Ma che bontà, ma che bontà… ma che cos’è questa robina qua?
In questi giorni è tornato alla ribalta il tema della commercializzazione delle larve gialle essiccate del tenebrione mugnaio, meglio conosciute come larve della farina, sottoforma di snack (da consumarsi intere ed essiccate oppure in barretta) o di ingrediente in una serie di altri alimenti (come i biscotti).
Chi è sensibile ai temi ambientali saprà che in realtà è da parecchi anni che l’argomento è al vaglio degli esperti: già nel 2017 mi era capitato di leggere articoli in cui le larve del Tenebrio molitor (il più grande tra i coleotteri infestanti delle derrate alimentari) venivano presentate come probabile cibo del futuro, in virtù del fatto che nel 2050 saremo in 9 miliardi su questo Pianeta e che quindi occorrerà trovare delle alternative alimentari sostenibili.
Come già si poteva leggere nel 2020 sul sito slowfood.it la nuova strategia UE “Farm to Fork“/ F2F (parte importante dell’European Green Deal, un insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione europea con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050) identifica infatti gli insetti come una fonte di proteine a basso impatto ambientale. Questa strategia è un piano decennale (2020-2030) messo a punto dalla Commissione Europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo (nel senso di meno impattante sui Paesi terzi), sano e rispettoso dell’ambiente e tocca diversi aspetti della filiera, dall’agricoltura fino al modo in cui vengono etichettati e distribuiti gli alimenti.
Di fatto ogni membro dell’UE dovrà seguirla, adottando norme a livello nazionale che consentano di centrare gli obiettivi prestabiliti, tra i quali vi sono la promozione di abitudini alimentari sane, la riduzione dell’uso di pesticidi nonché degli sprechi alimentari e la lotta alle frodi alimentari lungo la filiera.
Come sottolineato da Slow Food questa strategia include purtroppo anche i nuovi Ogm, nonostante quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia europea nel 2018.
L’ANSA riporta che al momento sono undici le domande per insetti come nuovi alimenti all’esame dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare, acronimo di European Food Safety Authority).
Alessandro Circiello, portavoce di Federcuochi nazionale e presidente Federcuochi Lazio, ha così commentato la notizia: “Abbiamo già la dieta mediterranea che si basa sull’utilizzo di legumi che insieme ai cereali possono impattare pochissimo sull’ambiente. È ovvio che nella cucina orientale sono nella loro tradizione e nella loro cultura perché costano poco e perché sono il fabbisogno proteico che loro hanno a disposizione nel loro regime alimentare. Noi abbiamo il nostro e avendo i prodotti che tutto il mondo ci invidia possiamo davvero impattare poco sull’ambiente mangiando pasta, utilizzando i legumi e pesce azzurro dei nostri mari. Non dimentichiamo che noi abbiamo la frutta e la verdura la più buona, gustosa e sana del mondo”.
Non posso che trovarmi d’accordo con queste affermazioni, anche alla luce della recente notizia dell’intenzione della Commissione UE di approvare l’aggiunta dell’acqua al vino (anche se una fonte vicina a Bruxelles avrebbe smentito la notizia, come riportato dall’AGI). Il tema dei vini senza alcol viene trattato nel dossier in discussione nell’ambito della riforma della Politica agricola comune, vista l’importante opportunità di mercato per il settore vitivinicolo UE offerta dai prodotti alcohol-free.
Per quanto mi concerne e parlo da astemia (il gusto del vino e degli alcolici in generale mi repelle), nel caso desideri una bevanda a base d’uva mi disseto direttamente con un ottimo succo, mai mi passerebbe per l’anticamera del cervello di bere un vino senza alcol.
Il ritorno all’essenziale e alla semplicità, ecco qual è a mio avviso la via per un futuro migliore. E non solo in ambito alimentare. Ahimè, come scriveva Saint-Exupéry: “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Non farei discendere da Slow Food nessuna conoscenza, visto che il problema della fame è gravissimo, nell’ordine del miliardo in sofferenza, cioè uno su 7, tra noi, e che Slow Food è in conflitto d’interessi col cibo, quindi è orientata al profitto per sua essenza, non al rispetto della biosfera.
