Ma quanto fragile è la Supply Chain nella tua azienda?
Le reti commerciali e le industrie di mezzo mondo, in queste ore, hanno tirato un sospiro di sollievo nel vedere l’immagine della portacontainer Ever Given trainata dai potenti rimorchiatori.
Quel gigante degli oceani ha bloccato per giorni il transito nel Canale di Suez e per fortuna ci siamo “risvegliati dall’incubo della paralisi dei commerci”.
Anche se la portacontainer è stata rimossa in meno di una settimana e la situazione del trasporto marittimo si appresta a tornare alla normalità, non è stata una crisi indolore: molte aziende hanno comunque subito gravi danni economici.
“Double source in double country”
Ho affrontato più volte l’importante tema di strutturare in azienda una Supply Chain solida e che tenga conto del rischio di fornitura. Lo avevo fatto proprio l’anno scorso, con l’articolo “Il cuore della manifattura tornerà a battere in Italia”, quando il traffico delle merci avevano subito il blocco delle spedizioni dalla Cina a causa dell’inizio della pandemia.
Senza dubbio una serie di prodotti e di lavorazioni continueranno ad essere fornite dal Far East, pensiamo ai prodotti tessili, a quelli elettronici ed elettromeccanici… però è innegabile che è indispensabile studiare e attuare un sistema di fornitura misto che preveda il rifornimento delle merci sia dai paesi a basso costo di manodopera, sia dalle produzioni europee o dell’area del Mediterraneo.
Nel mio programma di formazione, rivolto alle aziende manifatturiere, sono anni che ripeto:- “Non è più sufficiente avere per ogni componente almeno due sorgenti di fornitura, oggi è necessario anche che le sorgenti siano locate in continenti diversi!”
La mitigazione del rischio di fornitura per le fabbriche manifatturiere è diventata una condizione strategica. Eventuali costi aggiuntivi delle merci provenienti dall’Europa dovranno essere interpretati come una sorta di “assicurazione” necessaria per garantire il flusso della produzione.
Questo significa che il Procurement (la funzione Acquisti inserita nella supply chain) deve predisporre l’approvvigionamento di ogni componente, incluse le materie prime, attraverso due o più fornitori locati in paesi che per politiche commerciali e strategie logistiche siano totalmente diversi e non connessi.
Un altro “warning” e l’esempio dei DPI
Già il blocco delle attività produttive cinesi, avvenuto l’anno scorso (febbraio e marzo 2020), a causa della pandemia aveva causato molti danni alle industrie europee; ad un anno di distanza la paventata paralisi di diverse settimane del Canale di Suez è stata un altro potente avvertimento!
Molte fabbriche italiane, tuttora, dipendono per l’acquisto di svariati componenti dalle forniture dal Far East. Quanto è accaduto impone a tutte le aziende di diversificare le fonti di approvvigionamento, prevedendo nella loro filiera l’acquisto di una parte dei materiali in Italia o comunque in Europa.
Oggi questo esercizio, oltre ad essere necessario per ridurre al minimo il rischio di carenza di componenti, risulta un processo agevole anche economicamente, rispetto a qualche anno fa, in quanto il gap tra i costi asiatici e quelli italiani si è notevolmente ridotto.
Quindi per un grande produttore è pensabile suddividere l’approvvigionamento dei componenti tra i paesi low cost e l’Europa.
Per quanto i prezzi d’acquisto del “made in China” possano apparire più convenienti, il calcolo del TCO (Total Cost Ownership) tra le merci prodotte in Asia e quelle costruite in Italia si è assottigliato. Difatti le quotazioni dei prodotti italiani essendo prive dei costi di trasporto internazionali, dei dazi, degli oneri doganali ed assicurativi, oggi, possono competere con le forniture asiatiche, anche perché devono essere tenuti in considerazione il lead time (tempo di preparazione e di consegna) che è più breve e l’azzeramento del rischio di cambio valuta.
L’esempio più lampante di “double source” e di “rientro della produzione in Italia” lo stiamo toccando con mano ogni giorno e riguarda la produzione delle mascherine chirurgiche, le cui manifatture, anni fa, erano state tutte delocalizzate in Asia, mentre ora siamo tornati a produrre questi DPI in grandi quantità ed a costo competitivo!
Il mio auspicio
Oggi siamo stati travolti da uno tsunami sanitario, sociale ed economico e sono sicuro che nei prossimi mesi tra le tante cose che le aziende dovranno fare per la ripresa, ce ne saranno due essenziali: le Operation dovranno rimodellare le supply chain per strutturare meglio gli approvvigionamenti e le Risorse Umane dovranno riqualificare molte figure professionali.
Quindi l’auspicio a sostegno della nostra economia è quello di riprendere a costruire la maggior parte dei prodotti che in passato abbiamo delocalizzato nei paesi low cost. L’obiettivo sarà quello di ritornare protagonisti in tutti i settori dell’industria.
Potranno seguire questa strada, con grandi vantaggi, gli imprenditori che avranno retto l’urto di ben due crisi (quella del 2008 e quella attuale). Saranno le aziende che, negli ultimi dieci anni, hanno investito nell’automazione della produzione, nell’organizzazione dei processi e soprattutto nelle soft skills del personale.
Daniele Pezzali consulente in Procurement & ICT (visita: www.danielepezzali.com)