Sensazioni percepite durante i giorni di quarantena
Il 9 Marzo con il Decreto #iorestoacasa è stata estesa la quarantena in tutta Italia e proprio oggi siamo arrivati al “quarantesimo” giorno… Quante cose sono accadute!
Desidero soffermarmi su alcuni esempi per dare vita a qualche riflessione.
Anche se vivo in tutta tranquillità in un appartamento veramente carino a Vittorio Veneto, per mia indole, faccio tanta fatica a rimanere rinchiuso nelle mura domestiche, quindi, appena ne ho l’occasione, cerco di evadere (con tutte le precauzioni che ci sono state chieste e nei limiti dettati dalle ordinanze regionali) per godermi questo bel sole primaverile.
Mi ricordo che durante i primi giorni di quarantena, nei quali non c’era ancora l’obbligo di indossare la mascherina, quando incrociavo qualche persona sulla via era diventato comune scambiare un sorriso e spesso un saluto, un po’ come accade sui sentieri di montagna.
In quelle brevi passeggiate probabilmente ci sentivamo ancora “tranquilli”. Le ore di solitudine coatta trascorse nelle nostre abitazioni ci spingevano a ricercare il contatto con il prossimo e veniva spontaneo scambiare due parole anche tra sconosciuti.
Un’altra bella sorpresa l’ho ricevuta dai residenti del condominio nel quale abito, per tanti anni, pur essendo in buoni rapporti con tutti, non ho mai avuto l’occasione di intavolare alcuna conversazione. Come gli altri ero preso dagli impegni quotidiani e quando rientravo a casa, a malapena riuscivo dedicare un frettoloso saluto al vicino incontrato casualmente.
In questi giorni, invece, il residence si è ravvivato, qualche bambino gioca nelle aree comuni e dai terrazzi i condomini animano, in ogni momento della giornata, lunghe chiacchierate.
E’ come se una comunità sopita si fosse improvvisamente risvegliata. Ognuno di noi comunica e rivela le tendenze, il carattere e le aspettative che nutre nel “dopo epidemia”.
Siamo diventati tutti più comunicativi e solidali. Già parliamo di fare una grande grigliata condominiale non appena il pericolo sarà scampato.
In tanti anni di convivenza in questo quartiere a nessuno era venuto in mente di fare una “tavolata conviviale” e tanto meno, in altre circostanze, nessuno avrebbe avuto il coraggio di lanciare quell’invito!
Quindi fino a qualche giorno fa (più o meno arrivati al trentesimo giorno di quarantena), gli effetti delle restrizioni del distanziamento sociale avevano paradossalmente facilitato i rapporti umani e rafforzato la solidarietà verso la speranza di un futuro migliore, pur consapevoli delle difficoltà.
Negli ultimi giorni a causa dell’ulteriore pressione subita dal “regime di quarantena”, dal superamento della soglia dei 20.000 morti per l’epidemia e del bombardamento mediatico, la popolazione a livello emotivo è senza dubbio più provata.
L’ordinanza della Regione Veneto, di qualche giorno fa, ha tolto il limite dei 200 metri di allontanamento dalla propria abitazione, imponendo però ai cittadini l’uso obbligatorio della mascherina, anche negli spostamenti all’aperto.
Questi fattori hanno provocato un fenomeno curioso, in molte persone è scattato un interruttore ed i comportamenti sono improvvisamente mutati. Camminando per strada con la mascherina non ci si saluta più, anzi ci si evita, ho visto persone attraversare la via pur di non incrociarmi sul marciapiede.
La mascherina nasconde l’espressione del nostro viso, ci rende goffi nel parlare, è una vera e propria barriera che interrompe il sorriso, che camuffa il nostro sguardo perché gli occhi da soli non bastano ad esprimere l’apertura che magari sentiamo dentro di noi.
Il virus è senza dubbio pericoloso, ha mietuto vittime in tutto il mondo e per fortuna tante sono le cure in sperimentazione per scongiurarne la mortalità.
