Enrico Berti sull’esistenza di Dio
Recensione di Le prove dell’esistenza di Dio nella filosofia di Enrico Berti
Enrico Berti, uno dei massimi filosofi italiani del ‘900, affronta il tema più importante della filosofia di tutti i tempi: l’esistenza di Dio. Lo fa con la più alta competenza professionale ma anche con un linguaggio comprensibile a chi non ha mai studiato filosofia.
Osserviamo che Enrico Berti si è impegnato in quest’occasione con la massima cura per esporre un discorso che fosse accessibile anche agli inesperti di filosofia. Nell’introduzione egli riferisce infatti che questo libro è la trascrizione di un corso orale da lui tenuto nel 2009 presso la Facoltà di Teologia di Lugano. Destinato agli studenti del primo ciclo di filosofia e teologia alcuni dei quali provenivano da scuole nelle quali l’insegnamento della filosofia era del tutto assente. (*)
Entrando nel merito, osserveremo che è difficile trovare oggi libri che trattino specificamente delle prove dell’esistenza di Dio presentando una rassegna delle posizioni dei filosofi più importanti da Aristotele e ai nostri giorni.
È necessaria una precisazione molto importante sul significato di questo lavoro. Enrico Berti dice esplicitamente che questo testo “non” ha per oggetto questioni che riguardano la fede religiosa.
Il concetto di Dio di cui egli parla è un concetto puramente filosofico. In altre parole egli afferma che Dio, inteso come Assoluto trascendente, è oggetto di filosofia, non di fede. A Dio, secondo Berti, si può pervenire, con mezzi puramente umani, col semplice uso della ragione, della filosofia. E, per essere ancora più chiaro, dice: “Quello che mi sento di riconoscere è che, se le prove dell’esistenza di Dio hanno un qualche rapporto con la fede religiosa, tale rapporto non consiste nel suscitare la fede, ma nell’aprire uno spazio che la renda possibile (possibile, non obbligata né necessaria).
Ciò chiarito, Berti conduce il lettore ad un esame attento delle dottrine dei filosofi più importanti della filosofia occidentale in merito alle prove dell’esistenza di Dio. Prove che, in definitiva, consistono nel tentare una soluzione di un solo problema: spiegare il rapporto fra il mondo dell’esperienza (dei fenomeni, del divenire) e “l’essere assoluto e trascendente”.
Berti ci offre l’esposizione, in dieci capitoli, di come questo problema è stato affrontato da Aristotele, Anselmo d’Aosta, Tommaso d’Aquino, Descartes, Leibniz, Hume, Kant, Hegel, e dai filosofi del ’900.
Con questa esposizione offre al lettore in 170 pagine, di piccolo formato, un compendio della storia della filosofia occidentale. Il libro può senz’altro essere definito un eccellente manuale divulgativo.
Alla fine del suo discorso Enrico Berti, espone, con chiarezza cristallina e con estrema franchezza, la sua posizione. Una posizione che egli fa risalire al pensiero di Marino Gentile, suo maestro all’Università di Padova.
La riporteremo nella formula stringata che si legge a conclusione del nono capitolo.
Dato che questo mondo è problematico, allora esso non è il tutto, non è l’Assoluto, e dunque ci deve essere un Assoluto che trascende il mondo, cioè Dio.
Per gli argomenti portati a sostegno di detta formulazione rinvieremo naturalmente alla lettura del libro.
Va detto che il Prof. Berti dopo aver esposto chiaramente e francamente la tesi sopra enunciata come quella che a lui appare la più convincente, avverte egli stesso i lettori che egli non pretende affatto di aver messo la parola fine alla discussione sul problema del rapporto fra essere e divenire. Un problema sul quale i filosofi delle più diverse correnti dibattono da almeno 2500 anni.
Anzi, nel libro egli porta vari esempi di percorsi argomentativi diversi dal suo svolti da filosofi che pure erano partiti da premesse condivise e nell’ambito del pensiero che fa capo a Tommaso d’Aquino.
Accenneremo a due di questi esempi.
Anthony Kenny, inglese, sacerdote cattolico, studioso specialista di Tommaso, proprio analizzando le cinque vie si è convinto che esse non sono valide, e a seguito di questa convinzione, ha perso la fede ed è diventato agnostico, abbandonando conseguentemente la funzione di sacerdote.
Emanuele Severino, docente all’Università cattolica di Milano, dissentendo da suo collega Gustavo Bontadini riprende il discorso di Parmenide e rileva che solo l’essere esiste mentre il non essere non può esistere. Il che comporta che il divenire, che ammette il passaggio dal non essere all’essere e viceversa, è contraddittorio; e di conseguenza non può esistere. A seguito di questa presa di posizione, Severino abbandonerà coerentemente l’insegnamento alla Cattolica.
Osserveremo così che Enrico Berti, pur avendo manifestato con grande coraggio intellettuale (cosa inusuale fra gli accademici) le sue convinzioni, rimane sempre aperto ad ogni possibile confronto critico e disponibile a riesaminare sia le tesi proprie che quelle altrui, ripercorrendo con rinnovato impegno le vie che conducono dal divenire all’Assoluto, scritto da lui con la A maiuscola senza escludere che possa essere scritto con la a minuscola. Per questo lo considereremo un vero maestro e, pur addolorati per la sua scomparsa avvenuta nei primi giorni di gennaio del 2022, continueremo a seguirlo come se fosse ancora tra noi.
Come umile omaggio alla sua memoria chi scrive si permette di consigliare la lettura di questo libro: un prezioso strumento per tutti coloro che, filosofi o non filosofi, amano sinceramente la ricerca della verità: senza pregiudizi e senza condizionamenti di nessuna autorità che non sia quella della ragione.
Enrico Berti (Valeggio sul Mincio 3 novembre 1935 – Padova 5 gennaio 2022), Accademico dei Lincei. Fu docente di storia della filosofia e Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Padova. Insegnò anche nelle università di Ginevra, di Bruxelles, di Santa Fé (Argentina) e alla facoltà di Teologia di Lugano.
È stato uno degli studiosi più apprezzati a livello internazionale della filosofia di Aristotele.
Tra le sue opere più recenti: Studi aristotelici (2012); Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni (2015) Tradurre la metafisica di Aristotele (2017); Invito alla Filosofia (2022).
“Absence of evidence is not evidence of absence” (Carl Sagan)
Carissimo professore,
la ringrazio sentitamente per l’attenzione che ha voluto prestare a questo mio modesto scritto.
Condivido del tutto la citazione dell’astrofisico Carl Sagan da lei riportata: l’assenza di prove non dimostra l’assenza.
Credo che essa sia anche in linea col pensiero di Enrico Berti: sempre attento a individuare, razionalmente, quanto di comune si riscontra in contesti diversi della ricerca del vero.