Tant’è vero che nell’ambito della manifestazione Sangue Indigeno in cui gli Indios chiedevano aiuto contro la guerra zootecnica che gli brucia le foreste, presso UniTO, si è permessa di strumentalizzarli per i loro scopi, cantando anche la canzone degli eschimesi, millantando quindi la superstiziosa necessità di mangiare i nostri “amici”, compagni di regno a noi continui. La relatrice si sarebbe sprofondata dopo il mio intervento, confermato dagli altri relatori, ma è riuscita solo a zittirsi e a vergognarsi.
Ovviamente quello degli insetti è solo un argomento per distrarre dalle vere questioni di fame e sostenibilità, com’è già stato riconosciuto qui e come rispondevo nel mio penultimo post.
Un distrattore di chi non riesce a stare senza uccidere, perché fa moneta in questo modo. Meglio non dargli un centesimo. A nessuna zootecnia.
Non conosco l’episodio di cui fai menzione purtroppo, ma bisogna anche considerare che soprattutto in questo particolare momento storico è difficile identificare delle realtà che siano immacolate al 100%. Probabilmente è impossibile. Se penso a qualsiasi associazione/sito/realtà non me ne viene in mente una/uno che sia immune da una qualche polemica. Sì, questa è senza dubbio una gigantesca opera di “distrazione” di massa.
Esiste in ogni caso un metodo scientifico, dove anche il conflitto d’interessi è considerato, e dove le posizioni diverse hanno valore diverso, ad esempio qulle governative valgono meno di quelle di istituti scientifici più dedicati. Ed esistono le evidenze. I problemi della fame e della sostenibilità sono questioni di geografia in prima battuta e di etica, sentita la geografia. Poi sentiti tutti dobbiamo agire noi. In tutto questo meglio non ascoltare chi fa moneta proprio dalle cause dei problemi rilevati da queste disciline.
Esattamente, geografia ed etica sono due facce della stessa medaglia ecologica. Non solo manca una coscienza ambientale collettiva, manca proprio quella individuale. In più la sensibilità e il rispetto nei confronti del Pianeta Terra sono andati proprio a farsi benedire. Per dirti, persino sul sentiero montano meno battuto è possibile imbattersi in una carta di caramella.
Egr De Iulis guardi che anche i produttori di cibo veg e tutta la relativa filiera fino al consumatire son orientati per loro natura al profitto.Come è vero che anche l’ agricoltura ruba terreno alla foresta, inquina con infrastrutture mezzi e fitofarmaci. Magari inquina meno lo sfruttamento del progetto insettivoro.
Pare che il profitto sia molla potente dell’ agire umano, perfino nei regimi para-postcomunisti. Ma che problema c’ é se vendono il vino analcolico? Peraltro l’ alcol non é essenziale nella alimentazione ed avvelena in caso di abuso. Nessuno é comunque obliigato a comprarlo.
Guardi che l’alcol presente nel vino è il risultato della fermentazione del mosto!
E dunque Egr Piovesan? Forse il fatto che l’ alcol deriva dal mosto lo rende innocuo od essenziale alla alimentazione?
Essendo una caretteristica naturale del prodotto, ritengo che il consumatore farebbe prima a comprarsene una bottiglia e allungarlo con l’acqua per conto proprio. O a orientarsi direttamente verso un altro prodotto. Come ho già scritto nel post, da astemia quale sono, non andrei mai in cerca di vino senza alcol. Se mi va un prodotto a base d’uva bevo un succo. Ma riconosco che oramai il consumatore medio non si ferma davanti a nulla, ottiene semplicemente ciò che vuole, quando vuole.
Che la nostra dieta impatti poco sull’ ambiente, come assicura lo Chef, direi proprio no. Vedi saccheggio del Mediterraneo, allevamenti, e fitofarmaci a go go su viticultura e altro. Che al mondo che muore di fame possiamo servir dieta mediterranea “a la carte” mi par concetto un fiantín snob. Sul vino analcolico esso vien prodotto già in Italia e forse sfugge l’ indotto economico che puó attivare nel mondo islamico.
Questo programma decennale riguarda l’alimentazione sul territorio europeo, non c’entra l’imposizione di alcuna dieta a chicchessia. La bontà della dieta mediterranea rimane tale, l’esplosione demografica con conseguente pesca e agricoltura intensiva è un altro paio di maniche.
Secondo lei il profitto basta a giustificare qualsiasi cosa?
Domanda troppo difficile perBastanzetti del SAC, che è un SAC.
Egr. Piovesan di certo il profitto (venale ma non solo) non giustifica qualsiasi cosa, ma nella quasi totalità spiega perché essa accade.