Io rinascerò cervo sul Cansiglio?
Fortunatamente per noi il buon Riccardo Cocciante nella sua nota canzone aveva proposto come reincarnazioni alternative anche, nell’ordine, il gabbiano da scogliera e la pernice di montagna: eh già, perché ritrovarsi nei panni, anzi, nella pelliccia di un cervo di questi tempi potrebbe essere alquanto rischioso.
Nonostante sia semplice, o meglio, semplicistico associare i termini “Cansiglio” e “cervo”, bisognerebbe fermarsi a riflettere sul fatto che codesto nobile ungulato nel 1800 era scomparso dalla zona.
Nel 1966 fu realizzato un recinto faunistico in località Tramedere dal quale, complici la neve e lo schianto di qualche albero, fuggirono degli esemplari di cervo originario del Tarvisiano ivi introdotto, che probabilmente andarono a unirsi ai “colleghi” cadorini.
Nel 1985 la popolazione ammontava a 30 capi, destinati a crescere in seguito all’abbattimento del recinto sul finire degli anni ’80 per via delle utilizzazioni forestali.
Tre anni fa, come possiamo leggere nel “Piano di controllo del cervo nel comprensorio del Cansiglio”, la popolazione ammontava a oltre 2500 esemplari, anche se bisogna tener presente che è assai difficile ricavare una stima poiché l’animale occupa un’area che si estende per diverse decine di migliaia di ettari e abbraccia Treviso, Belluno e Pordenone.
Nel medesimo testo possiamo leggere che, secondo i dati raccolti dall’Università di Padova, si registra un incremento medio annuale della popolazione del 13,4%; questa crescita esponenziale causerebbe un impoverimento della biodiversità per semplificazione degli habitat vegetazionali, avrebbe un impatto negativo sulle biocenosi forestali oltreché sul pascolo e sugli erbai.
Alla luce di questi elementi il Piano prevede la riduzione numerica della popolazione fino a 1400 capi nell’arco di validità del suddetto (2011-2013) attraverso il prelievo di animali vivi, il prelievo venatorio e quello in controllo, al fine di raggiungere un equilibrio fra numero di capi e ambiente nonché di arginare i danni alle attività antropiche.
Il progetto, accolto da innumerevoli critiche da parte di animalisti e non, pare destinato a rimanere perpetuamente in fieri.
Le reazioni a codesti intenti infiammano ancora le pagine dei quotidiani: Flavio Tosi, sindaco di Verona nonché presidente regionale di Federcaccia auspicherebbe questa risoluzione, così come il Corpo Forestale dello Stato, mentre il governatore Luca Zaia sarebbe di opposto parere, proponendo come alternativa la sterilizzazione delle femmine.
Il Wwf riconosce il problema giudicando saggio ricorrere al trasferimento dei cervi in altre zone (tuttavia non vi sarebbero Parchi disposti ad accoglierli).
Naturalmente sulla scia dell’emotività suscitata dal caso non sono mancate le trovate, diciamo così, borderline, che già annoverano più varianti regionali della filastrocca “La Befana vien di notte”: c’è chi inneggia al boicottaggio gastronomico con divieto tassativo di addentare qualsivoglia libagione servita nei ristoranti rei di proporre QUEI cervi nel menu (attendiamo fiduciosi una guida tipo Michelin in tal senso), chi si è affrettato a spargere la voce circa la presunta radioattività degli ignari artiodattili (probabilmente al calar delle tenebre scorgeremo sul Cansiglio sinistri bagliori color rosso Valentino, modello renna Rudolph) e chi tifa per il lupo, speriamo non mannaro.
Questa selva di ipotesi è certamente abbastanza fitta da creare sbigottimento anche nel più titolato fra gli Azzecca-garbugli; deo gratias non lo è più della foresta che accoglie codeste creature e che nonostante la sua vastità, non crea in loro né esitazione né smarrimento.
E allora, consapevole di ciò, mi viene comunque voglia di rinascere cervo a Primavera. Anche sul Cansiglio.