l’intera gamma delle emozioni umane, rendendo il pubblico ricettivo e attento. Il cigolio di una porta, il fischio del vento, la nebbia mattutina: ogni dettaglio anche insignificante assume nel mondo del terrore un preciso valore;
- Aiuta a leggere tra le righe: ciò che fa paura viene da sempre rappresentato attraverso altro. Dall’Idra greca al Cerbero dantesco, dal mostro di Frankestein a Chucky la bambola assassina, i mostri non sono altro che metafore di paure reali: le malattie, il diverso, la morte, la pazzia… Così anche il sangue, il buio, la cantina, l’acqua, le deformità non sono altro che segni che raccontano un significato diverso e più profondo. Sono metafore che aiutano a decifrare la realtà, a volte troppo ingombrante per essere accolta nel suo crudo realismo. Una volta interpretato, l’horror cessa di spaventare, si umanizza, si connota di un contenuto culturale. D’improvviso Dracula non è più un semplice vampiro, ma spiega una sessualità repressa e aggressiva, così come Leatherface di Non aprite quella porta racconta il degrado morale di una certa provincia dove è l’altro il vero nemico. Gli esempi sono tanti e ricchi di spunti, divertitevi a scoprirli;
- Alimenta l’autostima: vedere un horror richiede spesso una certa concentrazione, e si accompagna, più di altri film ad una precisa atmosfera. Superare la visione di un film del genere infonde forza e coraggio, incoraggia al controllo delle proprie angosce.
Provate dunque a lasciarvi trasportare da una buona pellicola dell’orrore, concepitene la visione come un esercizio su voi stessi: otterrete così una chiave alternativa per aprirvi alla realtà che vi sta attorno, talvolta più comprensibile attraverso l’apocalisse zombie di The Walking Dead che con tante analisi politiche.