Quali sono gli effetti sociali della pandemia?
Quanto è fragile la nostra società privata dagli antichi valori? Quei valori che sono stati costruiti a partire dal dopoguerra dai nostri nonni che sono decimati dalla malattia in questi giorni.
Sono settimane che viviamo in isolamento e penso che a molte persone manchi il confronto con il prossimo. Condividere esperienze e opinioni è un grande pregio!
Chiuso in casa, mai come adesso mi accorgo di quanto è spietata la manipolazione esercitata dagli organi di informazione.
Siamo passati dagli allarmismi dei primi di febbraio, alla leggerezza degli aperitivi consumati per le vie di quella “Milano che non si doveva fermare”. Fino ad approdare al clima mediatico di questi giorni, dove, “a reti unificate”, giornalisti e politici stanno proclamando che la soluzione per superare la pandemia è nelle mani delle case farmaceutiche che stanno approntando addirittura trenta diversi vaccini.
Questa epidemia, nel corso dei primi giorni, ci ha fatto scoprire la grande solidarietà dell’Italia intera, con gli applausi ai medici ed agli infermieri, con l’inno d’Italia cantato ovunque e con i flash-mob dai balconi delle case ad orari fissi.
Ci ha fatto capire quanto valgono le piccole cose quotidiane, cui oggi veniamo privati, come prendere un caffè al bar, scambiare due parole e trovarci con i nostri cari.
Poi la speranza e la solidarietà sono state imbavagliate dalle mascherine!
Il buon senso di rinforzare le nostre difese immunitarie con l’attività fisica all’aperto sotto il sole, i consigli di adottare una sana alimentazione ricca di vitamine, sono stati repressi assieme a noi nelle mura dei nostri appartamenti, pena le contravvenzioni a chi si allontana dalla sua abitazione…
“Oggi sono uscito indossando la mascherina. Nessuno per la strada mi saluta, al supermercato ci guardiamo con diffidenza e ci evitiamo, la cassiera con aria sommessa, dietro ad una barriera trasparente di plexiglas, mi allunga il dispositivo per digitare il pin avendo cura di non toccare la mia carta di credito.”
Il bivio
Oggi pare più importante l’inoculazione di massa di un vaccino piuttosto che la cura efficace che faccia sfogare naturalmente la febbre, senza far degenerare la malattia in polmonite.
La mia percezione davanti a questi segnali è che la nostra strada sia arrivata davanti ad un bivio. Da una parte possiamo ricominciare meglio di prima apprezzando le cose semplici, abbiamo capito il valore di curare di più la nostra alimentazione, di gradire l’aria aperta, di diventare più socievoli con le persone che incontriamo per strada e di affidarci alle cure del medico se ci ammaliamo… Diversi protocolli di cura contro il COVID-19 sono allo studio con buoni risultati (dai farmaci per curare l’artrite, a quelli della malaria, fino all’uso della nota eparina).
Sull’altra via, apparentemente più sicura, corriamo il rischio di rinchiuderci sempre di più nelle nostre case, di diffidare di stare all’aria aperta per evitare di incontrare degli sconosciuti e di farci vaccinare in massa per ottenere “la patente della salute”. Entreremmo così in un circolo vizioso che ci porterà ad intrattenere rapporti sociali solo con coloro che sono stati vaccinati…
Nel mezzo di questo bivio c’è il buon senso di ognuno di noi e quindi quello della comunità di cui facciamo parte costituita per fortuna anche da scienziati e da luminari di ogni disciplina, ma ci sono pure gli interessi delle grandi lobby farmaceutiche che guidano i media ed influenzano i governi.
Chi riuscirà dei due a sopraffare l’altro?
Oppure, c’è una terza via che io non riesco a vedere?
Daniele Pezzali consulente in Procurement & ICT (visita: www.danielepezzali.com)
#iorestoacasa